A volte capita di sentire montare dalle viscere la vergogna di appartenere a una comunità, anche se francamente non ricordo di aver mai provato il pudore di confessare un’appartenenza o un’identità. Ma a volte mi succede di vergognarmi d’essere italiano. Finora il più delle volte mi è successo per un complesso d’inferiorità rispetto a culture che, ad esempio, hanno una considerazione e un rispetto maggiore dei beni comuni oppure di fronte a popoli che avessero una storia segnata da persecuzioni di fronte alla quale il mio Paese avesse taciuto o, ancora peggio, avesse contribuito.
Ma ieri è avvenuto che mi sono vergognato di essere italiano di fronte alla notizia che “un tribunale svizzero ha bloccato l’espulsione verso l’Italia di una donna nigeriana richiedente asilo ritenendo che, in seguito al decreto Salvini, l’Italia non sia più in grado di garantire una adeguata assistenza umanitaria e sanitaria ai migranti”. Si tratta di una sentenza del tribunale amministrativo federale del 17 dicembre scorso.
Che aspettiamo a cancellare l’onta dei cosiddetti “decreti sicurezza”? Dovremo aspettare ancora – rossi in volto – che governi stranieri e tribunali non ci ritengano all’altezza di garantire la cura di chi cerca rifugio e protezione?