Che Madrid sia la regione con il maggior numero di morti per Covid-19 della Spagna nonché una delle più colpite al mondo, e che la maggior parte dei morti siano anziani che vivono in strutture residenziali, non è un caso o semplice sfortuna. La spiegazione è molto chiara, si chiama speculazione e ha dei complici: il governo regionale. È urgente la realizzazione di un modello di assistenza sociale e sanitaria e di una legge statale per le residenze per anziani che lo protegga, progettato da tutti i settori coinvolti, che obblighi le comunità e che metta al centro la vita dei nostri anziani.
La carenza di personale prima e durante la pandemia
A livello nazionale, il 75% dei posti letto nelle residenze per anziani è in mano a privati, e soltanto il 25% è pubblico 1. Nella Regione di Madrid (CM), quasi l’80% è in mano a privati 2.
Il rapporto stabilito nel 2008 dal Consiglio Territoriale 3 per le persone non autosufficienti è di 0,47 e comprende personale sanitario, assistenti infermieristici e di geriatria, fisioterapia, terapia occupazionale, nonché assistenti sociali e psicologi, quando disponibili. Questo rapporto prevede una suddivisione tra mattina, pomeriggio e notte, con una drastica riduzione del numero di dipendenti per turno, che svolgeranno compiti di assistenza e di aiuto domestico e alberghiero. Questa quantità di personale di assistenza diretta non solo deve aumentare, ma anche essere quantificata per mostrare le scarse cifre reali che si nascondono dietro l’ambiguità e l’indeterminatezza. È necessario un metodo trasparente di quantificazione del personale che indichi chiaramente il numero di anziani per assistente, specificando anche la quantità del restante personale di assistenza diretta. In questo modo ci sarebbe trasparenza nel conteggio e si potrebbe comprovare la carenza di personale. Sarebbe inoltre necessario dotare le residenze di personale sufficiente per le mansioni di aiuto domestico e alberghiero, assegnando così al personale di assistenza il compito per il quale è stato essenzialmente concepito, riconoscendone la vocazione e la professionalità.
Per quanto riguarda i tecnici l’accordo quadro stabilisce che ogni 50 posti letto siano previste 4 ore al giorno, dal lunedì al venerdì, dedicate alla fisioterapia e alla terapia occupazionale. Questa scarsità di ore spiegherebbe l’insufficienza delle terapie, che non sono in accordo con le patologie e le malattie trattate in qualsiasi residenza – soprattutto nel caso di persone anziane provenienti da ospedali che necessitano di un trattamento riabilitativo e che, nella maggior parte dei casi, viene eseguito in maniera approssimativa.
Come se non bastasse, se anche i ritiri per pensionamento e le ferie non sono coperte, ci troviamo di fronte a un grave problema che ostacola un’assistenza adeguata e di qualità.
Secondo il rapporto del 2012 a cura della Società Spagnola di Psichiatria Geriatrica (SEPG), il 90% degli anziani soffre di depressione, deterioramento cognitivo o demenza 4. Sappiamo che attualmente stiamo affrontando un aumento dei casi di persone anziane non autosufficienti dal punto di vista cognitivo e quindi il rapporto del 2008 è diventato obsoleto. È quindi evidente che la domanda di assistenza nelle residenze per anziani non potesse essere soddisfatta, già prima della pandemia. È difficile attuare il Piano di assistenza alla persona a causa dell’elevata carenza di personale specializzato e di assistenza diretta che lo renda possibile.
Nelle residenze private, in linea generale gli assistenti infermieristici non vengono assunti, nonostante in alcuni casi siano in possesso della qualifica, ma viene assunto personale di assistenza geriatrica. Questo viene fatto per ridurre il costo dello stipendio, visto che un assistente geriatrico guadagna meno. Inoltre, il contratto di assistente geriatrico impone lo svolgimento di molteplici mansioni di aiuto domestico e alberghiero, quali: rifare i letti, provvedere al cambio biancheria, servire la colazione, il pranzo, gli spuntini pomeridiani e la cena, distribuire succhi di frutta e brocche d’acqua, tra le altre. Pertanto, in una giornata di 7 ore, vengono svolte molte più attività di aiuto domestico e alberghiero che non di cura e assistenza diretta. Questo accordo non riconosce pienamente il valore dell’assistenza sanitaria, dato che non esiste una formazione sulle diverse patologie e su come affrontarle, rimanendo così di competenza esclusiva del personale sanitario. Così, di solito, nelle residenze private gli assistenti geriatrici non vengono informati delle malattie di cui soffrono i residenti, come infezioni delle vie urinarie, influenza, catarro, gastroenterite, ecc. Questa mancanza di informazioni fa sì che, nell’assistenza diretta, gli assistenti e gli operatori non abbiano dati sufficienti per contrastare l’evoluzione delle patologie e prevedere una stimolazione adeguata.
In sintesi, le residenze private preferiscono stipulare contratti con assistenti geriatrici perché lo stipendio è più basso e possono occuparsi anche di mansioni relative all’aiuto domestico e alberghiero che non comportano un contatto diretto con i residenti, andando ad appesantire questa loro situazione di solitudine e carenza di attenzione durante la pandemia, che li ha visti rimanere isolati nelle loro stanze. Se prima della Covid-19 molte persone anziane trasferite in ospedale soffrivano di disidratazione, malnutrizione, infezioni delle vie urinarie e infezioni da piaghe da decubito, con l’arrivo del virus all’interno delle residenze tutto ciò si è aggravato, a causa dell’esiguo numero di personale assegnato all’alimentazione, alla mobilizzazione e alla cura dell’igiene personale di ogni residente isolato. A questo si aggiunge, inoltre, il numero di lavoratori assenti durante la quarantena, ottenendo un quadro della situazione caotica e agghiacciante dovuta all’incuria che molti anziani hanno sofferto.
Il basso rapporto di cui sopra unito alla moltitudine di compiti relativi all’aiuto domestico e alberghiero, che già prima della pandemia costituivano un problema, hanno contribuito ad accentuare la mancanza di attenzioni sofferta dagli anziani ospiti delle residenze e questo non solo perché le residenze non sono medicalizzate, ma anche perché la carenza di personale e i molteplici compiti di aiuto domestico e alberghiero hanno privato i residenti, isolati nelle loro stanze, dell’assistenza umana e sanitaria.
Nella maggior parte dei casi, l’espressione “danni collaterali” è stata usata per giustificare la mancanza di cure dirette, che noi familiari avevamo già denunciato con molte lamentele alla Regione di Madrid.
Prima del Covid-19, noi familiari di anziani ospiti in residenze lamentavamo un’assistenza precaria, non solo per le cure igieniche di base come cambio dei pannoloni, mobilizzazione, alimentazione e idratazione, ma anche per lo scarso contatto umano con gli oltre 25 residenti “sorvegliati” da soli due assistenti o addirittura da uno soltanto in vari momenti, andando giorno dopo giorno ad accrescere quel deterioramento causato in gran parte da mancanza di interazione e di stimoli.
Queste società senza scrupoli, per lo più di proprietà di fondi di investimento, giustificano le piaghe da decubito, le infezioni delle vie urinarie, la malnutrizione e la disidratazione, la perdita di massa muscolare, i disturbi del linguaggio, l’aumento della depressione e il deterioramento cognitivo come “danni collaterali” derivanti da Covid-19. Quando sappiamo che, in realtà, tutto ciò è stato causato dalla cattiva gestione e dalla malafede di uomini d’affari che hanno speculato e fatto sfoggio di spilorceria senza vergogna. Hanno evitato di investire finanziariamente nella prevenzione del personale sanitario, in DPI e test, così come hanno evitato di aumentare il personale che avrebbe potuto assistere con maggiore frequenza gli anziani in isolamento nelle residenze; tutto questo nel momento di maggiore mortalità da Covid-19, quando un gran numero di lavoratori è stato allontanato e gli altri, essendo asintomatici positivi, hanno continuato a lavorare, evitando così nuove assunzioni da parte della Regione di Madrid, che da parte sua sosteneva per di più di non riuscire a trovare personale che sostituisse quello assente.
Questa giustificazione da parte delle aziende, che hanno atteso l’aiuto della pubblica amministrazione, a dispetto della possibilità di grandi investimenti in materiali e personale sanitario, non solo ha causato la morte di migliaia di anziani, ma ha anche mostrato il lato più crudele del business geriatrico: l’incuria che molti anziani deceduti hanno subito nell’abbandono più assoluto, durante la fase più dura della pandemia.
Le informazioni taciute ai familiari prima e durante la pandemia
Un’altra situazione che denunciamo da anni consiste nella scarsità di informazioni date ai familiari, sia relativamente al follow-up delle patologie e delle malattie acquisite che alla vita sociale ed emotiva degli anziani nelle residenze.
Di solito le residenze non hanno un meccanismo scorrevole per informare i familiari. Questa circostanza si è aggravata durante l’epidemia di Covid-19. I direttori hanno sostenuto che il personale fosse sovraccarico di lavoro e non potesse rispondere al telefono, né tanto meno dare informazioni specifiche sugli ospiti. Non hanno riferito neppure in merito allo stato di salute della residenza durante la pandemia, trincerandosi dietro la “protezione dei dati”. Sappiamo che la maggior parte delle residenze ha nascosto informazioni per salvare la Società.
Sono stati i gruppi di familiari, organizzati prima della pandemia, a raccogliere dati sui morti e sui contagiati grazie alla collaborazione dei lavoratori che hanno deciso di sorvolare sulla clausola di riservatezza nei loro contratti, essendo eticamente e moralmente coerenti con se stessi; essendo tanto più vittime, a loro volta, di questo sistema neoliberale, toccati dalla sofferenza e mossi dall’affetto che provano per gli anziani di cui si prendono cura.
L’assenza di un regolamento che fornisca ai familiari gli strumenti per poter influenzare il processo decisionale delle residenze
Allo stato attuale, noi familiari non abbiamo potere decisionale o di opinione nelle residenze. Abbiamo sempre auspicato l’inclusione di una clausola nella futura legge sulle residenze, con la formazione di Consigli composti da residenti, lavoratori e familiari.
Attualmente esistono dei Consigli degli utenti, ai quali possono partecipare i residenti e solo i membri della famiglia che sono anche tutori di un anziano, ma prima della pandemia sono pochissime le residenze che hanno attuato questa misura.
Questa mancanza di partecipazione e di controllo da parte dei familiari nella vita delle residenze aggrava il problema, lasciando il campo libero alle speculazioni e al degrado della cura dell’anziano.
Il sostegno istituzionale
Quale tutela possiamo aspettarci da un governo regionale che esorta gli assistenti infermieristici, nelle residenze pubbliche a gestione diretta, a svolgere compiti di aiuto domestico e alberghiero a discapito dell’attenzione diretta ai residenti.
Che fiducia possiamo riporre in un regolamento che fa pendere il piatto della bilancia a favore del vantaggio economico dell’imprenditore.
Com’è possibile che ci siano solo tre ispettori per le residenze dell’intera Regione di Madrid, e che nella maggior parte dei casi i direttori siano informati in anticipo delle ispezioni?
Non è facile capire perché le denunce vengano archiviate senza che la Regione di Madrid riconosca nelle sue risposte ciò che da noi viene denunciato.
Sappiamo che in data 8 marzo l’Assessorato alle Politiche sociali, pur subodorando ciò che stava per accadere, fino al 19 marzo non ha inizia a raccogliere dati sul Covid-19 nelle residenze per anziani di Madrid.
Sappiamo che l’Assessorato della Salute ha ritardato la medicalizzazione delle residenze, al punto che oggi diversi consigli comunali e il TSJM (Corte Suprema di Madrid) continuano a fare pressione sull’Assessorato stesso perché fornisca risorse tecniche e personale sanitario.
Inutile dire che esistono ancora residenze che non dispongono di DPI (dispositivi di protezione individuale) per la prevenzione e di test per procedere efficacemente all’isolamento dei residenti.
Dubitiamo che la protezione degli anziani durante la crisi sanitaria sia stata una priorità per l’Amministrazione. Ne è prova il fatto che, data l’impossibilità di trasferirli negli ospedali pubblici, i letti disponibili negli ospedali privati non siano stati messi a disposizione degli anziani che si trovavano in gravi condizioni. Se questi ricoveri in ospedale fossero stati fatti, sicuramente oggi molti residenti sarebbero ancora vivi.
Entrambi gli Assessorati hanno fornito poche informazioni ai familiari circa la situazione delle residenze e dei nostri anziani, lasciandoci nel malcontento dell’ignoranza.
Come possiamo permettere che un’azienda non fornisca informazioni che abbiamo il diritto di avere, dato che ciò riguarda direttamente gli anziani che vi abitano? Com’è possibile che né la Regione di Madrid né il governo nazionale intervengano in materia? Com’è possibile che le imprese private siano prioritarie rispetto al diritto all’informazione?
Non capiamo come l’Amministrazione, sapendo che ci sono aziende che guadagnano un milione di euro di utili annuali, non promuova una legge che protegga gli anziani da questa mostruosa speculazione. Una legge che obblighi queste aziende a destinare parte dei loro profitti all’acquisto di materiale sanitario, sia umano che tecnico.
Una legge che protegga gli anziani da fondi avvoltoi e dagli uomini d’affari che cercano solo il profitto economico. Com’è possibile che la Regione di Madrid acconsenta a questa deplorevole situazione nelle proprie residenze a gestione indiretta, affidandole in gestione a persone senza scrupoli.
Come è possibile che ci siano direttori senza un’adeguata formazione, senza un’adeguata esperienza e senza le competenze necessarie per gestire una residenza per anziani, mettendo in pericolo la vita degli anziani stessi e la salute fisica e psicologica del personale che si prende cura di loro?
Prima di concludere vogliamo sottolineare, qualunque sia il colore del governo nazionale, che se ha davvero a cuore il benessere dei cittadini non deve risparmiare i soldi che sono necessari alla legge che tutela le persone non autosufficienti. Dovrà porre le condizioni per concretizzare il modello socio-sanitario a cui aspira, facendo pressione sulle autonomie nell’esecuzione di una Legge delle Residenze in cui questo modello socio-sanitario venga eseguito, nella cui progettazione e regolazione dovranno intervenire non solo tecnici sanitari e specializzati, ma anche rappresentanti di assistenti infermieristici e di geriatria, nonché associazioni e gruppi di familiari che contemplino congiuntamente gli aspetti che stiamo contestando.
Per concludere, noi tutti come cittadini dobbiamo chiederci quale significato abbia la vecchiaia nella nostra vita, poiché è di vitale importanza il legame umano con gli anziani, molti dei quali appassiti dall’età, che sono importanti come qualsiasi altra persona. Questo sarà possibile solo se faremo dell’essere umano la priorità di questa società. Così, una visione umanizzante della vecchiaia sarà predisposta nei programmi di studio della geriatria, del settore socio-sanitario, della gestione aziendale, delle scienze politiche e sociali, così come in tutti noi cittadini che facciamo parte di questa società.
Nel frattempo, fino a quando questo cambiamento di prospettiva umanizzante non avrà preso piede nella società, andremo avanti alla cieca, snaturando l’obiettivo, sbagliando direzione e sorvolando sulla priorità di morire degnamente in pace e senza il clamore straziante, che ci priva di quel qualcosa che rende più facile per ognuno di noi, nell’ultimo tratto della nostra vita, concentrarsi sul ristabilimento emotivo e spirituale che ci porta al viaggio verso un altro tempo e un altro spazio.
Di Sara Tajuelo
Sara Tajuelo è un membro dell’associazione di familiari URL – Unión Residencias Leganés (unionresidenciasleganes@gmail.com)
Traduzione dallo spagnolo di Chiara De Mauro