Il futuro sarà determinato da coloro che riusciranno a lottare di più per quelle idee che hanno fatto circolare.
Naomi Klein
In tempo di crisi a causa di un disastro ecologico-sanitario-climatico come questo, abbiamo decisamente bisogno di un corso intensivo sulla speranza. Il cambiamento, già di per sé, è fonte di paura in tempi “normali”, figuriamoci ora, è diventato un vero e proprio spavento. S’imbeve della paura collettiva, della consapevolezza che il cambiamento ci riguarda tutti, anche se può colpire ognuno di noi in modalità e intensità diverse. Per sottrarci a questo spavento abbiamo bisogno di affidarci alla speranza, di pensare al futuro non necessariamente come un’inevitabile caduta nella depressione economica, nella perdita del lavoro per molti, nel diffondersi della povertà, bensì immaginare un mondo, cioè noi, che sappiamo rispondere con un potente movimento che spinge per un nuovo patto sociale tra le parti e che porti lo Stato alla sua funzione di equilibratore sociale, ridistributore delle ricchezze, motore di ripresa.
I disastri, per quanto possa sembrare assurdo, una volta terminati, diventano momenti di maggior chiarezza, portano a galla, visibile agli occhi dei più, quello che è buono e quello che non ha funzionato, lo vediamo già in Lombardia. I disastri, con i cambiamenti che si portano ineluttabilmente appresso, sono di per sé fautori di un nuovo percorso, ci conviene far sì che quest’ultimi siano di beneficio ai più. Quasi banale, ma non così tanto visto che gli ultimi, vedi crisi finanziaria del 2008, hanno portato benefici ai pochi ricchi e austerity a tutti gli altri. Rebecca Solnit dalle pagine del Guardian si augura che questa catastrofe ci riporti indietro a prima dell’avvento del neoliberalismo che assieme alla privatizzazione della sanità e dei servizi dello stato, ha privatizzato anche i nostri cuori. Spera che ci riporti indietro a quel senso di comunità, di appartenenza, che tutti avevamo. La vicinanza che molti hanno con la morte durante una calamità, porta ad uno spostamento di visione; le cose che prima venivano giudicate importanti diventano futili, irrilevanti ed invece il bene comune diventa importante. La calamità provoca, che uno voglia o meno, un cambiamento nelle consapevolezze e nelle priorità.
Allora mobilitiamoci ora! Mobilitiamo queste energie che il coronavirus ha messo in circolazione: un senso di solidarietà verso chi ha più bisogno, una maggiore sensibilità, un senso di comunanza, di fratellanza, una voglia di riscatto, un miglioramento per tutti accompagnato da un rinato senso di giustizia. È adesso che la società civile deve insorgere a beneficio dei più. Abbiamo bisogno che essa faccia lobbying per tutti noi, che ci rappresenti presso i poteri forti affinché le nostre idee vengano rappresentate, trovino un palcoscenico, abbiano insomma visibilità e trovino rispondenza esecutiva presso la più ampia maggioranza politica. Come disse Milton Freeman: “In tempi di crisi le azioni che verranno intraprese si rifaranno alle idee che sono in circolo in quel momento” ed è esattamente a questo che dobbiamo fare attenzione ci ricorda Naomi Klein. È adesso il nostro momento se vogliamo dar forma al nostro futuro perché se non lo facciamo noi lo faranno di nuovo quei poteri politico-finanziari che ci rimetteranno tutti alla triste dieta dell’austerity per i prossimi anni. Le avvisaglie già ci sono.
Ma le idee buone sono già in circolazione da tempo, non siamo esattamente nella stessa situazione del post 2008, ora possiamo affiancare alla protesta le nostre proposte. Abbiamo decisamente le idee più chiare perché abbiamo capito cos’è successo nel 2008 alle nostre spalle prima, e sulla nostra pelle poi, e non siamo esattamente disposte ad aprire la bocca per avere la seconda dose d’olio di ricino.
Prima dell’avvento del coronavirus e dell’isolamento per tutti, al centro dell’attenzione generale erano le emergenze climatiche portate prepotentemente all’attenzione generale dalle proteste di Extinction Rebellion e Fridays for Future nell’arco del 2019. Il parlamento europeo aveva dato segnali di apertura adottando precise politiche per favorire la transizione alle energie rinnovabili e la sua presidente Ursula von Der Leyen aveva dichiarato che le politiche ambientali sarebbero state priorità nella sua agenda. Non è un’apertura da poco. In UK il parlamento, a dicembre, ha accolto le richieste di XR ed ha indetto le prime assemblee cittadine anche se XR fa notare non sono dotate del potere decisionale che dovrebbero avere. Inoltre, il fatto che il primo maggio 2019 quel parlamento abbia dichiarato l’emergenza climatica ed ecologica, ha creato il presupposto che ha permesso alla corte d’appello di Londra di dichiarare illegittimo il piano d’espansione dell’aeroporto di Heatrow, finanziato da quel medesimo parlamento. Lo stesso è accaduto in un tribunale olandese. In Italia il consiglio del comune di Bologna ha accolto le richieste dei ragazzi di XR e le ha fatte programma comunale. Sono questi segnali forti delle istituzioni che indicano la disponibilità ad un cambiamento di rotta, riconoscono che vi è un’emergenza ecologia e climatica di cui, aggiungiamo oggi, anche il coronavirus è una conseguenza e gli studi per comprovarlo sono già iniziati.
Il Italia non solo i gruppi di XR e Fridays for Future sono scesi in piazza, ma anche un movimento informale come quello che ha poi preso il nome di Sardine, più volte, ha vistosamente occupato le piazze per mostrarsi al partito dell’opposizione nella potenza dei loro corpi uniti. Oggi nell’emergenza si sono invece mobilitati per dare il loro aiuto concreto alle istituzioni che operano sul territorio per aiutare chi ha bisogno.
Accanto a questi giovani vi sono movimenti mainstream che operano da decadi sul nostro territorio, penso a Slow Food , Greenpeace, Legambiente, Libera dalle mafie, penso a Ong che hanno sviluppato un tale expertise da essere oggi chiamate ai tavoli delle consultazioni per aiutare nella messa a punto delle strategie di contenimento del coronavirus nelle regioni del nord, parlo di Emergency e Medici Senza Frontiere. Sono queste realtà, tra altre che non ho nominato ma ci sono, che dovrebbero unire le forze e presentarsi ai tavoli delle consultazioni politiche. Esse sono portatrici delle forze attive e sane che operano a beneficio nostro, su fronti diversi, più o meno in modalità anonima, da molto tempo. Che hanno a cuore la lotta alla criminalità, il cancro che risucchia le risorse sociali, che contamina il tessuto produttivo. Hanno a cuore un modello economico alternativo, rispettoso delle risorse naturali, che guarda alla produzione locale piuttosto che all’export, che hanno proposte innovative per la gestione dei beni comuni. Le realtà associative nazionali hanno una loro agenda basata sul territorio che è infinitamente più realista di quella politica di Montecitorio.
È tempo di farsi avanti, diventare propositive, chiamarsi a raccolta l’un l’altra e avanzare. Abbandonare la sicurezza che offre l’anonimato, uscire allo scoperto e affrontare una responsabilità diversa, un palcoscenico più impegnativo. È tempo, come dice Naomi Klein, di essere ambiziose e ambiziosi.