Secondo una recente dichiarazione del portavoce della Commissione europea per gli Affari interni, Markus Lammert, sui nuovi centri per il rimpatrio italiani in Albania, “la legislazione nazionale italiana si applicherebbe a questi centri, come è stato finora per l’asilo. In linea di principio, ciò è conforme al diritto dell’Ue. Continueremo a monitorare l’attuazione del protocollo nella sua nuova versione e a rimanere in contatto con le autorità italiane”. Tutto ciò implica solo che la Commissione riconosce la giurisdizione italiana, ma non comporta alcun riconoscimento della ipotesi di trasferire nel CPR di Gjader, immigrati irregolari già presenti in Italia e destinatari di un provvedimento di allontanamento forzato.

 

Lo stesso portavoce aggiunge:  “per quanto riguarda le soluzioni innovative, abbiamo dichiarato di essere pronti a esplorarle, sempre nel rispetto degli obblighi previsti dal diritto dell’Ue e internazionale, nonché dei diritti fondamentali”. Pertanto, una “esplorazione” che non significa approvazione di un modello di detenzione al di fuori dell’Unione europea che potrebbe risultare in contrasto con diverse disposizioni vincolanti del diritto euro-unionale, oltre che con i principi della Costituzione italiana.

 

Il portavoce Lammert afferma il falso quando fa riferimento ad una “nuova versione del Protocollo”, perché un decreto legge non può modificare un accordo internazionale, senza il consenso di entrambe le parti che lo hanno stipulato.

 

Quando dalla Commissione europea si afferma che al CPR di Gjader in Albania si applicherà “la normativa nazionale” si mente, con la consapevolezza di mentire, per fornire una sponda al governo Meloni, perché la “normativa nazionale” in materia di immigrazione e asilo, per effetto dei Trattati e della Costituzione italiana (art.117 Cost.), è fonte subordinata rispetto al diritto dell’Unione europea che disciplina la stessa materia.

 

La dichiarazione del portavoce Lammert contrasta con quanto dichiarato dal Commissario europeo agli affari interni ed alle migrazioni Brunner appena due mesi fa. Secondo Brunner, «quando estendono l’applicazione delle disposizioni di diritto nazionale che attuano il diritto dell’Unione a situazioni che esulano dall’ambito di applicazione di quest’ultimo, gli Stati membri devono farlo in modo da non compromettere o eludere l’applicazione delle norme armonizzate o degli obblighi da esso previsti».

 

Quanto ricordato sopra dal  Commissario europeo è esattamente quello che succederà quando il governo italiano, in forza del nuovo decreto legge “Albania”, trasferirà nel centro per i rimpatri (CPR) di Gjader immigrati irregolari, destinatari di un provvedimento di allontanamento forzato e già detenuti all’interno di un CPR in territorio italiano.

 

Il rispetto della vigente direttiva 2008/115/CE sui rimpatri rimane comunque ineludibile, come l’art.47 sui diritti di difesa garantiti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Allo stesso tempo andrà salvaguardato il diritto di chiedere asilo riconosciutoddalla normativa UE anche ai migranti irregolari in stato di trattenimento pre-espulsivo.

 

Le scelte del governo Meloni sulla riconversione del “modello Albania”, piuttosto che risultare esempio da seguire a livello europeo, rischiano di creare un gravissimo precedente “nazionale” che potrebbe ritardare persino l’attuazione uniforme dei Regolamenti che dovranno essere introdotti sulla base del Patto UE sulla migrazione e l’asilo dello scorso anno. Non a caso l’Italia non ha presentato nei termini previsti il Piano nazionale per l’attuazione dei nuovi Regolamenti previsti dal Patto UE. Il nuovo Regolamento sui rimpatri è ancora allo stato di progetto e non entrerà in vigore prima del 2027. La Commissione europea, al di là del suo schieramento politico, dovrebbe dare priorità inequivocabile all’adempimento del ruolo di garante dei Trattati.

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