La mattina dell’11 giugno arrivano chiamate al Naga che segnalano la presenza di “Africani” davanti alla stazione di Rogoredo. Andiamo alla stazione quindi per cercare di capire cosa sta succedendo: due autobus provenienti da Taranto hanno scaricato davanti alla Stazione di Rogoredo persone provenienti da Gambia, Mali, paesi dell’Africa sub-sahariana e dalla Siria. Il viaggio da Taranto è stato “organizzato” dalla Prefettura di Taranto. Sono visibilmente affaticati, disorientati, scossi, molti non hanno neppure le scarpe e alcuni di loro hanno un numero attaccato ai vestiti. Così come sono scesi dalla barca, così sono adesso sul piazzale antistante la stazione.
“Siamo in viaggio da 7 giorni”, ci racconta Prince della Nigeria. “Dopo un viaggio in mare durato 5 giorni siamo arrivati a Taranto, abbiamo compilato un foglio con i nostri dati anagrafici e poi ci hanno chiesto di metterci in fila”, continua. “Una fila era per le persone che volevano andare a Milano e una per chi voleva andare a Roma. Noi ci siamo messi nella fila per Milano perché ci avevano detto che c’erano delle strutture di accoglienza e siamo arrivati qui stamattina”.
“Ci hanno fatto salire su un autobus, abbiamo viaggiato tutta la notte, poi ci hanno lasciato qui. Io non conoscono nessuno, sono solo, non so dove andare, vorrei solo lavarmi e dormire. Ci porteranno in un centro? Ci lasceranno qui? ” ci chiede Dagmawy. “Non ci hanno detto nulla.”
La sensazione di totale sospensione nel tempo senza la prospettiva neanche di mezz’ora è evidente: nessuno dei presenti sa dove si trova, né cosa sta succedendo.
Kwame ci chiede di poter usare il telefono per trovare, sul suo profilo Facebook, il numero di un amico che gli aveva detto di chiamarlo appena fosse arrivato. Kwame scorre messaggi gioiosi che raccontano dei preparativi di una partenza, messaggi pieni di forza della volontà di avere un futuro diverso, di prendere in
mano la propria vita e partire. Improvvisamente Kwame scoppia a piangere e ci mostra la foto sorridente che appare sul social network “Era un mio carissimo amico, l’abbiamo perso in mare nelle acque internazionali”.
La Questura di Milano arriva verso le 16 per avviare le procedure di identificazione e per chiedere se qualcuno vuole presentare domanda di protezione internazionale.
“Denunciamo con sconcerto quanto accaduto e l’evidente mancanza di un sistema minimo di accoglienza, denunciamo l’ipocrisia di un sistema che non volendo gestire il fenomeno migratorio cerca di lavarsene le mani e sposta le persone che arrivano nel nostro paese con l’evidente obiettivo di non doversene occupare, sperando che, come per magia, diventino invisibili” dichiara Luca Cusani, presidente del Naga presente a Rogoredo. “Facciamo appello alle istituzioni affinché garantiscano a chiunque arrivi un’accoglienza dignitosa non solo per rispetto della legge, ma per doveri minimi di umanità e solidarietà.”