“Nel nostro lavoro quotidiano abbiamo toccato con mano per quasi due anni le conseguenze dei Dl Sicurezza sulla vita di migliaia di persone. La loro tanto attesa modifica è quindi un cambiamento importante, che sembra finalmente andare nella direzione di garantire il rispetto dei diritti umani, anche se permangono diverse ombre.”
Così dichiara EMERGENCY dopo aver appreso che, durante la seduta del 5 ottobre, il Consiglio dei Ministri ha approvato il nuovo decreto immigrazione che riforma i Decreti Sicurezza.
In particolare, è importante che venga finalmente assicurata la protezione speciale a tutte le categorie vulnerabili; che diverse tipologie di permessi di soggiorni possano essere convertiti in permessi di lavoro; e che sia stato ripristinato il diritto all’iscrizione all’anagrafe dei richiedenti asilo, anche se, affinché la misura sia sufficientemente ampia e inclusiva, sarebbe auspicabile il rilascio di un permesso per “casi speciali” anche a tutti coloro che negli ultimi due anni hanno perso il permesso umanitario, a causa dell’applicazione del primo decreto Salvini.
Nonostante nel decreto si ritorni a un modello di accoglienza diffusa, sulla base del precedente SPRAR, i richiedenti asilo in attesa di un verdetto delle Commissioni territoriali potranno accedere solo a un primo livello di servizi, che non comprenderà l’orientamento al lavoro e la formazione professionale.
Rimane però ancora sospeso un punto cruciale: il testo non affronta la questione dei rimpatri verso i cosiddetti “Paesi di origine sicuri”, una lista di 13 Paesi stilata dal ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, che include zone in cui è dimostrato che persistano persecuzioni nei confronti delle donne, delle minoranze sessuali, etniche, religiose e politiche, nonché violenze legate al fenomeno della tratta.
Infine, rimane il nodo delle multe che operano per il salvataggio in mare. Anche se nel nuovo impianto normativo chi effettua il soccorso e lo comunica immediatamente al centro di coordinamento competente e allo Stato di bandiera non incorre in divieti, nei casi di inottemperanza e di ingresso forzoso in acque territoriali l’illecito da amministrativo diventa penale. Se da un lato questa modifica assicura che sia un giudice a verificare o meno la presenza dell’illecito, permane un approccio criminalizzante nei confronti di chi realizza i soccorsi in mare.
“Nonostante questa riforma rappresenti quindi un passo in una direzione di maggior rispetto dei diritti umani, siamo ancora lontani da una riforma organica volta a gestire le migrazioni come un fenomeno strutturale e non più emergenziale o di ordine pubblico, istituendo canali legali e sicuri per l’ingresso nel nostro Paese. Serve costruire un nuovo modello, che rompa sia con la logica della legge Bossi-Fini e dei decreti Salvini, sia con l’impostazione securitaria delle politiche dell’Unione Europea, stabilendo norme per ingressi regolari e corridoi umanitari per garantire un’alternativa sicura ai viaggi organizzati dai trafficanti di essere umani,” conclude EMERGENCY.