Abbiamo un camper; quest’estate devo muovermi tra Milano e la Toscana e ne approfitto. Un pellegrinaggio non premeditato mi permette di rendere omaggio a quattro giganti sulle cui spalle stiamo.
La prima tappa è a Genova. Passeggio per le vie calde della città, in attesa di ritrovarci per il decennale de LO SBARCO. Genova è bellissima. Ho vissuto dieci anni a Barcellona, milioni di turisti, una vera e propria fabbrica del XXI secolo, a cielo aperto. Bene, Genova è molto, ma molto più bella. Ha molti più edifici storici, monumenti, chiese, ma ha meno di un decimo dei turisti: un bene? Un male? Non lo so. So che vedo un cartello con una freccia: “Piazzetta Don Gallo” e vado.
Don Andrea Gallo (1928-2013). Lo conoscemmo in occasione de Lo Sbarco, sigaro in bocca. 31 dicembre 2009, siamo nella sua stanzetta, lui su una sedia, noi verosimilmente seduti sul suo letto. Siamo in sette, anche Haidi Giuliani è con noi. Gli esponiamo il progetto, lui è entusiasta, legge il nostro manifesto, concorda in tutto, ma ci fa un appunto. Non abbiamo scritto “Antifascista”. Ci dice: “Antifascista non è un optional….” Dopodiché le ultime parole le dice rivolgendosi alla figlia del mio amico Paolo, Marta, 17 anni. Si rivolge a lei, perché è lei il futuro…
Passeggio per il centro di Milano, cerco dell’ombra, vedo del verde, una piazzetta, dei giardinetti; sono intitolati a qualcuno che conosco e mi fermo.
Padre David Maria Turoldo (1916-1992). Lo conobbi personalmente poco prima che morisse. Troppo poco. Venne all’Università Statale quando organizzammo una grande assemblea partecipatissima. Era da poco scoppiata la Guerra del Golfo. La prima? La seconda? Una statua con voce profonda inchiodò la platea di studenti. Occhi, volto, parole, corpo, veste, erano un tutt’uno. Emanava forza e vita. Fino alla fine.
Vado vicino a Pisa a intervistare Francuccio Gesualdi, uno degli alunni prediletti di don Milani. Alla fine gli confesso che non sono mai stato a Barbiana, gli chiedo la strada. In un viaggio da Firenze a Milano decido di fare tappa, dormirò lì.
Don Lorenzo Milani (1923-1967). Scopro che Barbiana non è un piccolo paese, come ho sempre pensato, ma solo una località con la chiesa e la casa annessa e nient’altro. Casualmente è il 26 giugno, l’anniversario della sua morte; nel pomeriggio c’è stata una messa, ma sono ben contento di arrivare quando non c’è più nessuno. Risalgo a piedi la via della Costituzione, arrivo in cima al tramonto. Vedo le foto, riconosco Francuccio bambino per mano al priore. Respiro l’atmosfera, immagino. Ripenso ai racconti che mi ha fatto Francuccio: risalgono a soli 50 anni fa, ma sembrano ben più lontani. L’uomo che viveva lì faceva scuola 365 giorni all’anno. Si muoveva in bicicletta o con gli sci. I ragazzi arrivavano con la loro “schiscetta”. Forse, forse sono maestro elementare anche grazie a lui. Ritorno al buio, un fiume di lucciole intorno. Grazie Lorenzo.
Infine Marina di Carrara. Grazia ed io andiamo a fare un bagno a Punta Corvo, saliamo in vespa fino a Monte Marcello e io propongo di passare da Ameglia e fermarci a dare un saluto davanti all’unica tomba dove sono tornato più di una volta in vita mia.
Franco Fortini (1917-1994), tra tutti questi re-incontri è colui che ho conosciuto meglio. E lui ha conosciuto me. Un’enorme fortuna. Forse un nipote per lui, un nonno, un maestro per me. Un’amicizia intensa che ci entusiasmava a vicenda. Lungo il corridoio della sua casa a Milano, quella vecchia Milano, con quegli odori riconoscibili. Libri ovunque. E poi la casa di Ameglia, una moderna architettura degli anni ’70, meravigliosa. Devo tanto a quest’uomo, ho poco da dire su di lui, perché qualunque cosa dica, lo sminuirei; le sue poesie e i suoi saggi dicono già tutto, continuano e continueranno a dirlo.
Che dire? Ci mancate. E anche se siamo in pieno luglio, senza di voi abbiamo freddo.
Cerchiamo sotto le foglie il vostro testimone, speriamo di trovarlo.