Tomás Hirsch, parlamentare cileno indipendente, militante di Azione Umanista e due volte candidato alla Presidenza della Repubblica del Cile, spiega come il Sì al referendum del 25 ottobre possa incappare in trappole che potrebbero inficiare il processo di riscrittura della Costituzione cilena.
C.C. – Il 25 ottobre la schiacciante vittoria del Sì per smantellare la Costituzione di Pinochet dopo 40 anni potrebbe cambiare la storia del Cile. Il referendum è stato difficile da ottenere per via di alcuni vincoli costituzionali. Ci sono altri vincoli da superare per cambiare la Costituzione cilena?
T.H.- Sì, purtroppo ci sono molte difficoltà e trappole che sono venute fuori lungo il cammino della convenzione costituzionale:
Prima di tutto per 40 anni ci è stato detto che era impossibile cambiare questa Costituzione fatta nella dittatura. E di certo tutte le volte che ci siamo mobilitati per fare cambiamenti si tornava a dire che c’erano difficoltà. Ma quando si è mobilitato il popolo intero quelli che stavano al potere si sono spaventati di fronte alla mobilitazione generale del paese, che ha dimostrato che sì, si può fare, è possibile cambiare la Costituzione. Però per fare questo ci sarebbe bisogno della volontà politica, quella che non c’era mai stata fino ad allora.
Ma quando il 15 novembre 2019 è stato firmato l’accordo tra alcune forze politiche, lasciando fuori il mondo sociale e il mondo delle organizzazioni della società civile, donne, popolazioni originarie, lavoratori, studenti, insomma quando è stato fatto questo accordo, hanno messo una serie di vincoli e trappole che rendono difficile il processo verso la Costituzione che la maggioranza dei cileni ha manifestato di volere.
La Convenzione ha un quorum molto alto
Questa trappola, tra le altre, è che è stato fissato un quorum molto alto, di due terzi, per l’approvazione di ciascuno degli articoli che verranno inclusi in questa nuova Costituzione. in altre parole si permette ad un terzo dei costituenti di bloccare qualsiasi accordo si voglia fare e cioè viene data a un terzo dei costituenti, ossia la quota che la destra sa di avere nella Convenzione, poco più di un terzo, la facoltà di bloccare qualsiasi trasformazione profonda e strutturale. Questa è una trappola complessa, difficile, che può significare che si lavora per una nuova Costituzione, ma i cambiamenti reali che possono essere introdotti – i diritti: diritto all’istruzione, alla salute, all’acqua ecc. – restano molto limitati.
Il sistema della Convenzione ostacola l’elezione degli indipendenti
Una seconda trappola o difficoltà ha a che vedere con il fatto che il disegno elettorale fatto per eleggere i costituenti è una copia del sistema elettorale per eleggere i parlamentari e pertanto lascia fuori o rende molto difficile la possibilità di eleggere indipendenti, così come è proibito eleggere i dirigenti sindacali o corporativi o sociali, perché questo fa parte del regolamento. Quindi la seconda difficoltà è rappresentare la diversità del paese oltre alla cupola politica che gestisce il processo.
La Convenzione esclude le popolazioni originarie
Una terza difficoltà è che non sono state incluse le popolazioni originarie. Noi abbiamo presentato un disegno perché abbiano quote riservate. Questo è ancora in discussione al Senato; speriamo che si approvi, ma ad oggi ancora non è così.
I trattati internazionali non si possono toccare
Una quarta difficoltà è che si è posto come condizione che non si possono modificare o toccare i trattati internazionali. Questa è un’aberrazione per proteggere i capitali dei grandi gruppi economici. Una cosa è mantenere i trattati sui diritti umani o di altro tipo, altra cosa è che non si possono toccare i trattati commerciali, come potrebbe essere il trattato con la Malesia che fissa l’aliquota per le banane. Questo cosa ha a che vedere con una nuova Costituzione? Eppure si sono premurati di mantenere questa cosa come intoccabile.
Queste sono le difficoltà, ma allo stesso tempo c’è l’altra parte di tutte le possibilità che si aprono, quella positiva. Si apre la possibilità di un popolo che incida nel disegno della nuova Costituzione e questo è un cambiamento molto profondo nel nostro paese”.
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L’11 aprile voterà il popolo, ma…
C.C. – L’11 di aprile voteranno tutti i cittadini del Cile per eleggere la Convenzione Costituzionale, quindi la votazione è del popolo.
T.H. La votazione è del popolo, è un voto volontario, ma si è già visto in questo referendum che è aumentata la quantità di gente, soprattutto giovani che hanno interesse a votare e a partecipare. La votazione dell’11 aprile è del popolo, ma il sistema elettorale mette molte restrizioni.
Prima di tutto i distretti elettorali sono gli stessi che si occupano dell’elezione dei deputati e questo restringe abbastanza la possibilità di espressione delle diversità. In secondo luogo gli indipendenti che vogliono candidarsi devono presentarsi a firmare davanti a un notaio, mentre i partiti politici no. In terzo luogo la possibilità di fare patti elettorali è molto più facile per i partiti che per gli indipendenti. Quindi sono diverse le restrizioni che ostacolano una partecipazione effettiva ed egualitaria di tutte e tutti. Queste sono le difficoltà per questa elezione.
I progressisti sono frammentati
Contemporaneamente c’è una tendenza, non solo in Cile ma in tutto il mondo, alla frammentazione e alla dispersione. Pertanto è assai possibile che le formazioni più progressiste presentino varie liste, mentre la destra tende a convergere con più facilità, perché sa molto bene che il business è business e quando bisogna unirsi si uniscono per difendere ciò che è loro. Questa è una difficoltà di tipo politico che ha a che vedere con il momento di frammentazione, di dispersione che stiamo vivendo”.
C.C. – Le proteste che per un anno hanno incendiato le strade e le piazze cilene hanno giocato un ruolo fondamentale. Quanto ha influito la presenza delle donne? È vero che hanno ottenuto la parità di genere nella partecipazione alla Convenzione Costituzionale?
T.H. – La parità di genere non era contemplata nell’accordo del 15 novembre. È uno dei motivi che ha portato noi, come Azione Umanista, e molte altre organizzazioni a non firmare questo accordo. Non erano stati considerati né le donne, né le organizzazioni sociali, né le popolazioni originarie.
La prima Costituzione scritta con parità di genere
Dopo presentammo un disegno di legge perché venissero inclusi e si arrivasse al meccanismo attuale che sarà paritario. Sarà la prima Costituzione del mondo che si scrive con parità di genere e questa è una cosa molto interessante. Credo che il movimento delle donne sia stato fondamentale in questo processo. Le manifestazioni delle donne hanno anche dato inizio con molta forza a quella che è stata chiamata “estallido”, l’onda di proteste dell’anno scorso, a partire dall’ottobre 2019.
È un processo in cui ci sono stati tre o quattro settori fondamentali: le donne con le loro mobilitazioni, le loro richieste, le loro lotte e le loro tesi; le popolazioni originarie con le loro richieste, lotte e organizzazioni; gli studenti che nel 2006 e 2011 misero in moto processi che sono stati chiamati “rivoluzioni degli studenti”, “rivoluzioni pinguine”; i movimenti ambientalisti che hanno sollevato tematiche che prima non c’erano.
In tutto questo credo che il ruolo che hanno avuto le donne e il movimento femminista è stato precursore di questa mobilitazione che termina con la possibilità di redigere una nuova Costituzione.
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Tutto quello che bisogna cambiare
T.H. – Non è stato fondato un partito delle donne, la verità è che c’è stata solo l’intenzione di creare partiti. L’anno scorso c’è stata un’esplosione di intenzioni di creare partiti nuovi, uno dei quali era il partito delle donne, ma nessuno di questi, erano 14, è riuscito a completare le tappe richieste dalla legge. Quindi no, non c’è nessun nuovo partito.
C.C. – E dopo il cambio della Costituzione questo sarà possibile o continuerà ad esserci il vincolo?
T.H. – In una nuova Costituzione si devono cambiare molte cose: bisogna revisionare tutte le organizzazioni dello Stato iper-presidenzialista che abbiamo oggi e cambiarlo in uno Stato semi-presidenziale, da molto unitario e centralizzato in un sistema più federato, da bicamerale in unicamerale, cambiare il ruolo della banca centrale, del tribunale costituzionale, la democrazia diretta, l’iniziativa popolare di legge, la revoca del mandato, il referendum. Sono molti i temi e, insieme agli altri, tutto ciò che ha a che vedere con la partecipazione dei cittadini. Pertanto facilitare i meccanismi di partecipazione e di creazione dei partiti politici e anche ottenere che si permetta ai dirigenti sindacali e sociali di essere candidati. Mentre i dirigenti aziendali quelli sì che possono essere candidati. Tra le altre cose bisogna modificare il sistema dei partiti politici perché siano molto più accessibili e meno restrittivi.
Continuare le mobilitazioni nonviolente
C’è poi un punto che mi sembra molto importante. Ora arriva una tappa istituzionale nella quale una Convenzione Costituzionale redigerà una nuova Costituzione, dopo che verrà eletta. Mentre questa è una cosa istituzionale, la cosa fondamentale è stata il processo di organizzazione sociale e di mobilitazione nonviolenta di massa. È fondamentale che questo processo continui. Se si pretendesse che sia l’istituzione quella che risolve i problemi del Cile e che il movimento sociale si disattivi, si commetterebbe un errore strategico molto grande. È fondamentale che l’organizzazione dei cittadini si mantenga e che continui la mobilitazione nonviolenta. Questo vale in Cile come nel mondo intero.
Le grandi trasformazioni umane sono state il prodotto dell’organizzazione sociale e della mobilitazione, non delle istituzioni, che arrivano dopo nella dinamica delle trasformazioni. È sempre stato così, per cui è molto importante che questo si mantenga accompagnando e facendo pressione sui costituenti. Credo che questo sia l’elemento centrale della fase che viene, altrimenti avremo un gruppo di costituenti scollegati dalla realtà sociale.
Fortunatamente adesso è aumentata la partecipazione nel referendum, la gente sta dimostrando con consigli e assemblee territoriali. C’è molta dinamica di partecipazione nonostante la pandemia e questo mi sembra molto di buon auspicio, è un buon segnale che deve continuare. Noi come Azione Umanista, insieme ad altre organizzazioni, stiamo mettendo molta enfasi in questo processo di partecipazione popolare, dei cittadini. Crediamo che questa sia la chiave del processo futuro.
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C.C. – E la vostra posizione nei confronti della violenza nelle piazze?
T.H. – Noi come umanisti rifiutiamo la violenza, però tutte le forme di violenza. La violenza non è solo quella fisica di picchiare con un bastone un altro. La violenza è soprattutto economica, culturale, razziale, generazionale, sessuale, etnica. Si esprime in diverse forme.
Viviamo in un sistema violento
Qui si parla della violenza fisica da parte di alcuni che compiono azioni violente che noi rifiutiamo, ma dobbiamo capire che viviamo in un sistema profondamente violento. Un sistema che è stato venduto al mondo come un successo, ma che ha generato una disuguaglianza brutale, un livello di abusi, di maltrattamenti, assolutamente inaccettabile. Chiaramente qualche volta questo finisce per generare esplosioni che uno non condivide, ma è molto bene comprendere e capire da dove vengono. Questo è un sistema profondamente violento con le famiglie cilene. Basta vedere cosa succede con la pandemia. La pandemia e la salute sono una cosa, ma qui c’è una pandemia sociale, milioni di famiglie senzatetto che si trovano nell’abbandono. E c’è un governo che non ha nessuno risposta reale che permetta alle famiglie di uscire da questa situazione. Questa è violenza.