La Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura definisce la tortura come qualsiasi atto mediante il quale sono intenzionalmente inflitti ad una persona dolore o sofferenze forti, fisiche o mentali, al fine di ottenere informazioni o confessioni, di punirla per un atto commesso, di intimorirla o di far pressione o per qualsiasi altro motivo fondato su qualsiasi forma di discriminazione, qualora tale dolore o sofferenze siano inflitte da un agente della funzione pubblica o da ogni altra persona che agisca a titolo ufficiale, o su sua istigazione, o con il suo consenso espresso o tacito.
Tuttavia, a 40 anni dall’adozione della Convenzione ONU, ratificata oggi da 173 paesi, è stato clamorosamente tradito l’impegno a porre fine a questa pratica.
Nonostante il divieto assoluto e senza eccezioni, la tortura continua ad essere perpetrata in più di 140 paesi al mondo.
La tortura è per esempio un elemento strutturale dell’esperienza migratoria: mentre alcuni studi hanno dimostrato come tra la popolazione migrante e rifugiata, la percentuale di quanti hanno subito tortura oscilli tra il 5% e il 35%, in Italia tale percentuale è certamente superiore perché ricomprende persone che hanno subito tortura nei paesi di transito, in Libia e lungo la rotta balcanica.
Alla luce di tali evidenze e muovendosi nello specifico del contesto italiano, alla fine dello scorso anno dalla collaborazione di Caritas Roma, Ciac, Kasbah, Medici Contro la Tortura, Medici Senza Frontiere, Medici per i Diritti Umani, NAGA e SaMiFo ASLRoma 1 è nata la Rete di Supporto per le Persone Sopravvissute a Tortura (ReSST) che riunisce enti pubblici e privati e ONG che offrono programmi o servizi specializzati per assistere chi ha subito tortura e altre gravi violenze.
La Rete promuove iniziative di informazione e sensibilizzazione sui temi della tortura, delle sue conseguenze di breve e lungo periodo sulle persone sopravvissute e sulle loro comunità, sull’esigenza di rafforzare a vari livelli l’attuazione delle norme e degli standard internazionali contro la tortura e i relativi strumenti di prevenzione, monitoraggio e repressione.
Informare e sensibilizzare sulla tortura e le sue conseguenze, migliorare la disponibilità e la qualità dei servizi per la riabilitazione delle persone sopravvissute a tortura, promuovere attività di ricerca scientifica, formazione e aggiornamento professionale, sono gli obiettivi della rete, unitamente all’esigenza di rafforzare a vari livelli l’attuazione delle norme e degli standard internazionali contro la tortura e i relativi strumenti di prevenzione, monitoraggio e repressione.
La Rete intende inoltre dare visibilità alle buone pratiche avviate in alcuni territori, anche con l’obiettivo di stimolare la piena attuazione delle Linee Guida emanate dal Ministero della Salute nel 2017.
La Rete si propone, infine, di contribuire a migliorare la disponibilità e la qualità dei servizi per le persone sopravvissute a tortura, per garantire loro l’accesso ad adeguati programmi di riabilitazione, per ricostruire la propria vita e il supporto necessario ad ottenere altre forme di sostegno e riparazione.
Per raggiungere questo obiettivo, saranno promosse attività di ricerca scientifica, formazione e aggiornamento professionale, e verranno lanciate iniziative specifiche per avviare nuovi programmi di riabilitazione per le persone sopravvissute su tutto il territorio nazionale.
Oltre agli enti associati, impegnati in servizi diretti per i sopravvissuti alla tortura, fanno parte della Rete, in qualità di osservatori, anche A Buon Diritto, Amnesty International Italia, Antigone e SIMM – Società Italiana di Medicina delle Migrazioni.
Il Comitato di Esperti è composto da Massimiliano Aragona, Cristina Cattaneo, Antonio Marchesi, Mauro Palma, Chiara Peri, Fabio Perocco, Gianfranco Schiavone e Kindi Talia.
Eventi traumatici estremi, come la tortura e la violenza intenzionale, portano a una drammatica frammentazione delle funzioni psichiche di coloro che le subiscono.
Nell’ultimo rapporto di Medici per i Diritti Umani vi sono storie dei sopravvissuti che descrivono con drammatica precisione i luoghi, i perpetratori e le modalità delle violenze che – per esempio – si consumano sistematicamente nel territorio libico, all’interno e fuori dai centri di detenzione e di sequestro.
Violenze che richiamano le gravi responsabilità dell’Italia, dell’Unione europea e dell’intera comunità internazionale e rappresentano un formidabile atto di accusa sulla tragedia che si sta consumando in questi anni sulle rotte migratorie che attraverso la Libia portano all’Europa: https://controlatortura.it/medu-2024-web-report-frammenti/.
Qui per approfondire gli obiettivi e le attività di ReSST: https://controlatortura.it/.