Le proteste in Serbia continuano a imperversare. Sono state particolarmente ferventi anche quelle del 29 e del 30 marzo, ma sicuramente, quelle di sabato 15 marzo resteranno nella storia: la più grande manifestazione di protesta mai vista in Serbia. Più di 300.000 cittadini, secondo le stime più prudenti, ma alcune fonti parlano anche di 800.000, sono scesi in piazza per sostenere le richieste degli studenti. Con il motto “15 per 15”, che sottolineava l’importanza di rispondere alle richieste studentesche in modo deciso e tempestivo, la protesta ha rappresentato non solo un atto di dissenso contro il governo di Aleksandar Vučić, ma anche un’espressione di speranza e determinazione per una Serbia diversa.

Il ruolo cruciale degli studenti

Gli studenti di Belgrado hanno portato avanti una battaglia quasi impossibile, in un contesto in cui l’impegno civico sembrava non trovare spazio in un panorama politico dominato da un governo autoritario. La loro protesta ha avuto inizio mesi prima del grande evento, e per settimane hanno organizzato cortei, fornito supporto logistico, e garantito la sicurezza dei manifestanti. L’organizzazione meticolosa ha permesso lo svolgimento dell’evento senza gravi incidenti, sebbene non fossero mancate le provocazioni e le difficoltà imposte dalle autorità, che hanno cercato in ogni modo di dissuadere i cittadini dal partecipare.

Gli studenti hanno mantenuto il carattere pacifico della manifestazione, sottolineando che non si trattava di un “giorno fatidico” per la caduta del regime, ma piuttosto di una richiesta legittima nei confronti delle istituzioni, affinché queste iniziassero a funzionare per il bene del Paese. Questo messaggio, che mirava a sensibilizzare l’opinione pubblica sulla necessità di un governo più responsabile, è stato ascoltato da centinaia di migliaia di cittadini che hanno risposto all’appello.

Una protesta imponente e organizzata

Il 15 marzo Belgrado si è trasformata in una capitale vibrante di energia. Gli studenti sono giunti da tutta la Serbia, organizzando un corteo che ha attraversato la città, accolti con applausi e ovazioni dalla folla. Nonostante il tentativo delle autorità di ostacolare gli arrivi, la partecipazione è stata straordinaria. La capitale è stata paralizzata dal flusso di manifestanti, che hanno riempito le strade sin dalle prime ore del mattino, e la manifestazione ha raggiunto il suo culmine nel pomeriggio, quando piazza Slavija è stata invasa da una marea di persone. La potenza del movimento studentesco è stata evidente, e in quel momento sembrava che la Serbia stesse vivendo una rinascita civica.

Gli incidenti e la repressione del governo

Tuttavia, nonostante la determinazione pacifica dei manifestanti, la manifestazione non è stata priva di tensioni. Durante la giornata sono scoppiati alcuni scontri tra gruppi di manifestanti e il blocco “studenti 2.0”, che non aveva alcuna connessione diretta con gli studenti organizzatori. Le forze di polizia, pur essendo in massiccia presenza, non sono intervenute per calmare la situazione, lasciando gli studenti a gestire l’ordine in autonomia. Questo ha spinto molti studenti a rimuovere i gilet gialli, simbolo della sicurezza, segnando la fine ufficiale della protesta.

La protesta si è conclusa prima del previsto in un’atmosfera di incertezze e domande, con molti manifestanti che si sono interrogati sull’uso di un misterioso suono, che ha causato il panico tra i partecipanti. Le speculazioni sul possibile impiego di un “cannone sonico” da parte della polizia hanno fatto emergere ancora una volta la tensione tra il governo e i cittadini. Sebbene le autorità abbiano negato l’uso di tale dispositivo, molti analisti e membri dell’opposizione hanno sottolineato la gravità di un simile episodio e la necessità di un’indagine indipendente.

La risposta del governo e le future sfide

La risposta del presidente Vučić alla protesta è stata ambigua: pur riconoscendo la portata della manifestazione e la rabbia della popolazione, ha minimizzato la sua portata politica, tentando di sminuirne l’efficacia. Vučić ha insistito sul fatto che la protesta non rappresentava una vera minaccia al suo governo, ma ha anche promesso di “imparare dalle critiche” e di cambiare in futuro. La sua dichiarazione, tuttavia, non ha convinto molti, che vedono nel suo regime un esempio di centralismo autoritario e di repressione delle libertà civili.

Le reazioni dei cittadini e degli studenti, tuttavia, sono state chiare: non si tratta di una protesta isolata, ma di una continua spinta per il cambiamento. Le manifestazioni non si sono fermate e, anzi, si sono intensificate in altre città serbe come Novi Sad, dove gli studenti hanno lanciato nuovi blocchi e sit-in in solidarietà con i manifestanti di Belgrado.

La lotta contro la corruzione e il ruolo dei media

Le proteste studentesche non si limitano solo a una richiesta di democrazia e libertà civili. C’è un forte impegno contro la corruzione dilagante che coinvolge l’élite politica e imprenditoriale del Paese. In particolare, i manifestanti hanno accusato i media filogovernativi, come Informer TV, di diffondere disinformazione e propaganda contro di loro. I media indipendenti, infatti, sono stati costantemente sotto attacco, con giornalisti e attivisti perseguitati o minacciati per il loro impegno nel raccontare una realtà diversa da quella imposta dal governo.

Il 15 marzo 2025 ha segnato un momento cruciale nella storia recente della Serbia. Gli studenti, nonostante le difficoltà e le intimidazioni, hanno dato voce a milioni di cittadini che si sentono emarginati da un sistema politico che non li rappresenta. La loro organizzazione e la loro determinazione sono state un esempio di speranza per un futuro migliore, non solo per loro, ma per tutta la società serba. Le proteste potrebbero non aver prodotto immediati cambiamenti politici, ma hanno mostrato che la Serbia ha ancora la capacità di resistere, di lottare per la verità e la giustizia, e di sperare in un domani diverso.