Tutto sta cambiando molto rapidamente nelle ultime settimane – a livello economico, ecologico, tecnologico e sociale. A differenza di altri sconvolgimenti su larga scala, in questo caso la fine sembra ancora lontana. Gli uragani, i terremoti e i blackout hanno una breve durata; tutti aspettano che questo periodo di difficoltà passi per poi cominciare con la ricostruzione e un rapido ritorno alla solita vita quotidiana.
Il coronavirus è molto diverso. La maggior parte delle persone si sta ingegnando per riuscire a trovare nuove soluzioni; nessuno si sta limitando solo ad attendere che la questione si risolva. Per esempio, per molti anni le aziende tecnologiche hanno sperimentato per il loro personale il lavoro da casa, ma questo sistema non è mai stato realmente applicato e messo in atto su larga scala. Seattle è una delle città degli Stati Uniti più colpite dal virus ed è la sede di alcune delle più grandi aziende tecnologiche del mondo, tra cui Microsoft e Amazon. Nell’ultima settimana, la maggior parte di queste aziende ha chiesto al proprio personale di lavorare da casa e alcune di esse lo hanno reso persino obbligatorio. Tutto ciò potrebbe trasformare per sempre il lavoro e gli stili di vita evitando il pendolarismo, i palazzi di uffici, gli ingorghi, i parcheggi e così via.
Qualche giorno fa ha iniziato a circolare un’immagine satellitare che fa un confronto tra Pechino prima del virus e dopo il blocco della Cina. Nella prima immagine si vedevano le nuvole di inquinamento, mentre nell’altra veniva fotografato un cielo senza nuvole. Il rallentamento della produzione ha determinato una riduzione del traffico aereo e un aumento delle persone che lavorano da casa; questi ultimi cambiamenti potrebbero esserci di aiuto per raggiungere l’obiettivo a lungo termine dell’accordo di Parigi sul contenimento dell’aumento della temperatura.
Ogni paese sta cercando di affrontare il virus a modo suo, ma il virus non ha frontiere e con il tasso attuale di un milione di persone che viaggiano ogni giorno, è quasi impossibile tenerlo sotto controllo a lungo termine. L’Italia ne è un buon esempio; mettere il paese in isolamento avrà altri tipi di conseguenze, forse dannose quanto il virus stesso. L’economia italiana dipende fortemente dal turismo e l’isolamento potrebbe mettere migliaia di imprese e lavoratori in immediata difficoltà economica, colpendo istituzioni come banche, agenti immobiliari e agricoltori e continuando ad allargarsi oltre il turismo.
Questa emergenza è una questione globale, poiché i nostri sistemi economici, ecologici, ambientali, energetici, di produzione alimentare, di comunicazione e tecnologici funzionano tutti in struttura.
Viviamo TUTTI sullo stesso pianeta e avremo bisogno di una nuova fase di comprensione, sviluppo e tipo di progetto futuro. Dobbiamo smettere di pensare solo a noi stessi, alla nostra famiglia, al nostro quartiere, al nostro paese. Questo virus va direttamente contro il modo in cui strutturiamo i nostri sistemi sanitari. È ridicolo che qui negli Stati Uniti (N.d.T.) tutti paghino un’assicurazione sanitaria che copre le spese mediche. Un virus non si comporta in questa maniera. Il problema non è solo se si prende il virus, ma cosa accade alle persone prive di un’assicurazione sanitaria sociale che si potrebbero contagiare.
Le conseguenze disastrose della Seconda Guerra Mondiale, che ha devastato gran parte dell’Europa e causato milioni di morti, hanno dato vita alle Nazioni Unite. L’Onu fu fondata per salvaguardare la democrazia, la libertà e la pace all’indomani del nazismo e della Seconda Guerra Mondiale. E il predecessore dell’Onu, la Lega delle Nazioni, è stata creata come diretta conseguenza della Prima Guerra Mondiale.
Come canta John Lennon in “Imagine”, speriamo che in seguito al coronavirus il mondo si unisca per abbandonare tutte le precedenti credenze, dare priorità alla vita e al benessere di ogni essere umano sul pianeta e impegnarsi a usare gli strumenti e il criterio della nonviolenza per progredire verso la costruzione di una Nazione Umana Universale.
Traduzione dall’inglese di Maria Rosaria Leggieri