Il 15 gennaio scorso, a seguito di un’interrogazione di Riccardo Magi, deputato di +Europa, il Ministro dell’Interno Lamorgese ha risposto che il governo sta valutando una possibile regolarizzazione dei richiedenti asilo: “l’intenzione del governo è quella di valutare le questioni poste dall’ordine del giorno approvato il 23 dicembre scorso“.
Certamente una buona notizia, sempre che questa “sanatoria” vada in porto. L’effetto di questo provvedimento sarebbe quello di far emergere dalle pieghe della clandestinità alcuni migranti. Ma la domanda cruciale è quanti?
Se la regolarizzazione avverrà solo per coloro che già hanno un lavoro, possiamo immaginare che coloro che potranno usufruire della “sanatoria” saranno in pochi, se poi, come in passato, la domanda potrà farla solo il datore di lavoro, ecco che questa sorta di autodenuncia contribuirà a ridurre ulteriormente il numero di coloro che ne potranno beneficiare.
Inoltre se il provvedimento prevederà un costo burocratico per la regolarizzazione, si parla di 200 euro, sarà un ulteriore deterrente per chi vorrebbe ottenere il permesso di soggiorno.
Ad oggi in Italia, entrare regolarmente per poi poter ottenere un permesso di soggiorno è praticamente impossibile, nonostante ci sia una forte domanda di manodopera, inoltre i decreti sicurezza hanno escluso dal circuito degli SPRAR migliaia di richiedenti asilo, i quali sono stati privati di qualunque sostegno e percorso d’integrazione, creando un notevole problema sociale.
Tuttavia nonostante le molte pressioni dell’opinione pubblica, non compare, per ora, nell’agenda del Governo Conte 2, l’abolizione dei decreti del precedente Ministro dell’Interno.
In un mondo ideale la politica dovrebbe essere lo strumento per applicare l’etica alla cosa pubblica: da quanto non sentiamo più pronunciare questa parola?
In una Europa che sembra essere solo più capace di rivolgere lo sguardo al proprio ombelico, l’Europa della esternalizzazione dei confini, dei campi profughi a Lesbo, in Bosnia, per non parlare di Turchia e Libia, forse la parola “etica” dovrebbe cominciare ad essere un mantra di riferimento.
Suggerirei che fosse anche affissa in ogni stanza di tutti gli organismi internazionali che si occupano di immigrazioni.