Il 26 marzo la Corte Costituzionale dell’Uganda ha annullato la sezione 8 dell’Atto sul mantenimento dell’ordine pubblico del 20 novembre 2013.
Il massimo organo di giustizia dello Stato africano ha dato così ragione a un gruppo di associazioni – tra le quali Human Rights Network Uganda, Development Network of Indigenous Voluntary Associations, Uganda Association of Women Lawyers e and Chapter Four – che, subito dopo l’entrata in vigore della legge, si erano rivolte alla Corte Costituzionale chiedendone l’annullamento.
L’Atto sul mantenimento dell’ordine pubblico, ha ricordato Amnesty International, “è stato usato per anni come strumento di repressione: grazie ad esso, la polizia ugandese ha potuto disperdere con violenza manifestazioni pacifiche e spontanee e arrestare e picchiare esponenti dell’opposizione che cercavano solo di esercitare i loro diritti umani”.
Ultimamente la legge era stata utilizzata per impedire raduni e concerti organizzati dal musicista e parlamentare dell’opposizione Bobi Wine (nella foto), all’anagrafe Robert Kyagulanyi, promotore di una forte campagna per la prevenzione della pandemia da Covid-19.
Bobi Wine e altre quattro persone sono attualmente indagate per aver protestato, nel luglio 2018 contro una tassa sui social media e sulla telefonia mobile.