Forse è esagerato parlare di “grande menzogna”, come si dice nel testo di un appello per votare NO al referendum confermativo sul taglio dei parlamentari che si terrà il 20-21 settembre 2020. D’altra parte l’eventuale conferma della riforma costituzionale aprirebbe diversi problemi.

Le forze politiche che hanno approvato la diminuzione dei deputati e dei senatori, hanno anche concordato di promuovere altre riforme costituzionali con lo scopo di riequilibrare il cambiamento prodotto dal taglio dei parlamentari: l’abbassamento a 25 anni dell’elettorato passivo e a 18 di quello attivo per il Senato; il superamento della base regionale per l’elezione del Senato, in favore di una base circoscrizionale; la riduzione da 3 a 2 dei delegati regionali che partecipano all’elezione del Presidente della Repubblica. Di fatto, queste proposte di modifiche sono rimaste ferme e nessuno è in grado di prevedere se e quando verranno approvate. Se anche ciò avvenisse, ci sarebbe sempre l’eventualità di referendum confermativi di queste riforme.

È evidente che sarebbe stato logico approvare queste modifiche tutte insieme, seppure in progetti di legge distinti, poiché ogni tematica ha una propria specificità. Questo vale a maggior ragione, visto che il principale argomento dei sostenitori del taglio del numero dei parlamentari è il risparmio economico: dopo il referendum di settembre potrebbero succedersi una serie di referendum costituzionali, con relativi costi.

Anche tralasciando la questione dei risparmi o degli sprechi, se ci si propone di approvare quattro modifiche in qualche modo connesse e si comincia soltanto con una, si rischia di restare a metà del guado, dove emergono anche i difetti di una riforma parziale e potenzialmente incompiuta.

Ogni qualvolta si riforma la Costituzione, c’è anche una ricaduta sui piani inferiori dell’ordinamento, che dovrà essere adeguato. Tagliare il numero dei parlamentari richiederebbe molte correzioni ai regolamenti di Camera e Senato. Si tratta di modifiche che riguarderebbero sia la composizione di organi specifici, sia il funzionamento dei lavori: dalla verifica del numero legale alla richiesta di voto segreto, passando per la presentazione di mozioni.

La diminuzione del numero dei parlamentari implicherebbe anche una modifica dei collegi elettorali. Non solo: molti sostengono che sarebbe opportuno e persino necessario, mettere mano alla legge elettorale, argomento che di solito crea molta fibrillazione e instabilità politica.

Insomma, l’aver acceso la miccia dell’ennesima revisione costituzionale rischia di far esplodere gli attuali equilibri del sistema politico. In questi casi si sa da dove si comincia, ma non si può prevedere dove si andrà a finire. Più che una “grande menzogna”, l’eventuale taglio dei parlamentari può generare una grande confusione e diventare un grande rischio. Gli elettori ne sono consapevoli?