Da tutte le sentenze ad oggi espresse in varie sedi competenti emerge senza equivoci che una lunga mano ha volutamente affossato il cosiddetto modello Riace. L’ultima sentenza è quella del Consiglio di Stato. La struttura ideata dal sindaco Mimmo Lucano non doveva essere chiusa, le criticità emerse potevano essere superate, ma soprattutto l’apparato statale, non poteva concedere una proroga e un mese dopo revocare il finanziamento.
Contraddittorietà sottolineata nel dispositivo elemento centrale di ciò che è successo negli ultimi tre anni nel piccolo centro della provincia di Reggio Calabria. Nella sostanza il Consiglio di Stato ancora una volta dà ragione all’ex sindaco Lucano. Insomma il Ministero dell’Interno, con Ministro Matteo Salvini non avrebbe potuto chiudere quel progetto se non dopo aver provveduto a sollecitare correzioni nell’espletamento del programma previsto per lo SPRAR. In pratica il Ministero avrebbe dovuto contestare al Comune le criticità rilevate e dare un termine per risolverle; invece ha provveduto direttamente alla chiusura, dislocando i migranti in altri centri. Scelta illegittima secondo i giudici. “Se la ratio della diffida è quella di assegnare un termine per consentire all’ente locale di correggere le anomalie – scrivono i giudici – è del tutto evidente che questo deve essere ragionevole e proporzionale allo scopo.
Insomma non sono stati concretamente individuati i punti critici, con riferimento alle irregolarità amministrative e gestionali. “La nota (del Ministro dell’Interno ndr) – scrivono ancora i giudici – è assolutamente generica. Se è mancata l’assegnazione del termine specifico per rimediare alle osservanze, il fine della norma non è stato raggiunto. L’Amministrazione Statale prima di adottare qualunque misura demolitoria deve attivarsi per far correggere i comportamenti non conformi, operando in modo da riportare a regime le eventuali anomalie”. Un dispositivo chiaro nelle varie parti che indica come ci sia stata più una volontà politica, nel chiudere l’esperienza, che procedurale. Tutti ricordano gli attacchi di Salvini al modello Riace perché in conflitto con la narrazione di una presunta invasione di migranti il “modello paura” principale programma politico della Lega.
Subito dopo quel provvedimento scaturirono nuovi fatti giudiziari che portarono all’arresto del sindaco Lucano, in parte già assolto in alcuni gradi di giudizio e alle elezioni comunali con la nuova giunta a trazione leghista, che ha visto tra l’altro alcuni suoi componenti indagati, compreso il primo cittadino.
Ad alimentare altri scenari state anche le intercettazioni del caso Palamara, pubblicate dal sito d’informazione locale “Il Dispaccio”. Il riferimento è alla comunicazione tra Luca Palamara e Giovanni Bombardieri, Procuratore Capo di Reggio Calabria subito dopo l’arresto di Lucano. Bombardieri dice in modo esplicito che i provvedimenti nei confronti del sindaco di Riace da parte della Procura di Locri sono delle “cazzate”. Scrive infatti Bombardieri a Palamara: “Guarda, che io sappia sono partiti con peculato e distrazione di somme e sono arrivati a cazzate per le quali non si doveva certo applicare misura. O verifichi ammanchi di somme e allora applichi la misura – scrive Bombardieri – o se dici che quello non ha rilievo penale, ma è solo confusione nella gestione, allora non applichi niente e procedi a piede libero. Io sapevo che c’erano ammanchi e distrazione di soldi, da come ne parlava la Guardia di Finanza, ma non sono emersi”.
Quindi per il Procuratore Bombardieri le accuse contro Lucano erano delle “cazzate” e il sindaco non doveva essere arrestato. Ulteriori ombre sul caso reclamano chiarezza. Aspetteremo le sentenze definitive, ma subito dopo dovrà emergere tutta la verità sulla vicenda giudiziaria di Domenico Lucano.