Il matrimonio di Stefano Bucci, giornalista del Corriere della Sera, e Giuseppe Chigiotti, architetto, contratto a New York il 6 dicembre 2012 è stato riconosciuto dal Tribunale di Grosseto e trascritto nei registri comunali. La coppia, quindi, è protagonista e vincitrice nella diatriba sulla parità di diritti tra nozze etero e omosessuali.
PARI DIRITTI PER LE NOZZE GAY – Il presidente del Tribunale di Grosseto, Paolo Cesare Ottati, ha sancito la parità legale del matrimonio gay in virtù del fatto che la validità di un matrimonio celebrato all’estero è relata al sistema normativo del paese dove è stato contratto. Questo primo caso, come sottolineato da Claudio Boccini, il legale della coppia, costituisce uno strappo nella consuetudine legislativa italiana: l’iscrizione del matrimonio nei registri comunali evidenzia come nella legislatura non sia presente alcun divieto per le nozze tra persone dello stesso sesso. A dire il vero, nel codice civile, precisa Boccini: «non è individuabile alcun riferimento al sesso in relazione alle condizioni necessarie per contrarre matrimonio».
La decisione del Tribunale grossetano è stata accolta con clamore dalla comunità LGBT perché considerata un punto d’arrivo nella lotta per la parificazione dei diritti. Il caso di Stefano e Giuseppe potrebbe fare da apripista agli altri matrimoni gay contratti all’estero da coppie italiane: secondo il principio giuridico dello stare decisis altri tribunali potrebbero accostarsi alla sentenza che Paolo Cesare Ottati ha reso valida. Questa decisione, dunque, considerata giurisprudenza, potrà essere presa come esempio da tutte quelle coppie che vorranno ottenere il riconoscimento del proprio matrimonio da parte dello Stato italiano.
LA RISPOSTA DELLA CEI – Fortemente contraria la reazione della Conferenza Episcopale Italiana che comunica: «Con tale decisione rischia di essere travolto uno dei pilastri fondamentali dell’istituto matrimoniale, radicato nella nostra tradizione culturale». Il matrimonio, continua la nota, «è unione tra un uomo e una donna, che in forma pubblica si uniscono stabilmente, con un’apertura alla vita e all’educazione dei figli. Il tentativo di negare questa realtà per via giudiziaria rappresenta uno strappo, una pericolosa fuga in avanti di carattere fortemente ideologico».