Il Comitato per il Nobel norvegese ha assegnato al Programma Alimentare Mondiale il Nobel per la Pace: «Per i suoi sforzi nel contrastare la fame» e «per essere determinante negli sforzi di prevenzione delle guerre che sfruttano la fame come arma»

Questa è un’ottima notizia.

Il Programma alimentare mondiale, World Food Programme, (WFP), è un’agenzia dell’ONU che promuove la sicurezza alimentare nel mondo, affinché, tra l’altro, la mancanza di cibo non venga usata come arma di guerra.

Negli articoli comparsi un po’ ovunque dopo l’ambito riconoscimento assegnato a questa agenzia ONU, sconosciuta ai più, si legge che il WFP è finanziato attraverso donazioni volontarie di governi e privati e che sostiene di fornire mediamente assistenza alimentare a 91,4 milioni di persone all’anno in 88 paesi.

E qui finiscono le buone notizie.

Indagando si scopre che 60 nel mondo sono i governi che contribuiscono con finanziamenti e che ne 2018 sono stati raccolti circa 7,2 miliardi di dollari, di cui 2,5 dagli Stati Uniti e 1,1 dall’Unione europea.

Bravi, si potrebbe dire, gli Stati Uniti sempre in testa quando si tratta di fare del bene.

Chi non si vuole rovinare la giornata può anche fermarsi qui, perché se va avanti, scopre come ho fatto io che il Sipri (Stockholm International Peace Research Institute) ha pubblicato il report annuale – riferito al 2018 – con il quale ha analizzato quanto ogni singolo Stato spende per il proprio comparto militare.

Nel rapporto si legge che le spese militari hanno avuto un incremento del +2,6% rispetto all’anno precedente e che a fronte dei 7.2 miliardi per sradicare la fame nel mondo gli stati hanno speso, sempre nel 2018, 1.822 miliardi di dollari, per armamenti e correlati alla loro difesa.

Dieci volte di più? no, cento volte di più? Nemmeno, 200 VOLTE di PIU’.

Ogni giorno siamo aggiornati sul bollettino di guerra dei casi di COVID, abbiamo raggiunto la ragguardevole cifra di un milione di morti.

Nel mondo, ogni giorno, 7.000 bambini sotto i cinque anni muoiono per cause legate alla malnutrizione. Cinque ogni minuto. Quanto tempo ci vuole per arrivare a un milione? Un anno?

Sei mesi? No, meno di 150 giorni. E questa pandemia non finirà.

Qualcuno potrebbe obiettare che la storia dei bambini che muoiono di fame sia il solito pretesto buono per tutte le occasioni e che ciò non significa che si debba morire di COVID. Certo!

Basterebbe ascoltare David Attenborough per comprendere la connessione tra la catastrofe ecologica generata dal sistema economico, finanziario e di conseguenza produttivo attuale e la persistenza della fame nel mondo.

Odio le dietrologie e i complottismi ma ritengo che chi voglia negare il sottile fil rouge che lega malnutrizione, crisi ecologica, riscaldamento globale e pandemia meriterebbe a pieno diritto il titolo di negazionista.

FOOD AND GREEN.

Vorrei scrivere queste parole in grassetto e che possano uscire da queste pagine e urlare a gran voce:

Media, politici, preti, imprenditori, sindacalisti, dottori, tecnici ed esperti, non parlateci d’altro.

Informare parzialmente è misfatto e presa in giro, ascoltare senza intervenire è complicità.

La casa brucia, ricorda una ragazzina svedese ai potenti della terra.

La casa brucia e chi non ce l’ha muore di fame.

E voi occupate l’informazione con la pandemia, ci addormentate con le vostre misure, ci propinate virologi ed epidemiologi.

Un solo canto dovrebbe alzarsi, uno solo basterebbe ad avviare il cambiamento:

Mettete dei fiori nei vostri cannoni, come si diceva un tempo.

Chiunque senta risuonare questo canto ha il diritto e il dovere di farsi sentire.

Diciamolo in giro, crediamoci, il messaggio forte e chiaro, che ogni donna e uomo di buona volontà può mandare ai potenti della terra da ogni pulpito possibile è semplice e preciso:

Impiegate i nostri soldi per il cibo e l’ambiente.