In questi giorni Franco Russo è stato affettuosamente ricordato come padre dell’ambientalismo siciliano. Questa definizione riconoscente implica naturalmente che prima di lui e insieme a lui c’erano state delle nonne e dei nonni, che si chiamavano fra gli altri Vittorio E. Orlando, Giuseppe Bellafiore, Silvano Riggio; e degli zii come Bruno Massa, Attilio Bresci, Bruno Ragonese, Andrea Di Martino, Raffaele Ercoli.
Noi al WWF conoscemmo Franco Russo improvvisamente e pubblicamente, ad una nostra assemblea in un’aula della facoltà di Scienze in via Archirafi, che era stata organizzata per contrastare il proposito di realizzare un poligono militare sui Nebrodi. Lui partecipava come dirigente dell’Azienda Foreste demaniali, e gli toccò sentire un intervento su come già i Nebrodi fossero abbastanza devastati dalle piste carrozzabili; alcune delle quali realizzate proprio dall’Azienda Foreste, ed altre dai proprietari dei terreni.
Franco conosceva quel territorio, perché come funzionario dell’Azienda aveva avuto il compito di discutere con gli allevatori locali il problema dei pascoli, dei demani e degli incendi. Inaspettatamente e coraggiosamente, non fece una difesa preconcetta delle strade forestali; dichiarò invece il suo interesse, e ci invitò all’ufficio per guardare insieme le carte topografiche dei Nebrodi. Così nacque la nostra amicizia e la nostra collaborazione in difesa della Natura siciliana.
Il tratto principale di Franco Russo nell’impegno civile era il rifiuto assoluto della ”appartenenza”, e la pratica costante di esprimere con la massima onestà intellettuale il suo pensiero. Da questo primo incontro nacque dapprima il suo avvicinamento al WWF e poi la sua militanza attiva, ma senza incarichi; solo vent’anni dopo infatti accettò la carica di presidente della delegazione del WWF in Sicilia.
Perché Franco aveva quel carisma che tutti gli riconoscono? Anzitutto, perché era competente: aveva fatto gli studi e i tirocini giusti – in Italia e all’estero – per il ruolo che aveva nell’Amministrazione Regionale siciliana. Poi perché per la difesa attiva della Natura aveva una strategia semplice e chiara, che ogni persona o organizzazione poteva capire e valutare; poteva aderire e impegnarsi, oppure sentirsi estraneo. Infine, perché ispirava la fiducia che, mettendosi d’impegno, quella strategia si poteva realizzare.
Era una fiducia ben riposta, perché Franco era un uomo pragmatico, nel senso di quel proverbio che si usa nella sua città natale Caltanissetta: di quest’erba si fa la scopa. Lui enunciava con forza tre princìpi: difendere la Natura, poco o molto, conviene a tutti; difendere la Natura si può; e il momento è qui e adesso. Tenendo fermi questi concetti Franco Russo dialogava e convinceva Associazioni gelose, Giornali rivali, Accademici sofistici, Sindacati diffidenti, Imprenditori che si facevano i conti, Direttori regionali prudenti; e naturalmente Parlamentari regionali che pensavano al loro elettorato.
Pure negli anni dello slancio ambientalista in Sicilia – diciamo, dal 1977 al 1987 – i militanti delle Associazioni non sapevano mai bene dove fosse “il dottor Russo”. Poteva essere partito per una missione della FAO nel Niger o nello Yemen; oppure stare nel suo ufficio a Palermo, dove rapidamente cresceva e si attrezzava l’Ufficio Conservazione dell’Azienda Foreste; oppure ancora, semplicemente, essere salito in montagna a sciare. Lo si vedeva passare in bicicletta – una magnifica Legnano d’epoca – diretto in chissà quale Assessorato o Commissione della Regione. Le varie Italia Nostra, Lega per l’Ambiente, WWF, LIPU, dovevano vivere da sé le loro vite associative; ma certamente Franco Russo si sarebbe fatto vivo a sorpresa nei momenti in cui ci si doveva concentrare su qualche passaggio critico.
La “scuola Russo” non era sempre piacevole: Franco infatti aborriva i discorsi prolissi, le frasi fatte, l’approssimazione, le ragioni deboli e contraddittorie, il provincialismo, la demagogia. E nel lavoro di progettare i Parchi e le Riserve naturali costringeva di fatto i militanti ecologisti di nostalgie sessantottine a capire ed ammettere che una legge o un decreto si debbono scrivere bene, e poi vanno seguìti negli Uffici, in Aula, nelle Commissioni.
Non sempre noi ne siamo stati capaci: infatti a causa di norme scritte male o malintese, p.esempio, nel Parco delle Madonie ci sono cave abbandonate mai recuperate all’ambiente naturale ; nel Centro Visite della Riserva di Vendìcari non esistono gabinetti; e sul Monte Pellegrino non ci sono ancora cisterne con riserve d’acqua. È successo questo ed altro; e non ci sembra una banalità.
Franco Russo sapeva di avere un carattere un po’ spigoloso, ma sempre molto signorile nel manifestare il suo dissenso, che era tradito anche dalla sua grafia letteralmente illeggibile. Ma si scusava sempre generosamente e si faceva perdonare, tanto che nelle escursioni si faceva a gara ad offrirgli l’acqua e i panini, che lui dimenticava sempre a casa. Al resto delle relazioni umane e del ménage provvedeva Maria Pia Pelleriti, la moglie intelligente, leggermente ironica e con idee sue proprie, che agli occhi di tutti era la sua compagna naturale. La compagna che con suo immenso dolore e smarrimento Franco non trovò più quando riuscì a guarire dal Covid.
Tanti sono i ricordi personali (le gite in montagna, a piedi o sulla neve con gli sci da fondo, le belle chiacchierate in macchina, la sua sublime imitazione dello slang americano…) , e ancora di più, e preziosi, i ricordi delle nostre battaglie per l’ambiente. Difficile elencarle tutte, in tanti anni di collaborazione e condivisione. Al WWF eravamo una truppa volenterosa e combattiva, costruttiva, fiduciosa del fatto che se avessimo portato avanti le nostre battaglie con determinazione e spirito “unitario”, al di là delle singole opinioni politiche, qualcuna la avremmo pur vinta.
Qualche scorcio di queste battaglie.
La “scoperta” dello Zingaro e la marcia dei 5000
Una prima gita nei primissimi anni ‘70, guidata da Pietro Cipolla, con gitanti “cani sciolti”, fece scoprire la meraviglia che era custodita oltre la galleria dove finiva l’asfalto della strada che era stata appena tracciata lungo la costa da Scopello in direzione di San Vito lo Capo. Alcuni di questi “cani sciolti” si ritrovarono poi come militanti nel WWF. Quando nel 1974 si profilò il rischio che la strada sarebbe arrivata fino a San Vito, il WWF effettuò, il 21 aprile, la sua prima gita ufficiale: una lunga camminata dal Villaggio di cala Impiso a Scopello. Fu un successo: 150 partecipanti.
Fu così che già da allora un grande numero di persone subì l’incanto del panorama, della vegetazione a palme nane, della grandiosità della Grotta dell’Uzzo, delle poche piccole e dignitose casette rurali circondate da vetusti alberi da frutta, delle calette incontaminate. E decidemmo che dovevamo salvare tutto questo dalla speculazione edilizia che sarebbe seguita alla realizzazione della strada. Il progetto della strada non ebbe seguito immediato. Qualche tempo dopo era stata allungata la strada che da San Vito portava a Cala Impiso fin quasi a raggiungere Tonnarella dell’Uzzo.
Nel 1980 la minaccia della costruzione della strada si fece molto concreta, e già si affacciava la prospettiva della possibilità di promuovere una legge per l’istituzione in Sicilia di Parchi e Riserve, il WWF con un impegno corale del direttivo, dei soci, dei volontari del Servizio Civile organizzò la marcia dei 5000. E Franco magicamente riuscì a coinvolgere in questa marcia suoi colleghi della Forestale, desueti dal manifestare.
Vendicari, una zona umida salvata dalla speculazione
Uguale impegno corale ci fu per sgominare il piano di lottizzazione promosso da Pippo Baudo per lottizzare la zona costiera di Vendicari. Molte riunioni per redigere documentazioni e relazioni e cartografie sull’enorme valore naturalistico di quest’area furono prodotte in incontri nell’ufficio di Franco in via Libertà, che diede un contributo fondamentale non solo tecnico scientifico, ma anche di strategia organizzativa.
La più grande vittoria: la legge 98/81
La marcia dello Zingaro aprì la strada all’iter della legge 98/81 istitutiva dei Parchi e delle Riserve in Sicilia. E qui l’impegno assunse dimensioni quasi “epiche”. Si trattava di formulare con chiarezza i concetti a cui attenersi per la salvaguardia degli ambienti naturali, di individuare le specifiche aree da salvaguardare, di definirne la perimetrazione, di far digerire queste proposte a forze piuttosto lontane dall’ambientalismo o addirittura ostili. Passammo pomeriggi interi con Franco, per mesi e mesi, per allestire documentazioni in grado di scalfire la sordità di molte aree politiche, per fare accettare l’idea che la protezione e la salvaguardia degli ambienti naturali di cui la Sicilia era ancora ricca avrebbero potuto riscattare l’isola dai molti scempi ambientali già perpetrati. La vicinanza di Franco agli ambienti della sinistra parlamentare aiutò molto questa causa, che fu vinta.
Poi vennero Siculiana, la foce del Belice e tanto altro…
Noi ambientalisti “della prima ora” che aderimmo al WWF già al finire degli anni ‘60 ricordiamo con riconoscenza l’impegno di Franco, i preziosi consigli tattici e strategici, poiché conosceva bene i meccanismi del potere politico siciliano, le sue capacità di “mediazione diplomatica”, nel senso nobile del termine, nel coinvolgere e “portare della nostra parte” forze che guardavano alla Natura siciliana solo come ad una risorsa depredare.