Avrei voglia di riproporre tale e quale il mio articolo scritto un anno fa, https://www.pressenza.com/it/2019/08/flr-ovvero-le-ragioni-dellincendio-in-amazzonia-ovvero-arrivederci-e-grazie/ e sostituire il nome Amazzonia, con quello di un’altra regione brasiliana il Pantanal. Ma scrivo due parole.
Un gruppo di otto paesi (i soliti) invia una lettera al presidente Bolsonaro in cui si afferma che la distruzione ambientale può compromettere l’acquisto dei prodotti brasiliani da parte della comunità europea. Beata ipocrisia!
Il presidente parla in un comizio davanti ai suoi: per ciò che riguarda la conservazione dell’ambiente il Brasile “está de parabéns”. Quest’ultima espressione colloquiale significa “meritare le lodi”, “essere degni di complimenti e applausi”. Estar de parabéns. Mentre due milioni e mezzo di ettari stanno bruciando, l’Europa manda una letterina di biasimo e il presidente si batte le mani da solo. Il disastro stavolta è nel Pantanal, la regione umida compresa tra il Brasile, la Bolivia e il Paraguay. Un’area grande quasi duecentomila chilometri quadrati, riserva di un bioma unico al mondo, terra di animali e uomini che per secoli hanno saputo condividere il ciclo delle acque, lunghi periodi di siccità seguiti da piogge torrenziali a fecondare terra alberi bestie e gente, allevatori di gado vacum in perenne transumanza, cercando e fuggendo le acque in movimento.
Arrivano foto di giaguari dalle zampe bruciate, di anaconda lunghi sei metri carbonizzati, di coccodrilli dal ventre squarciato dalle fiamme. Arrivano fotografie di una natura che non esiste più. La Polizia Federale indaga, sa già che non sono state le Ong, come continua ad affermare Bolsonaro, a dare fuoco ai campi, ma cinque fazendeiros, cinque proprietari terrieri, cinque latifondisti. Distruggere la vegetazione originale per rimaneggiare i campi e piantare soja o trasformarli in sterile pascolo. Migliaia di capi di bestiame aspettano erba fresca, per ingrassare a dovere e trasformarsi negli hamburger facilmente disponibili in ciascuno di quegli otto paesi europei che hanno mandato letterina a Bolsonaro.
Il Pantanal, patrimonio mondiale dell’Unesco, brucia. Secondo l’istituto di ricerche spaziali – Inpe – in questo momento esistono più di quindicimila focolai di incendio.
Qualche mese fa, durante una riunione del consiglio dei ministri, Ricardo Sales, il ministro dell’ambiente, disse letteralmente “bisogna approfittare di questo momento, in cui gli occhi della stampa sono rivolti verso la pandemia, per abolire le rigide norme di preservazione ambientale“. E così è fu. Gli istituti di controllo o sono stati estinti, attraverso l’esonero dall’incarico dei tecnici competenti, o sono stati posti nella situazione di non poter intervenire, attraverso il costante boicottaggio della loro attività: denigrandone l’operato e tagliandone i fondi . Quando, a Washington, davanti agli investitori americani, Bolsonaro disse che “prima di costruire era necessario distruggere molte cose” annunciava la sua politica e quello che sarebbe poi diventato il modus operandi del governo. La letterina dei paesi europei che avvisa il Brasile sul mancato acquisto dei suoi prodotti, in caso di incuria ambientale, è il simbolo della politica neo coloniale alla quale siamo sottoposti. Un paese che sostituisce lo sviluppo tecnologico per l’esportazione di commodities agricole, a causa della diretta ingerenza di potenze europee; un paese a cui viene negato il suo sviluppo attraverso il finanziamento e lo stimolo al latifondo, non poteva che bruciare vivo. E così è. La Polizia Federale sa chi sono i responsabili materiali dell’incendio. Il mondo sa che Bolsonaro è il vero mandante, e gli scrive una bella letterina. Intanto il Pantanal si estingue in fiamme. Il 15 per cento di un ecosistema unico al mondo, culla della biodiversità, non esiste più.
Una raccolta di immagini della tragedia:
https://www.dw.com/pt-br/fogo-avan%C3%A7a-sobre-o-pantanal-e-mata-animais-amea%C3%A7ados/a-54918342