Attraverso la lente della logistica siamo in grado di osservare un territorio e le sue trasformazioni collocandoli in un contesto globale. La logistica richiama alla mente immagini di velocità, movimento e di flussi, ma è necessario non concepire lo spazio all’interno del quale le merci e le persone si muovono come totalmente liscio, bensì striato, poiché parlare di logistica significa analizzare e sottolineare la centralità delle infrastrutture radicate nel territorio, che rendono lo spazio estremamente complesso. Ragionare in termini logistici ci permette da un lato di analizzare contesti ampi e regioni spaziali di grande scala, in cui hanno luogo operazioni di diversa natura, e dall’altro ci permette anche di comprendere a fondo le dinamiche di una piccola sezione di territorio. È dunque interessante prendere in considerazione l’area delle Marche, nello specifico della provincia di Ancona, dal momento che è una porzione di territorio le cui trasformazioni rispondono a processi già avviati in diverse parti di mondo, che permettono di ragionare su diversi aspetti fondamentali. Questa operazione consente ad esempio di osservare le configurazioni e le riconfigurazioni spazio-temporali del potere locale e le relazioni tra le persone presenti nel territorio, nonché come l’ambiente ed il lavoro ne risentono. È per questo che di seguito si procederà a prendere in considerazione le caratteristiche e le implicazioni di quella che negli studi è stata denominata la trasformazione logistica del territorio1, collocandola poi in un’area specifica.

La logistica che modifica la produzione

Lo sviluppo fulmineo della logistica ha radicalmente modificato l’ambito della produzione, rendendo più fluido il confine tra la sfera della produzione e quella della circolazione. Il momento della circolazione oggi impatta in positivo sulla determinazione del valore del prodotto finito e non costituisce più solamente un costo da abbattere attraverso la sua velocizzazione, bensì una risorsa attraverso la quale è possibile aumentare il valore del prodotto; la lavorazione logistica delle merci, ovvero la dislocazione di diverse aziende in grado di elaborare semilavorati lungo le reti logistiche, permette infatti l’estrema velocizzazione del ciclo di produzione e di distribuzione. La produzione si scompone lungo le diverse catene globali del valore; la produzione di un bene o di un servizio si distribuisce infatti a livello internazionale, coinvolgendo più Paesi e attori in base ai loro vantaggi competitivi, come ad esempio il costo della manodopera, le competenze tecnologiche e l’accesso alle risorse. A differenza delle tradizionali catene di approvvigionamento, dove un prodotto era realizzato interamente in un singolo Paese, oggi le imprese frammentano il processo produttivo in più fasi, localizzandole dove è più conveniente.

Questo è stato possibile nel tempo attraverso la cosiddetta rivoluzione logistica, ovvero la trasformazione radicale interna alla gestione delle supply-chain guidata da evoluzioni tecnologiche e nel campo della gestione dei flussi. La diffusione del container negli anni ‘60 e ‘70 e successivamente le strategie, sia temporali che spaziali, che puntavano alla diminuzione massima dell’utilizzo dei magazzini hanno permesso la riduzione drastica di tempi e costi del trasporto, soprattutto quello marittimo. Lo sviluppo del Just in time (JIT), ovvero di quella strategia che punta a ridurre al minimo le scorte di magazzino attraverso l’arrivo dei materiali proprio nel momento in cui servono, e del Point of Use Delivery, che si riferisce alla consegna dei materiali nel punto dove sono necessari, accompagnati alla digitalizzazione dell’industria e all’implementazione al suo interno dell’uso dell’intelligenza artificiale, hanno radicalmente cambiato il modo di concepire la produzione. Produrre quando serve e dove serve ha ancora una volta l’obbiettivo di abbattere i costi e ridurre gli sprechi, di aumentare al massimo la produttività e di abbassare di molto i costi fissi, attraverso la diminuzione dei magazzini e del personale.

Queste trasformazioni radicali e il potenziamento della logistica sono state dettate, oltre che dall’esigenza degli attori capitalistici di abbattere i costi, dall’esigenza impellente di rispondere alla pressione e all’organizzazione dei lavoratori che iniziava a diventare più importante a partire dalla seconda metà del secolo scorso e che rischiava di mettere in serio pericolo il profitto di molti proprietari di grandi e piccole aziende, immaginando un sistema economico differente. Attraverso la precarizzazione e la frammentazione del lavoro il costo della manodopera si abbassa e si riesce nell’impresa di impedire quanto più possibile l’organizzazione sindacale; il modello JIT permette infatti di reagire velocemente nel caso in cui un sito produttivo diventi eccessivamente conflittuale attraverso la sua delocalizzazione, mentre il Point of Use Delivery, che si regge su lavoratori autonomi-fittizi, spesso migranti e dunque più ricattabili, consente ai datori di lavoro, nella maggior parte dei casi piattaforme digitali, di guadagnare senza garantire i diritti minimi ai lavoratori.

Produzione e logistica nelle Marche

Se si restringe il campo di osservazione sulla porzione di territorio che ci interessa, emerge che la rivoluzione logistica ha trasformato radicalmente il tessuto produttivo delle Marche, una regione storicamente caratterizzata dalla presenza di piccole e medie imprese, distretti industriali e una forte vocazione manifatturiera, soprattutto nel campo calzaturiero, dei mobili e della meccanica. Se in passato la produzione marchigiana era principalmente orientata al mercato locale e nazionale, oggi, grazie al suo inserimento all’interno delle catene globali del valore, molte piccole e medie aziende esportano componenti o prodotti finiti verso mercati esteri e sono in grado di applicare i modelli produttivi e distributivi visti precedentemente. Attraverso l’utilizzo dell’e-commerce, l’utilizzo di piattaforme online come Amazon e della logistica dell’ultimo miglio, diverse grandi aziende di abbigliamento o di arredamento, come ad esempio Tod’s, Lube o Scavolini, sono riuscite a espandersi, con consegne dirette al cliente in tutta Europa, mentre diverse altre grandi aziende, soprattutto nel campo degli elettrodomestici, come ad esempio Indesit (ex Merloni, ora parte di Whirpool) e Ariston, entrambe con sede principale a Fabriano, hanno delocalizzato la produzione in Cina o nell’Est Europa per diminuire i costi. Osservando a livello microscopico la trasformazione della produzione e della logistica delle Marche, si osserva quindi una riproduzione su piccola scala delle trasformazioni avvenute a livello globale.

Ma che cosa ha garantito la possibilità di espansione e la modificazione della produzione alle aziende marchigiane? In che modo le Marche sono connesse alle reti globali?

Il porto di Ancona rappresenta sicuramente l’infrastruttura più importante nella rete logistica della regione Marche. L’economia del mare nelle Marche vale oggi 5,4 miliardi di euro, rappresentando il 19% dell’interscambio manifatturiero regionale, con una crescita del 27% rispetto al 2018. Il porto di Ancona nel 2024 ha movimentato 9,5 milioni di tonnellate di merci: il 43% è traffico Ro-Ro2 (oltre 4 milioni di tonnellate), seguito da prodotti petroliferi (4,1 milioni) e container (1,1 milioni)3. L’Asia orientale assorbe il 26% degli scambi via mare, mentre la Francia è il primo mercato d’export (623 milioni di euro, +11,8% nel 2023). Ancona è nodo cruciale per i corridoi europei (TEN-T) scandinavo-mediterraneo e baltico-adriatico: nella tratta per Igoumenitsa (Grecia) transitano 1.490 tir ogni due mesi, provenienti principalmente da Italia (27%), Germania e Spagna. Proprio l’inserimento all’interno dei corridoi europei rappresenta la connessione delle infrastrutture marchigiane con il resto del territorio europeo e dunque con le reti globali: l’autostrada A14 e la ferrovia adriatica costituiscono la linea di collegamento tra il Nord e il Sud dell’Europa, e nelle Marche avviene lo smistamento per i distretti produttivi sopra analizzati.

Il porto tuttavia non è l’unica infrastruttura presente sul territorio: anche l’Interporto costituisce un hub strategico per il trasporto e la distribuzione delle merci, in quanto è situato nel centro Italia, vicino al porto di Ancona e all’aeroporto di Falconara Marittima, collegato alla rete autostradale e ferroviaria e orientato all’intermodalità, ovvero la possibilità di connettere diverse modalità di trasporto per spostare le merci. L’Interporto Marche Multimodal di Falconara Marittima movimenta circa 500.000-600.000 tonnellate di merci l’anno, con un traffico dominato dalla gomma, per circa l’80% del totale.

1Per uno sguardo critico sulla logistica: A. Tsing, Supply Chains and the Human Condition. Rethinking Marxism, 21(2), 2009, pp. 148–176, https://doi.org/10.1080/08935690902743088; Deborah Cowen, The Deadly Life of Logistics: Mapping Violence in Global Trade, Minneapolis, University of Minnesota Press 2014.

2 Roll-on, Roll-off, un termine con cui si indica una tipologia di nave nella quale i veicoli stessi entrano ed escono con i propri mezzi senza che siano necessari gru o elevatori.

3https://www.porto.ancona.it/it/news/il-porto-di-ancona-come-polo-di-sviluppo-strategico-del-territorio