Pubblichiamo la riflessione di Giuseppe Barbera a seguito del drammatico rogo di questi giorni nel palermitano che ha devastato un importante polmone verde della città.
Gli alberi che sopravvivono agli incendi portano, nel legno, tracce delle fiamme e dicono che la convivenza con il fuoco è parte irrinunciabile della storia ecologica mediterranea. Gli arboricoltori sanno leggerle e trarne insegnamenti. I terribili roghi degli ultimi giorni, forse e finalmente, sembrano, a dispetto delle banalità ripetute dalle facce di bronzo dei politici di lungo corso, indicare (almeno sui social ) che il velo di ignoranza, fatalismo e indifferenza si stia squarciando.
In ordine sparso:
– non si punta il dito solo contro una mitica “Mafia”. Si comprende che non è credibile che una fantomatica cupola, consultando il meteo, dia il via a decine e decine di incendi che interessano territori molto lontani. E’probabile che, quando si prevede che il vento di scirocco soffierà forte e la temperatura salirà, criminali e imbecilli di ogni sorta si diano convegno ai margini dei boschi per appiccare il fuoco. Non c’è bisogno che si organizzino tra loro se non, qualche volta, in piccoli gruppi e specifici interessi (qui è chiaro che le organizzazioni mafiose territoriali c’entrano). Le ragioni che spingono a dar fuoco sono tante e concorrono insieme. Le statistiche dicono che al 75% dei casi sono dolose, cioè intenzionali. Riguardano, per esempio, precari che premono per essere assunti o si vendicano dell’esclusione, speculatori che vogliono nuovo cemento, pastori in cerca perenne di pascoli verdi, truffatori di fondi comunitari, sicari di tangentisti di imprese legate allo spegnimento o alla realizzazione di infrastrutture, distruttori di rifiuti, raccoglitori di consensi elettorali. Non è necessario che siano, in senso stretto, mafiosi. È il loro gesto a esserlo: prevaricatore, minaccioso, violento. A essi fanno compagnia gli autori di atti colposi, spesso piccoli gesti di incuria incivile: chi brucia le stoppie dopo la mietitura, le sterpi, il legno di potatura; chi abbandona i falò… Anche un solo mozzicone di sigaretta può bastare quando le frasche e l’aria sono calde e secche. Vengono, quindi, i piromani; cui va riservata (senza estenderla a ingiustificabili delinquenti, ma così giustificandoli se le parole hanno un senso) la sfera dei disturbi psichici, delle emulazioni aggressive, del piacere malato di rivedersi, magari in tv, autori di gesti tanto devastanti quanto spettacolari.
– Il contrasto a tutto questo è fondamentale. Va aumentato il controllo del territorio, repressa ogni azione isolata o organizzata, data certezza della pena. Così come possono risultare efficaci nuove tecnologie avanzate. Anche se pensare a stormi di droni, a satelliti che sorvegliano da lontano, fa più intravedere a nuove speculazioni che reali utilità. Il fuoco prima che avvistato e spento va impedito, ostacolato.
– Non si capisce quello che sta succedendo se si trascurano le non più eccezionali ma ricorrenti, condizioni meteo come effetto dei cambiamenti climatici. Temperature molto elevate e siccità prolungate aumentano il rischio d’incendio. A molti non sarà sfuggita la coincidenza tra nubifragi (al Nord e al Sud) e gli incendi. Lo stesso succede per effetto dell’abbandono del territorio rurale. La crisi dell’agricoltura, la fuga dalle campagne nelle aree marginali e periurbane favorisce l’accumulo di masse di biomassa non gestita che è facile preda delle fiamme.
– La gestione delle aree forestali è operazione necessaria e indifferibile. Senza di essa non è possibile alcun contrasto agli incendi boschivi! Bisogna, con la selvicoltura, prendersi cura dei boschi. Ciò è possibile attraverso la redazione di piani di gestione forestale (praticamente assenti in Sicilia e comunque non applicati) che devono prevedere interventi che riguardano il razionale impiego della manodopera, tempi o modi d’intervento, valorizzazione delle produzioni legnose e non legnose, fornitura di servizi ecosistemici (ambientali, culturali e paesaggistici). La gestione forestale rende i boschi meno suscettibili agli incendi. Questi possono essere più facilmente contrastati e si favorisce una più rapida ed efficace ricostituzione della vegetazione. Evitiamo, adesso, la corsa ai rimboschimenti “fai da te”: sedano rabbia e angoscia ma sono causa di errori frequentissimi. Chi vuole dare una mana si affidi invece all’iniziativa lanciata dall’associazione Laudato Si’ con l’adesione delle più importanti società scientifiche del settore forestale (www.alberitalia.it)
– La selvicoltura evita che le pinete nate da rimboschimenti artificiali siano fitte di alberi allampanati pronti, come fiammiferi in una scatola, a prendere fuoco e detta le regole che, con il diradamento, assicurano loro una giusta densità. Questa, a sua volta, favorirà l’insediamento delle latifoglie che, tra le specie della foresta e della macchia, sono le più resilienti agli incendi.
In Sicilia niente di tutto questo. Ogni anno, in attesa dell’approvazione del bilancio regionale, partono in ritardo le operazioni di prevenzione. Manca, ridotta a numeri molto bassi e dispersa in distaccamenti di ampiezza spropositata rispetto alle forze in campo, la funzione di controllo e repressione operata dalle Guardie forestali (nelle altre Regioni accorpate ai Carabinieri). E la storia dei 22000 operai forestali va quanto meno ridimensionata. Sono in massima parte a tempo determinato ed ogni paragone con le altre regioni deve considerare come in queste è generalmente più alto il numero dei boschi privati ed è comunissimo l’affidamento di lavori a ditte private. Nulla toglie al dominante uso clientelare dei forestali siciliani, ma considerando il numero di giornate lavorative, l’età media molto elevata (60 anni!), la carenza grave di mezzi, la chiusura di molti distaccamenti il confronto con altre regioni ha poco senso. Anzi, vanno nella massima parte ringraziati per la loro opera.
È inaccettabile che oggi nessun laureato in scienze forestali e ambientali sia presente nell’organico dei vari enti preposti, in Sicilia, alla tutela, pianificazione e gestione forestale, attività di vigilanza e controllo. Dopo trent’anni dalla nascita di un Corso di laurea (Scienze Forestali e Ambientali) all’Università di Palermo. E’ anche singolare che in questi giorni di lamenti e dibattito nessuno abbia sentito la necessità di rivolgersi ai suoi ricercatori pienamente inseriti nelle ricerche e nel dibattito forestale nazionale e internazionale. A proposito chi vuole saperne di più ed essere aggiornato si iscriva alla pagina fb @siciliaforestemediterranee.
Serve programmare e attuare politiche coerenti che prevedano azioni di lunga durata mettendo al centro le azioni di pianificazione e gestione dei boschi. Invece si continua a parlare quasi esclusivamente di repressione e di un diverso dislocamento degli operai. Lo impongono anche i fondi non spesi e quelli che si renderanno disponibili con i nuovi finanziamenti legati alla nuova politica europea e i fondi post covid.
Concludo con post che ho pubblicato su fb. “Piangiamo alberi bruciati, boschi distrutti, paesaggi cancellati. Pigliamocela con l’assenza, l’insufficienza, i ritardi e gli errori della politica forestale regionale. Pigliamocela con l’indifferenza generale rispetto ai cambiamenti climatici che, per le estreme temperature e siccità che facilitano gli incendi, imporrebbero ben diverse politiche energetiche, territoriali, ambientali. Incendiari, piromani e criminali compiono solo l’ultimo e definitivo atto.
Non dimentichiamo che senza alberi non abbiamo futuro. Lo sappiamo da migliaia di anni e adesso che ci servirebbero più che mai li bruciamo senza pietà. Dall’Australia, all’Amazzonia, alla California, alla Moarda e allo Zingaro.
Giuseppe Barbera