Nella notte tra sabato 8 e domenica 9 novembre, un bambino afgano di 6 anni è tragicamente morto a largo dell’isola di Samos, durante la traversata in mare verso le coste greche. Un dramma a cui si sommano le scelte delle autorità, che hanno formalmente accusato il padre venticinquenne per la morte del figlio. Still I Rise ha scelto di supportare e affiancare questo padre, con l’unica colpa di aver cercato un futuro migliore per sé e per il proprio figlio, in Europa.
I FATTI. Non è chiaro cosa sia successo all’imbarcazione, che trasportava circa 27 persone tra famiglie e bambini. Dopo aver portato i sopravvissuti al campo di Samos in regime di quarantena come previsto dalle regole anti-covid, le autorità greche hanno arrestato due uomini che erano sulla barca: oltre allo scafista, anche il padre del bambino che ha perso la vita. L’accusa è quella di aver messo in pericolo la vita del figlio ed essere dunque responsabile della sua morte: rischia fino a 10 anni di carcere.
SCELTE INACCETTABILI. «Un padre ha appena visto morire il figlio sotto ai suoi occhi: è inaccettabile che dovrà essere sottoposto a processo e affrontare estenuanti sfide legali in un paese sconosciuto», dichiara Giulia Cicoli, Direttrice Programmi & Advocacy per Still I Rise. «Non è possibile che l’ennesimo bambino muoia in mare: l’Unione Europea deve ripensare la politica di migrazione e instaurare vie legali e sicure, altrimenti non ci sarà mai fine a queste continue tragedie».