Fra una settimana, il 25 Aprile, i pacifisti e, soprattutto, tutti coloro che sono favorevoli al disarmo si riuniranno a Verona, all’Arena di Pace e Disarmo.
E’ un incontro senza se e senza ma, basta leggere l’appello (di cui il sottoscritto è uno dei primi firmatari).
Il nostro Paese, in piena crisi economica e sociale, cade a picco in tutti gli indicatori europei e internazionali di benessere e di civiltà, ma continua ad essere tra le prime 10 potenze militari del pianeta, nella corsa agli armamenti più dispendiosa della storia.
Ne sono un esempio i nuovi 90 cacciabombardieri F35, il cui costo di acquisto si attesta sui 14 miliardi di euro, mentre l’intero progetto Joint Strike Fighter supererà i 50 miliardi di euro; il nostro paese, inoltre, “ospita” 70 bombe atomiche statunitensi B-61 (20 nella base di Ghedi a Brescia e 50 nella base di Aviano a Pordenone) che si stanno ammodernando, al costo di 10 miliardi di dollari, in testate nucleari adatte al trasporto sugli F-35.
Gli armamenti sono distruttivi quando vengono utilizzati e anche quando sono prodotti, venduti, comprati e accumulati, perché sottraggono enormi risorse al futuro dell’umanità, alla realizzazione dei diritti sociali e civili, garanzia di vera sicurezza per tutti.
Gli armamenti non sono una difesa da ciò che mette a rischio le basi della nostra sopravvivenza e non saranno mai una garanzia per i diritti essenziali della nostra vita – il diritto al lavoro, alla casa e all’istruzione, le protezioni sociali e sanitarie, l’ambiente, l’aria, l’acqua, la legalità e la partecipazione, la convivenza civile e la pace; e inoltre generano fame, impoverimento, miseria, insicurezza perché sempre alla ricerca di nuovi teatri e pretesti di guerra; impediscono la realizzazione di forme civili e nonviolente di prevenzione e gestione dei conflitti che salverebbero vite umane e risorse economiche.
Per immaginare e costruire già oggi un futuro migliore è indispensabile, urgente, una politica di disarmo, partendo da uno stile di vita disarmante.
Credo che in poche righe gli estensori materiali dell’appello siano riusciti a sintetizzare alcuni concetti:
– c’è una stridente contraddizione tra dichiarare l’Italia in crisi e lasciarla in testa alla corsa agli armamenti
– un netto rifiuto e denuncia dell’armamento nucleare collegato agli F35
– una netta distanza da qualunque giustificazionismo della guerra come strumento di difesa o di risoluzione delle controversie internazionali
– una opportuna contrapposizione tra l’armamentismo e le vere priorità per tutti gli esseri umani: la salute, l’istruzione, la qualità della vita
– – l’esigenza di disarmarci cioè di abbracciare la coerenza e la nonviolenza a livello interpersonale
Personalmente ritrovo, in questo tentativo, tanti degli elementi, e tante persone, che hanno animato la Marcia Mondiale per la Pace e la Nonviolenza di quattro anni fa.
Trovarsi per condividere, da molteplici punti di vista, questi punti e le conseguenti azioni da intraprendere mi pare una priorità assoluta; a chi dirà che non è con le manifestazioni di un giorno che si risolvono i problemi dell’Umanità rispondo che questo non succede nemmeno restando abbattuti a leccarsi le ferite all’interno della propria casa o del proprio orticello.
Io vado a Verona, senza se e senza ma, per condividere idee, per dibattere delle azioni concrete da fare, per rendere questo 25 Aprile una data di Liberazione del Futuro, un punto di partenza per far sì, come ricordava Zanotelli in una recente intervista su Pressenza, che l’agenda politica e sociale metta il disarmo al centro.
E’ una necessità immediata, un’aspirazione ambiziosa e, soprattutto, quello che chiede il grande popolo della Pace, del Disarmo e della Nonviolenza a noi “addetti ai lavori”. E’ soprattutto a questo popolo silenzioso, a questa sensibilità in crescita tra i giovani che penso quando mi dico che un’azione eclatante come quella dell’Arena è l’azione opportuna in questo momento.
Ci vediamo lì.