Stamattina dodici persone aderenti a Ultima Generazione hanno attraversato le porte del Tribunale di Padova, imputate per aver partecipato e promosso azioni di disobbedienza civile nonviolenta nel corso del 2022. I reati contestati durante l’udienza predibattimentale sono:

  • 18 T.U.L.P.S. – Manifestazioni non autorizzate
  • 1 del D.L. 22/01/1948 n. 66 – Apologia di reato
  • 76, c.3 D.lgs. 159/2011 – Prevenzione antimafia
  • 340 c.p. – Interruzione di pubblico servizio
  • 518 duodecies c.p. – Degrado di beni culturali o paesaggistici
  • 639 c.p. – Deturpamento e imbrattamento di cose altrui

L’udienza è stata rinviata al 27 maggio alle ore 9.

Durante l’udienza si è tenuto un presidio fuori dal tribunale, con interventi pubblici, microfono aperto, letture e contributi da parte di realtà solidali e soggettività coinvolte, tra cui Legambiente e Rifondazione Comunista.

“La situazione è davvero grave, i mattoni fondamentali che permettono la vita sul pianeta, vengono messi a rischio: gli ecosistemi, la produzione di cibo, il clima. Quindi la scelta di fare delle azioni che sono qui a processo con me, è stata un agire collettivo per tentare di portare, in modo non ignorabile, il messaggio che è tardi. Dobbiamo fare qualcosa, ed i governi che pure hanno promesso di agire se ne stanno dimenticando e continuano a fare il profitto di pochi rispetto al bene di tutti”, ha dichiarato Leonardo, 29 anni, fisico.

Adesso processano noi, i prossimi potreste essere voi

Il processo che ci vede imputati oggi è lo specchio del cosiddetto DDL Sicurezza, inizialmente presentato come disegno di legge: un testo che rappresenta il peggiore populismo penale, pieno di norme incostituzionali e esplicitamente pensato per reprimere il dissenso. Non riuscendo a farlo passare in Parlamento con il dovuto confronto democratico, il governo ha deciso di trasformarlo in un decreto legge – un vero e proprio colpo di mano. Il ministro Piantedosi ha dichiarato che «i tempi si sarebbero prolungati troppo». In altre parole, si è scelto di aggirare il dibattito democratico perché troppo lento rispetto alla fretta di colpire chi protesta.

Con il nuovo decreto, gli operai che si siederanno su una strada per difendere il proprio posto di lavoro da qualche multinazionale che per fare profitto delocalizzerà all’estero potrebbero essere condannati a sei anni di carcere. Anche gli studenti che occuperanno lo spazio all’esterno dell’università per chiedere un reale diritto allo studio, per primo alloggi ad affitti accessibili, andranno incontro alla stessa pena. Chiunque, abitante, attivista, esponente politico, protesterà in un cantiere per la realizzazione di una grande infrastruttura inutile, costosa ed impattante, come ad esempio il ponte sullo Stretto, potrebbe essere condannato fino a vent’anni di carcere.

La vera emergenza è quella di un governo autoritario e poliziesco

Come ha ricordato più volte la Corte Costituzionale, il decreto legge è uno strumento eccezionale, da usare solo in caso di reale necessità e urgenza. È un principio chiaro: se non c’è un’emergenza, il decreto non è legittimo. E allora ci chiediamo: qual è l’urgenza? Quale minaccia imminente giustifica l’imposizione, senza confronto democratico, di misure così repressive? La realtà è che l’unica urgenza del governo è zittire il dissenso. Questo decreto è l’ennesimo atto di asservimento e annichilimento del Parlamento, ridotto sempre più a semplice spettatore. È un uso distorto e pericoloso della legge, che svuota la democrazia mentre finge di rispettarla. Non serve immaginare un ritorno al passato: l’autoritarismo oggi passa anche per strade “legali”, usando strumenti apparentemente legittimi per limitare spazi di libertà e confronto.

Noi continueremo nella resistenza civile

Stanno riscrivendo le regole del gioco per silenziare chi alza la voce contro l’ingiustizia, ma noi non ci stiamo. Chiediamo al Presidente Mattarella di non cedere alle pressioni della Meloni e di cassare questo decreto legge nella sua interezza. La nostra raccolta firme, che ha raggiunto le 91.000 adesioni, e la partecipazione alle manifestazioni in tutta Italia sono un chiaro segnale di come il Paese non voglia piegarsi a leggi ingiuste.

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