“Odio il termine ‘popoli indigeni’ è ora di finirla una buona volta con questi privilegi: esiste un popolo solo, il popolo brasiliano”. Così disse l’esecrabile ministro dell’educazione Abraham Weintraub durante una riunione del governo; per fortuna poi ha dato le dimissioni dopo un’inchiesta su di lui da parte del Supremo Tribunal Federal.
La pandemia era in piena accelerazione, le fosse comuni traboccavano di cadaveri e il ministro vomitava i suoi insulti sulla parte più indifesa della nostra gente, così come sempre hanno fatto da secoli: negandone l’identità.
I popoli originari sono protetti da uno statuto speciale previsto nella costituzione e che ne garantisce l’esistenza, l’autonomia e l’isolamento affinché possano preservare la loro cultura e il loro modo di vita.
Una specifica agenzia di governo si occupa della gestione dei contatti e della collaborazione con le varie etnie distribuite su tutto il territorio nazionale: dagli indios Guaraní della città di São Paulo, a quelli degli angoli inesplorati dell’Amazzonia. E il virus arriva anche a loro. Il presidente Bolsonaro ha propiziato sia l’invasione dei territori che la loro devastazione per fini estrattivisti. L’avanzamento dell’agricoltura predatoria ha diffuso la presenza e la disseminazione della pandemia di Covid di cui le vittime più fragili sono proprio quei popoli che il ministro odia chiamare come tali.
La politica del massacro deliberata è stata una delle bandiere della campagna elettorale del presidente Bolsonaro. Annunciata, descritta e propagandata con parole e insulti per mesi e mesi, attraverso la negazione sistematica della loro identità e l’assimilazione forzata imponendo ad essi usi e costumi estranei, ne distrugge la cultura e la stessa vita fisica. L’agenzia di governo che tutela gli indios è stata resa inoperante attraverso la distruzione sistematica dei suoi quadri e dei suoi apparati, militarizzandone la gestione, ne è stato sovvertito sia la finalità che le modalità di intervento sul territorio: ora non più per proteggere e tutelare gli indios, ma per garantire l’azione predatoria degli invasori di terra durante la distruzione della foresta. Tutto annunciato in campagna elettorale e realizzato in pochissimi mesi.
Con l’avanzare della pandemia fin nei villaggi più isolati, i governi locali – autonomi nelle loro decisioni sulla gestione sanitaria – avevano messo a disposizione per gli indios ammalati, alcuni reparti ospedalieri, modificati e adattati per venire incontro alle loro esigenze: stanze munite sia di letti e apparecchi medici, sia di amache o angoli particolari per le cerimonie di cura sciamaniche, che nella tradizione indigena sono parte integrante di ogni azione medica. Oltre a ciò si era garantito che arrivassero in loco gli agenti di salute, medicine specifiche, acqua potabile. Ieri il veto presidenziale.
L’esecrabile ministro lo aveva detto: “odio il termine ‘popoli indigeni’, è ora di farla finita una buona volta con questi privilegi, esiste un popolo solo, il popolo brasiliano”. E se esiste un solo popolo, non ci possono essere eccezioni o trattamenti di favore. Per cui se gli indios devono andare all’ospedale che facciano la fila come ogni brasiliano fa. Altro che letti speciali, altro che acqua minerale portata con gli aerei nella giungla, altro che agenti di salute a domicilio. Il veto presidenziale alla legge che prevede l’obbligo dello stato di avere cura dei popoli indigeni è stato cancellato, eliminato. Forse il veto presidenziale verrà a sua volta annullato dalla Corte Suprema. Ma ormai è fatta. Alla politica di sterminio annunciata in campagna elettorale è stato dato il primo passo.