Donald Trump si è svegliato stamattina con dichiarazioni folli, affermando che le terre tolte ai bianchi dopo la fine dell’apartheid in Sudafrica dovrebbero essere restituite ai loro vecchi proprietari.

Ma Trump e il suo “amichetto” Elon Musk sembrano aver dimenticato un dettaglio fondamentale: le terre espropriate sotto il governo di Nelson Mandela non erano semplici appezzamenti agricoli, ma miniere che i bianchi avevano confiscato durante il regime dell’apartheid. E proprio Mandela, dopo la concessione dell’amnistia, ha permesso alla famiglia Musk dal padre fino a Elon di portare negli Stati Uniti le ricchezze accumulate illegalmente sotto l’apartheid, contribuendo a fare di Elon l’uomo più ricco del mondo.

Si tratta di beni appartenenti allo Stato, trasformati in proprietà privata attraverso il saccheggio coloniale. Tra questi, il celebre diamante Emerald Star, parte delle pietre preziose estratte dalle miniere di smeraldi che il padre di Musk, Errol Musk, possedeva tra Sudafrica e Zimbabwe. Oltre agli smeraldi, Errol Musk commerciava anche in cromo, un minerale fondamentale per la produzione dell’acciaio inossidabile e di altre leghe industriali.

La risposta del presidente sudafricano, Cyril Ramaphosa, a Trump non si è fatta attendere:

“A noi non importa nulla dei tuoi dazi. Tanto non esportiamo nulla negli Stati Uniti. Siete voi che venite a comprare le nostre risorse. Se questi sono i toni, abbiamo altri partner più civili ed educati a cui vendere i nostri prodotti, dall’Europa alla Cina.”

Nel frattempo, la presidente della Namibia, Netumbo Nandi-Ndaitwah, neoeletta il 21 marzo e anch’essa coinvolta nella polemica, ha risposto a Elon Musk con parole taglienti:

“La lezione di civiltà puoi darla a chiunque, tranne a noi. Perché tuo nonno, arrivato dal Canada, e tua nonna, tedesca e nazista, non solo hanno occupato il Sudafrica e lo Zimbabwe, ma hanno anche contribuito economicamente e militarmente al primo genocidio del XX secolo in Namibia, finanziando le truppe tedesche. La resistenza fu massacrata barbaramente: centinaia di migliaia di donne e bambini furono lasciati morire nel deserto del Kalahari dalle truppe tedesche, mentre le scorte di cibo venivano bruciate o avvelenate e i pozzi d’acqua contaminati.”

Ma la presidente namibiana non si è fermata alle parole: ha revocato tutte le agevolazioni fiscali alle aziende americane in Namibia e ha imposto l’obbligo di visto per i cittadini statunitensi. Ha inoltre avvertito che chiunque venga trovato nel Paese senza visto verrà trattato esattamente come Trump sta trattando gli immigrati negli Stati Uniti.

Chi l’avrebbe mai detto? Oltre a una lezione di storia, stanno arrivando anche sonori schiaffi economici.

 

Soumaila Diawara – attivista politico maliano rifugiato in Italia e autore di poesie.