L’Associazione Luca Coscioni rende nota la decisione del Tribunale di Trieste del 25 marzo. che non accoglie la richiesta di Martina Oppelli, triestina malata di sclerosi multipla da oltre 20 anni, di ordinare all’azienda sanitaria ASUGI di adeguarsi al costituzionale in relazione all’interpretazione del trattamento di sostegno vitale. Secondo i medici e il Tribunale, dunque, Martina non dipende da trattamenti di sostegno vitale quindi non ha diritto ad accedere al “suicidio assistito” in Italia.
Infatti, a seguito della sentenza 135 della Corte costituzionale dello scorso luglio, che ha stabilito che il concetto di trattamento di sostegno vitale deve comprendere anche l’assistenza di caregivers e non sia dunque limitato a supporti meccanici o farmacologici, il Tribunale di Trieste aveva ordinato all’ASUGI, entro 30 giorni, di procedere a una nuova valutazione delle condizioni di Martina. Nonostante le chiare evidenze del peggioramento della sua salute, l’azienda sanitaria ha prodotto una relazione che, pur prendendo atto del peggioramento e pur riconoscendo la necessità di trattamenti vitali come l’uso della macchina della tosse, l’assistenza per le funzioni biologiche quotidiane e l’assunzione di una corposa terapia farmacologica, ha concluso che questi non costituiscono un “trattamento di sostegno vitale” e che dunque Martina non ha diritto di accedere alla morte volontaria, con una interpretazione dunque non conforme al dettato costituzionale.
Martina Oppelli, tramite i suoi legali coordinati dall’ avv. Filomena Gallo, Segretaria nazionale dell’Associazione Luca Coscioni, ha impugnato il nuovo diniego, chiedendo al giudice di Trieste di ordinare all’ASUGI di conformarsi alla sentenza costituzionale, riconoscendo il suo diritto di accedere alla morte assistita. Il Tribunale, ha però rigettato le richieste, prendendo atto di una valutazione effettuata da medici specializzati.
Dichiara Martina Oppelli: “Non sono una giurista, ma trovo offensiva sia nei miei confronti che in quegli degli Enti pubblici che mi erogano i sussidi necessari e indispensabili per coprire le spese assistenziali, la parte in cui (ndr: nella decisione di Trieste) si asserisce che l’assistenza è finalizzata alla mera cura della persona. Avendo una invalidità certificata del 100% con gravità riconosciuta ai sensi della legge 104, mi chiedo dunque se le commissioni esaminatrici non si siano sbagliate. Come faccio io, totalmente immobile, a mangiare, a bere, ad assumere farmaci nelle 24 ore, poiché necessito di antiepilettici anche la notte? Chi mi schiaccia la pancia fino a frullarla per riuscire ad espletare i bisogni fisiologici? Chi mi lava? Chi mi cambia i presidi per l’incontinenza? Chi si spezza la schiena per riuscire a piegarmi anche solo una gamba o per mettermi a letto o a sistemarmi sulla carrozzina? Chi mi accende il computer per poter accendere i comandi vocali indispensabili per lavorare? Evidentemente io sono qui “a pettinare le bambole”, citando Bersani”.
“Questo rigetto – spiega l’avv. Filomena Gallo – evidenzia che sia i medici del Servizio sanitario nazionale – ASUGI – sia la Giudice di Trieste non ritengono la decisione della Corte costituzionale vincolante. Il difensore di Asugi, in udienza lo scorso gennaio, ha evidenziato che la sentenza 135/2024 della Consulta, essendo di rigetto, non è vincolante per i medici che hanno eseguito le nuove verifiche della condizione di Martina. E’ per questo che martedì scorso, durante l’udienza in Corte costituzionale sul caso di Elena e Romano, abbiamo chiesto alla Corte anche di ribadire l’interpretazione del concetto di trattamento di sostegno vitale ai fini dell’accesso al suicidio assistito con una sentenza di accoglimento, che possa vincolare aziende sanitarie e tribunali al suo rispetto e in questo caso al rispetto della scelta di Martina Oppelli. Sono trascorsi quasi 2 anni dalla richiesta di Martina, tra peggioramenti dello stato di salute e sofferenze, oggi è esausta, vorrebbe procedere con il suicidio assistito in Italia”.
Approfondimento: La vicenda di Martina Oppelli.
La vicenda di Martina Oppelli è iniziata il 1 gosto 2023, quando, a causa del progressivo peggioramento delle sue condizioni dovuto alla sclerosi multipla, ha chiesto l’assistenza al suicidio medicalmente assistito, legale in Italia alla presenza di quattro requisiti (la persona deve essere capace di autodeterminarsi, essere affetta da patologia irreversibile, che tale patologia sia fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che la persona reputa intollerabili e che sia dipendente da trattamenti di sostegno vitale)
L’azienda sanitaria aveva già negato a Martina Oppelli l’accesso alla morte assistita in quanto, secondo la prima relazione di qualche mese fa, la terapia antalgica, anticoagulante, antitrombotica, le cure palliative, l’assistenza continuativa di terze persone per svolgere qualsiasi tipo di attività inclusa l’alimentazione e l’idratazione e il ricorso a farmaci broncodilatatori non costituivano trattamenti di sostegno vitale.
Visto l’evidente e inevitabile peggioramento delle condizioni di Martina Oppelli, affetta da sclerosi multipla progressiva e dunque da malattia degenerativa, il Tribunale di Trieste aveva ordinato all’ASUGI di rivalutare entro trenta giorni le condizioni di Oppelli, che nel frattempo era diventata dipendente dalla cosiddetta macchina della tosse, ovvero un dispositivo che elimina le secrezioni bronchiali che altrimenti le causerebbero strozzamento e soffocamento. Tuttavia, a seguito dell’ ordine del tribunale, l’ASUGI ha confermato il suo rifiuto, basandosi su una relazione che fotografa il peggioramento di Martina Oppelli ma che effettua una interpretazione che sminuisce il ruolo dei trattamenti di cui Martina dipende quotidianamente.
Martina è paralizzata, muove gli occhi e riesce ancora a parlare ma con enorme sforzo.