Qualche giorno fa, una misteriosa nube radioattiva è stata scoperta solcare i cieli della penisola scandinava e dell’Artico europeo. Secondo quanto messo in evidenza dagli esperti, l’origine di tale fenomeno potrebbe trovarsi in Russia.
L’origine del problema…
Tutto ha inizio tra il 2 e l’8 giugno, quando il DSA (l’organo norvegese per il controllo delle radiazioni nucleari) avverte che insolite quantità di iodio radioattivo sono state rilevate dalle due stazioni meteorologiche di Svanhovd e Viksjøfjel, a poca distanza dal confine che separa la Norvegia dalla penisola di Kola, in Russia. Circa una decina di giorni dopo, tra il 16 e il 17 giugno, le autorità svedesi comunicano la scoperta di altri isotopi, simili ai primi. Questa volta la segnalazione proviene dalle due stazioni CTBTO – la rete globale di monitoraggio radiologico e sistemico – delle isole Svalbard e dell’area di Kirkness. La CTBTO non è stata l’unica stazione di monitoraggio ad aver registrato livelli anomali di materiale nucleare nell’aria. Nello stesso periodo di giugno, anche le autorità di radioprotezione e sicurezza nucleare di Svezia, Finlandia e Paesi Bassi hanno riscontrato la stessa anomala presenza.
…probabilmente un reattore in Russia
Gli isotopi rilevati indicano che il loro rilascio proviene probabilmente da un reattore nucleare. Questa ipotesi viene avvallata anche da Rashid Alimov, noto attivista di Greenpeace Russia. In una comunicazione al Barents Observer, Alimov ha sottolineato come la composizione di questi isotopi sia indicativa della loro possibile sorgente, ovvero un elemento di combustibile esaurito da un reattore. Alcuni ritengono che possa trattarsi di un incidente avvenuto all’interno di una centrale nucleare. Nonostante le diffuse preoccupazioni, l’agenzia governativa svedese ha rassicurato l’opinione pubblica sottolineando che il livello delle emissioni radioattive non costituisce un pericolo, né per la salute dell’uomo né per quella ambientale.
L’Istituto nazionale olandese per la sanità pubblica e l’ambientale (RIVM) ha analizzato i dati forniti dalle autorità scandinave, concludendo che i radionuclidi rilevati potrebbero provenire dalla Russia occidentale: un’area in cui, di fatto, si trovano diversi impianti nucleari, tutti attualmente attivi. Tra questi, si ricorda quello di Leningrad, situato nei pressi di San Pietroburgo, sulla sponda meridionale del Golfo di Finlandia. A porre l’attenzione su questa centrale sono i quattro reattori di cui è composta: tutti di stampo sovietico e simili a quelli della famosa centrale di Chernobyl. Inoltre, vi sono centrali civile operative anche in prossimità delle città di Smolensk, di Tver e di Murmansk.
Un’ipotesi da confermare
Citando un portavoce di Rosenergoatom (la filiale della centrale elettrica del gruppo nucleare statale Rosatom), l’agenzia di stampa russa TASS ha riferito che le due centrali situate nella regione nord-occidentale del paese non avevano segnalato alcun problema; non erano quindi responsabili delle radiazioni rilevate la settimana precedente. Sia lo stabilimento di Leningrad che quello di Kola vicino a Murmansk “funzionano normalmente, con livelli di radiazione all’interno della norma”. Rospotrebnadzor (il servizio federale russo per la sorveglianza e la protezione dei diritti dei consumatori) ha dichiarato di aver misurato i livelli di radiazione in seguito al rapporto della CTBTO e che tutte le misurazioni indicavano stabilità. Anche il portavoce del Cremlino, Dimitrij Peskov, ha affermato che il “moderno sistema di monitoraggio della sicurezza delle radiazioni” della Russia non ha registrato “situazioni o emergenze minacciose”.
Stando a quanto riportato dal RIVM, si ritiene che le due centrali di Leningrad e Kola possano essere coinvolte nell’incidente poiché situate nell’area interessata. Al momento, però, non vi sono prove certe che possano determinare l’origine esatta della nube radioattiva, e quindi che la colpa sia da attribuirsi alle centrali elettriche russe. Tuttavia, la Russia ha una lunga storia di verità nascoste quando si tratta di questioni nucleari.
Nel 2017, una misteriosa nube radioattiva attraversò i cieli dell’Eurasia. Anche in quel caso molte agenzie avevano concluso che si potesse trattare di un incidente nucleare, o quantomeno di un malfunzionamento di qualche centrale, avvenuto in Russia. Al tempo Mosca negò dapprima l’esistenza della nube, per poi cambiare posizione e prendere atto del problema, senza però rendersene responsabile. Un altro esempio è quello dell’agosto dell’anno scorso, quando un incidente nucleare in una struttura missilistica aveva ucciso sette persone e rilasciato nell’aria materiale radioattivo. Anche in quel contesto, Mosca non aveva riconosciuto pubblicamente l’incidente per due giorni. Forse, anche quest’ultimo sarà l’ennesimo evento di cui non sapremo mai la vera causa.