Sanno di mettere in pericolo la loro vita, ma ogni anno migliaia di stranieri – rifugiati per motivi politici, economici e a causa della guerra – lasciano le loro case in Africa, in Medio Oriente e altrove per raggiungere la terra promessa in Europa. Solo il 3 ottobre 2013 sono morti affogati più di 360 emigrati davanti alle coste dell’isola italiana di Lampedusa: una catastrofe di tali dimensioni ha sicuramente catturato per un momento l’attenzione dei media e la simpatia del pubblico.
Dopo alcuni mesi, visto l’accaduto, il Consiglio europeo ha deciso di prendere dei seri provvedimenti per evitare che una simile tragedia si possa ripetere ai confini dell’Unione europea. Il Consiglio pretende il rafforzamento del sistema di coordinamento e sicurezza al confine dell’Unione europea, Frontex, più noto come „ Agenzia europea per la gestione della cooperazione internazionale alle frontiere esterne degli Stati memrbi dell’Unione europea”. Il sistema europeo di sorveglianza è entrato in servizio il 2 dicembre 2013: ancora una volta si è aspettato che succedesse una tragedia per prendere provvedimenti.
Buone le intenzioni, sebbene questi provvedimenti riguardino solo la punta dell’iceberg del problema. Si sa poco o nulla su come molti uomini, donne e bambini abbiano perso la loro vita in viaggio verso l’Europa. Ritenendo che la politica non abbia senso senza i fatti, un consorzio di giornalisti europei si è prefisso l’obiettivo di mettere insieme e analizzare i dati relativi alla morte di migranti – aspiranti d‘Europa. Il progetto «The Migrants’ Files» verrà in parte finanziato dall’organizzazione europea non-profit Journalismfund.eu .
Le fonti
Con la raccolta di una serie di dati di diversa provenienza, il progetto mira alla creazione di un‘ampia e attendibile banca dati de casi di morte di migranti verso l‘Europa. Delle fonti importanti per questa raccolta di dati potrebbero essere: United for Intercultural Action, una rete non-profit che comprende oltre 550 organizzazioni in tutta Europa e il progetto «Fortress Europe» del giornalista italiano Gabriele Del Grande,il quale ha protocollato il numero dei morti e degli scomparsi tra i migranti in viaggio verso l’Europa. La banca dati «The Migrants’ Files», inoltre, utilizza anche i dati di Puls, un progetto portato avanti dall’Università di Helsinki, in Finlandia, e richiesto dal centro comune di ricerca della Commissione europea.
Per tutti i dati è stato utilizzato un sistema omogeneo, ovvero il famigerato “Open-Source- Intelligence” (OSINT). Questo database, prodotto dai servizi segreti, contenente dati provenienti da fonti pubblicamente accessibili come le notizie dei media, riporta sia le pubblicazioni del governo che l’elenco nero. All’interno dei «The Migrants’ Files», proprio attraverso la disponibilità in tempo reale di notizie mondiali riguardanti l’immigrazione, i rifugiati e il commercio di uomini all’interno e in prossimità dell’Europa, viene individuato il numero dei migranti che sono morti mentre cercavano rifugio.
Molti più morti di quelli che si pensava
La rete United for Intercultural Action ha raccolto tra il 1993 e il 2012 i suoi dati e ha constato circa 17 000 casi di morte in questo arco di tempo, mentre il lavoro di Gabriele Del Grande ha documentato oltre 19 000 casi dal 1988. Infine la banca dati «The Migrants’ Files» ne ha registrati 23 000 dal primo gennaio 2000 ad oggi.
Le diverse fonti sono palesemente incompatibili, dal momento che ogni organizzazione utilizza un suo metodo e tutto ciò richiederebbe un’estesa correzione dei dati e la verifica dei fatti con OpenRefine, uno strumento di analisi open-source. In un secondo momento i giornalisti di «The Migrants’ Files» hanno creato una banca dati su Detective.io, ovvero uno specifico strumento per favorire la disponibilità di informazioni on-line per ampi progetti di ricerca.
Nel processo di creazione di un metodo per utilizzare i dati, 16 studenti dell’università di Bologna all’interno del laboratorio di giornalismo basato sui dati, hanno subito condotto delle precise verifiche su più di 250 incidenti, sotto la guida preziosa del professore Carlo.
La banca dati «The Migrants’ Files» è organizzata in base al nome, all’età, al sesso e alla nazionalità della vittima e ogni incidente riporta la data, il grado di longitudine e di latitudine, il numero delle vittime e la causa della morte.
Margine d’errore
Dopo la soluzione dell’incompatibilità dei dati, ai giornalisti è anche riuscito il tentativo di compiere uno studio completo sui casi di morte d’immigrati. Tuttavia i membri del progetto sono convinti che la questione dell’inesattezza dei dati non possa dirsi completamente chiusa.
In pratica il ricongiungimento di diverse fonti di dati comporta spesso delle ripetizioni che se notate dai giornalisti, vengono depennate, altrimenti restano. Tra quelli registrati a doppio, ci sono persone date per disperse dai superstiti di un incidente navale. Se in un secondo tempo vengono trovati dei cadaveri, risulta impossibile associarli a quell’ incidente.
Il numero reale è ancora più alto
Dal momento che alcuni incidenti mortali non sono registrati per iscritto, vengono esaminati accuratamente anche i rapporti dei testimoni prima d’inserirli in una banca dati. Ciononostante bisogna considerare che, per alcuni casi, non vi è modo di confermarli se non c’è la sicurezza di documentazioni scritte e testimonianze. Perciò il numero dei morti dai «The Migrants’ Files» può essere soltanto stimato approssimativamente: il numero reale è, senza dubbio, più alto di quello riportato.
Inoltre l’adeguata localizzazione dei casi e la rappresentazione sulla mappa comportano altre difficoltà. Vista la metodica utilizzata, la mappa riporta anche casi molto lontano dai confini europei. Per esempio una nave può capovolgersi tra l’Algeria e la Spagna e l’incidente risultare localizzato in Algeria e nel centro del Paese.
Il progetto viene portato avanti attraverso la raccolta di altre nuove informazioni. Uno degli obiettivi è quello di migliorare la qualità dei dati, al fine di fare luce sulla situazione di chi immigra, di chi cerca rifugio o asilo politico in Europa, in particolar modo perché i media ignorano spesso il problema, fino a quando una nuova grande tragedia riporta il tema in prima pagina a caratteri cubitali.
Traduzione dal tedesco di Valentina Palmisano