Wallmapu, ovvero il territorio, questo il tema centrale del sabato pomeriggio di solidarietà di Bologna al popolo Mapuche, in lotta per la terra e per recuperare la propria identità. Un’iniziativa organizzata nel Parco Trombetti (quartiere Bolognina) dalla Rete Bolognese Anticarceraria e la Red Internacional en Defensa del Pueblo Mapuche per dar voce ad un conflitto annoso, poco conosciuto a queste latitudini. Durante tutta la serata: musica, proiezioni, una mostra fotografica e una cena di autofinanziamento.
Fotoreportage @Pasquale Pagano
Sabato 4 luglio, nella cornice del parco Trombetti a Bologna, dal pomeriggio fino a tarda serata si è svolta: “Fuori Benetton” dai Territori Mapuche, un’iniziativa di solidarietà alla resistenza Mapuche nei territori patagonici tra Cile e Argentina.Durante la prima parte, sulle note della musica cantautoriale cilena, da Victor Jara a Violeta Parra, dagli Intillimani a los Jaivas, è stata inaugurata la mostra fotografica: “AMULEPE TAIÑ WEICHAN”. Una serie di scatti delle proteste pacifiche dei Mapuche nei territori a ridosso della Tenuta dei Benetton, in Patagonia dal ’91 con circa novecento mila ettari di terra.
Successivamente, le testimonianze di alcuni attivisti di ritorno dal Wallmapu e infine la proiezione di alcuni filmati riguardanti la lotta per il recupero dei territori, e la risposta poco democratica di Cile e Argentina per garantire gli affari di alcune multinazionali europee, tra le quali Benetton.
Una storia di resistenza lunga 500 anni quella del popolo originario dei Mapuche (letteralmente Uomini della terra, ndr) stanziato tra il bosque austral cileno e la Patagonia argentina. Prima l’arrivo degli Europei, poi, agli inizi dell’800, la formazioni degli stati nazionali, infine, adesso alle prese con il potere economico delle multinazionali, attirate dalla ricchezza della Patagonia: laghi, fiumi, miniere, enormi radure.
Una storia di repressione e omologazione forzata, come spesso è successo ai popoli originari, ma che assume una potenza incredibile se letta alla luce della crisi climatica ed ecologica che stiamo vivendo. Infatti, la cosmogonia dei Mapuche è indissolubilmente legata all’ambiente, a partire dal nome. I Mapuche non esistono senza terra da abitare, non solo per un mero sostentamento materiale, ma anche e soprattutto per le credenze. Infatti, hanno una cosmogonia “ecologista”: i fiumi, i laghi, le montagne sono sacri e la loro protezione è fondamentale per la sopravvivenza del popolo. Una lotta concreta ma anche una metafora: fermare l’opera distruttiva dell’uomo ai danni dell’ambiente, perchè è l’uomo che appartiene alla terra e non il contrario.
Per farlo, dal 2015 sia nella parte cilena che in quella argentina è cominciata la “recuperacion”, che consiste nell’ impiantare nuove comunità Mapuche nelle terre, a loro sottratte durante secoli. Un’opera di resistenza, anche dura, che vede contrapposte un popolo, per lo più pacifico, agli eserciti di due stati nazionali e le milizie private degli imprenditori. In Cile ai Mapuche viene addirittura applicata la legge anti-terrorismo, voluta da Pinochet. La “recuperacion” negli ultimi anni si è rafforzata, grazie all’indispensabile aiuto dei giovani Mapuche, in un momento in cui i giovani sono protagonisti, sopratutto in Cile, del movimento sociale.
Ad oggi esistono circa 35 prigionieri politici tra Cile e Argentina. Il più famoso è sicuramente Facundo Huala, capo Mapuche della parte Argentina in carcere dal 2017. Huala, dall’Argentina, è stato estradato in Cile affinchè gli venisse applicata la legge antiterrorismo, che prevede pene più dure
Un conflitto per anni nascosto dalla narrazione dei Governi cileno e argentino- sia in patria che fuori- che hanno descritto i Mapuche come terroristi, cavalcando gli stereotipi che il popolo originario ha subito nel corso dei secoli, ma che ha risuonato in tutto il mondo nel 2017 con la sparizione e poi il ritrovamento del cadavere, a pochi passi dalla tenuta dei Benetton in Argentina, dell’attivista argentino Santiago Maldonado.
Con l’iniziativa di sabato si è cercato di ridare visibilità ad un conflitto che rischia nuovamente di essere mediaticamente oscurato.