Condividiamo il comunicato del collettivo studentesco Scuola di Carta nel quale viene denunciata la partecipazione di circa cinque classi a un incontro sul tema del cyberbullismo tenuta da due agenti di polizia “in divisa e con la pistola addosso”, a fine mese di marzo. Dal comunicato emerge che durante l’incontro sono stati diretti rimproveri poco appropriati, commenti razzisti, un atteggiamento di sfiducia e cinismo nei confronti della nuova generazione. Questo comunicato, leggiamo, «è un atto di riappropriazione dei luoghi che il governo sta cercando di svuotare».
Gli studenti e le studentesse si sono sentiti umiliati e impossibilitati a reagire perché subordinati/e dal loro status e denunciano fortemente quanto successo, insieme al fatto che il corpo docenti e la presidenza non si sono espressi in merito ad atti di razzismo interni all’istituto.
L’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università ringrazia il collettivo Scuola di Carta per avere evidenziato l’accaduto. Con la descrizione dei fatti e dei sentimenti provati dagli studenti e dalle studentesse conferma la nostra opinione, e cioè che l’ingerenza di corpi militari all’interno degli spazi della formazione civile sia fuori luogo e dannosa.
Maria Pastore, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
[LIVORNO] COMUNICATO SU QUANTO SUCCESSO IL 27/02 AL’ISIS NICCOLINI PALLI
Quello che è successo il 27 Marzo al liceo Niccolini Palli è aberrante e contro ogni tipo di lezione educativa che si potrebbero svolgere nelle scuole di cui gli istituti italiani avrebbero tanto bisogno. Come in molte scuole d’Italia, ogni anno vengono riproposti progetti tenuti dalle forze dell’ordine, ed ogni anno si traducono in nessun tipo di formazione, oppure, come in questo caso, addirittura in abuso e umiliazione per gli studenti.
Ma cosa è successo?
Due poliziotti, durante la mattinata scolastica, hanno tenuto in aula magna una presentazione sul tema del “cyberbullismo”, il tutto in divisa e con la pistola addosso. Già di per sé, è assurdo che un tema così delicato venga trattato da un poliziotto che ha solo competenze di indagine sul fatto, piuttosto che da chi col proprio lavoro cerca di aiutare i ragazzi in queste dinamiche dal punto di vista emotivo, come uno psicologo. Ma non finisce qua.
L’aula era piena di studenti (circa cinque classi).
Quello che i poliziotti hanno presentato è stato uno scenario di razzismo, generalizzazioni su temi delicati, body shaming e totale incapacità di comunicare o interagire con gli studenti.
Un ragazzo nero è stato chiamato “Lukaku”; il ragazzo voleva rispondere ad una domanda data dal poliziotto agli studenti, appena il poliziotto si è avvicinato ha deriso lo studente e dopo ciò gli studenti hanno iniziato a parlare tra di loro e dopo il poliziotto ha affermato una frase orrenda del tipo: “sentiamo cosa ha da dire lukaku” così umiliando lo studente che non la ha presa affatto bene.
Da studenti siamo totalmente inorriditi da cosa è successo. Nonostante l’accaduto i professori non hanno detto una singola parola, e la presidenza non si è espressa in merito.
Ma le forze dell’ordine non si sono fermate ai commenti razzisti, non sono mancati: rimproveri mal formulati e poco appropriati; un atteggiamento di sfiducia e cinismo nei nostri confronti e nella nuova generazione che rappresentano gli studenti stessi; gesti e simulazioni completamente fuori luogo per un pubblico di giovani.
Tutto ciò mette in luce l’incoerenza di come le forze dell’ordine siano assolutamente inadatte a questo tipo di presentazioni, anzi, nell’aria c’era un clima di tensione e disprezzo da parte loro con gli studenti che si sono sentiti umiliati e impossibilitati a reagire perché subordinati dal loro status. In quanto studenti denunciamo fortemente quanto successo, insieme al fatto che il corpo docenti e la presidenza non si sono espressi in merito ad atti di razzismo interni all’istituto.
Nessuna novità, solo tanto tanto disprezzo e rabbia verso questi comportamenti abusanti e inappropriati.
I veri progetti che vanno introdotti nelle scuole sono di educazione sessuale, educazione affettiva, di sensibilizzazione ambientale, anche volendo sul tema del bullismo o su come gestire le piattaforme social, ma non dare in mano questo compito al corpo di polizia che come vediamo bene non ha le competenze adatte per questi argomenti così delicati. Anzi, ciò crea danni maggiori di quelli che un’adolescente ad oggi si porta a carico, o comunque, sicuramente non esce arricchito da questi incontri, ma anzi, umiliato e deriso.
COLLETTIVO STUDENTESCO SCUOLA DI CARTA