Apprendiamo dal sito infobaires24.com.ar che domani 3 febbraio il leader peronista Jorge Rachid ha annunciato che inizierà uno sciopero della fame davanti al tribunale per la libertà dei prigionieri politici. La protesta non è diretta al presidente Alberto Fernández, in quanto la questione «non è nelle mani del governo», ma della Corte Suprema di Giustizia.
Rachid, nel suo intervento durante il programma televisivo “The Compass”, ha parlato delle gravi urgenze che il nuovo governo ha ereditato dal precedente, tra cui la crisi del debito estero e l’aumento enorme della povertà e della fame tra le fasce più deboli della popolazione; ha inoltre
sottolineato come il governo si trovi praticamente impotente di fronte allo sfacelo del sistema giudiziario, che ha permesso la morte anticipata di Jorge Timerman, l’occultamento degli omicidi di Nahuel e Santiago Maldonado, e la detenzione illegale di Milagro Sala e di molti lavoratori che avevano avuto l’unica colpa di andare in banca a prendere la loro paga. Ha denunciato l’informazione distorta dei mezzi televisivi che ha presentato queste persone come dei criminali.
Al riguardo prendono posizione anche gli attivisti dell’organizzazione “Primero La Patria” che, dopo la diffusione delle registrazioni audio in cui si rivela l’arbitrarietà della detenzione di Milagro Sala e degli attivisti della Tupac Amaru, in due comunicati annunciano: «Nel corso di questa lotta sosteniamo e accompagniamo lo sciopero della fame guidato dal Dott. Jorge Rachid, medico di Milagro Sala, che, insieme ad altri colleghi, esigerà la libertà non solo di Milagro e degli attivisti sociali di Jujuy che sono incarcerati, ma di tutti coloro che soffrono le conseguenze della persecuzione verso di loro e verso le loro famiglie da più di 4 anni». Inoltre chiedono che, di fronte al mancato pronunciamento del Tribunale, «la Corte Suprema di Giustizia si assuma la responsabilità costituzionale e applichi il Codice di Procedura Penale, liberando i prigionieri politici dell’Argentina, che da anni subiscono l’arbitrarietà imposta dal governo Macri».