Il terzo incontro degli Stati parte del Trattato per la proibizione delle armi nucleari (TPAN) si svolge nella settimana dal 3 al 7 marzo 2025 presso la sede delle Nazioni Unite a New York, con il Kazakistan in qualità di presidente. Questi inizia il suo intervento ricordando la breve ma tragica e catastrofica età del nucleare che stiamo vivendo dal 1945, sottolineando come i rischi di un’apocalisse atomica siano sempre più realistici date le continue tensioni geopolitiche in corso: la misura ce la fornisce lo stesso orologio della fine del mondo, meglio noto come Doomsday Clock, che non è mai stato così vicino alla mezzanotte, per la precisione a 89 secondi.
L’abolizione di tali armi deve diventare un imperativo per tutta l’umanità: i circa 450 test atomici subiti dal suo Paese quando era parte dell’Unione Sovietica, dovranno essere ricordati dalle future generazioni come una catastrofe immensa con conseguenze a lungo termine.
Per questo il presidente desidera ringraziare vivamente tutti i delegati che si sono impegnati alla realizzazione dei vari articoli del trattato: il Kazakistan si impegnerà con tutte le sue energie nell’implementazione del processo di universalizzazione in Asia e nel mondo affinché diventi tangibile ed irreversibile.
Segue un messaggio di António Guterres: il segretario generale dell’ONU supporta in toto i lavori relativi al trattato in quanto la situazione mondiale rischia di portare l’umanità verso una drammatica apocalisse; al momento diventa difficile prevedere cosa possa accadere nel breve futuro, per cui occorre dare tutto l’impulso possibile ai lavori in corso e implementare il trattato secondo quanto stabilito nell’agenda definita a Vienna nel 2022.
Il messaggio si conclude con le congratulazioni a Nihon Hidankyo per il Premio Nobel per la Pace ricevuto nel 2024, in quanto restituisce dignità agli Hibakusha, i sopravvissuti alle bombe nucleari lanciate dagli Stati Uniti a Hiroshima e Nagasaki e con le felicitazioni ai nuovi Paesi che hanno dichiarato la volontà di firmare e/o ratificare il trattato.
Seguono le dichiarazioni generali della Croce Rossa Internazionale (CRI) e di Melissa Parke (ICAN): Melissa sottolinea che la storia recente del Sudafrica ci dimostra come uscire dall’età nucleare sia possibile ed irreversibile!
Se si continua a perseverare nella politica della deterrenza, il verificarsi di un possibile incidente nucleare rappresenta la spada di Damocle sopra la testa dell’intera umanità! “Le armi nucleari devono essere eliminate, prima che esse eliminino noi”, affermava John F. Kennedy.
La parola viene data ad Hidankio, che ci illustra come abbia raccolto nel tempo le varie esperienze di tutti gli Hibakusha sopravvissuti alle detonazioni atomiche giapponesi. Occorre evitare che l’umanità usi di nuovo una bomba nucleare: gli Hibakusha chiedono di ridurre a zero il numero di tali armi.
Segue un intervento del Messico: il delegato sottolinea come le spese economiche per lo sviluppo di tali armi stiano aumentando notevolmente, distogliendo e distraendo risorse che potrebbero essere dirottate per far fronte ai bisogni del genere umano. Il Messico per questo assegna l’1% delle spese militari alla lotta dei cambiamenti climatici.
La mattinata si chiude con l’intervento del segretario generale per la proibizione delle armi nucleari, sollecitando i delegati ad inserire e/o integrare all’interno dell’articolo 12 del trattato (universalizzazione) quello del Tlatelolco.
Dopo una lunga pausa pranzo i lavori riprendono dando la parola alla moderatrice incaricata.
Ai panel siedono alcuni esperti di diritto internazionale per capire come poter inserire le armi atomiche all’interno della cornice di tale diritto: senza il riconoscimento delle vittime delle esplosioni nucleari o dei test atomici e i relativi risarcimenti, sarebbe problematico implementare il trattato.
Premetto che la discussione si è spesso addentrata all’interno di tecnicismi legali comprensibili solo agli addetti ai lavori, per cui riporto solo le assunzioni conseguenti a tali ragionamenti.
Il consulente legale incaricato ci illustra che l’impatto dell’impiego degli ordigni atomici sugli esseri umani è stato valutato coinvolgendo le associazioni giapponesi e la Croce Rossa internazionale: la conclusione ci sembra scontata, ossia la contaminazione dovuta al fall-out, rendendo invivibile l’ambiente per il genere umano, non può che essere contro il diritto internazionale e gli stessi diritti umani.
L’intervento successivo enfatizza il trattato del Tlatelolco come un esempio virtuoso e funzionante per rendere liberi dalle armi atomiche grandi aree o interi continenti.
Il terzo intervento ha evidenziato una serie di tecnicismi legali da sciogliere per implementare il TPAN, mentre il quarto ha cercato di semplificare i tecnicismi con esempi. La firma e/o la ratifica del TPAN vincola il Paese a seguire le regole previste dal trattato; al momento le potenze nucleari trovano difficoltà nel capire nello specifico come arrivare alla sua implementazione senza avere le dovute garanzie, pur riconoscendo l’esigenza di uscire dall’era nucleare.
Per questo si deve lavorare di più sull’attuale trattato per definire dei criteri che le convincano a sedersi al tavolo delle conferenze ONU. Una possibile via sarebbe quello del NFU (Not First Use), anche se non tutti sono d’accordo.
Queste conclusioni scaldano la platea dei delegati: la moderatrice evidenzia che occorre rimuovere qualsiasi rischio di un ritorno a una nuova guerra fredda usando la deterrenza come arma di minaccia.
L’ambasciatore dell’Austria Alexander Kmentt ricorda che nel trattato è molto chiaro il rifiuto delle armi atomiche sia in modo implicito che esplicito, così come la questione della deterrenza. Come interpretare dunque la deterrenza e come gestire i conseguenti rischi che avrebbero un impatto anche sui popoli non coinvolti in un conflitto atomico?
Il Messico propone di rifarsi allo statuto di Roma per far diventare l’uso dell’arma nucleare un crimine di guerra e si chiede se nell’utilizzo forzato della difesa preventiva da parte in primis di USA ed Israele (art. 51 dell’ONU) si possa arrivare all’impiego di un’arma atomica. Anche la delegata dell’Irlanda solleva alcune perplessità sulle motivazioni finora fornite. Le risposte sono sembrate poco esaustive, se non evasive.
In chiusura permettetemi qualche considerazione, basata sulla sensazione provata durante l’incontro: pur non dubitando della buona fede degli esperti di diritto internazionale, questi mi sono sembrati dei “portavoce” dei Paesi nucleari, pronti a giustificare la loro assenza a causa di carenze negli articoli del trattato che non gli permetterebbero di smantellare in sicurezza e con le dovute garanzie i loro arsenali.
Del tipo, vorrei ma non posso: questo ci deve condurre a un’altra riflessione. Fino a ieri secondo tali Paesi eravamo invisibili, anzi, non esistevamo; oggi siamo una realtà con la quale dovranno necessariamente fare i conti.
Ecco, eppur si muove, come bisbigliò Galileo Galilei.
Per completezza trovate a questo tutte le attività programmate.
https://www.icanw.org/nuclearbanweek_2025