Giudicata da diversi osservatori una delle crisi politico-istituzionali più gravi della storia recente della Bosnia-Erzegovina, la situazione di tensione in corso ha registrato una vera e propria escalation quando, con un atto senza precedenti, lo scorso 26 febbraio, la Corte statale ha condannato il presidente della Republika Srpska (RS), la Repubblica Serba di Bosnia, Milorad Dodik, a un anno di prigione con interdizione dalla prosecuzione del mandato di presidente della RS per sei anni, per aver sfidato le decisioni dell’Alto rappresentante della comunità internazionale per la Bosnia-Erzegovina, il tedesco Christian Schmidt. Si tratta di una sentenza di primo grado, passibile quindi di ricorso e non definitiva, con sentenza di secondo grado prevista per la fine dell’anno.
Una sentenza il cui carattere politico e il cui impatto politico-istituzionale sono evidenti. Dodik ha subito dichiarato l’intenzione di non tenere conto della sentenza e l’Assemblea Nazionale (il Parlamento) della RS ha approvato una serie di norme volte a interdire l’attività della Corte statale e dell’Ufficio del procuratore della Bosnia-Erzegovina, nonché dell’Agenzia statale di intelligence, sul territorio della RS. Lo stesso 26 febbraio, l’Assemblea Nazionale della RS ha adottato una dichiarazione respingendo la decisione della Corte in quanto “emessa sulla base di una decisione imposta da un cittadino straniero, contraria alla Costituzione della Bosnia-Erzegovina e, in quanto tale, in violazione dell’ordine costituzionale della Bosnia-Erzegovina”.
Una delle premesse, o delle svolte, della crisi risale al 1° luglio 2023, quando lo stesso Christian Schmidt ha introdotto modifiche al codice penale della Bosnia-Erzegovina, estendendo l’esercizio dell’azione penale contro autorità o funzionari che non “applicano, attuano, o fanno rispettare una decisione dell’Alto rappresentante”. Nel giro di un mese, nell’agosto 2023, l’ufficio del procuratore della Bosnia-Erzegovina ha presentato una serie di accuse contro Dodik per la promulgazione, nella RS, di due leggi già annullate dall’Alto rappresentante: la prima, volta a bloccare l’applicazione delle sentenze della Corte costituzionale a livello statale nell’entità serbo-bosniaca; la seconda, volta a introdurre modifiche alla legislazione sulla pubblicazione degli atti nella Gazzetta ufficiale della RS. Il confronto tra le due posizioni, della RS e dell’Alto rappresentante, e, sullo sfondo, della RS, della Serbia e della Russia, da una parte, e delle potenze occidentali, dall’altra, non potrebbe essere più serrato: l’Alto rappresentante considera tali leggi un affronto alla Costituzione della Bosnia-Erzegovina; per la RS viceversa l’Alto rappresentante agisce al di là del proprio mandato e viola la medesima Costituzione.
Si tratta di un conflitto costituzionale e politico-istituzionale, sullo sfondo di una partita geopolitica di più ampia portata, nel tempo della crisi dei rapporti tra Paesi occidentali e Federazione russa e del ritorno, con il conflitto armato in Ucraina, della guerra sul suolo dell’Europa. Ma cosa dice la Costituzione? Intanto, in base all’Accordo di Dayton (Allegato 10: Accordo di Implementazione civile), per sostenere l’implementazione degli aspetti civili dell’accordo di pace (“un’ampia gamma di attività, tra cui la prosecuzione degli sforzi di aiuto umanitario per tutto il tempo necessario; la riabilitazione infrastrutturale e la ricostruzione economica; la formazione di istituzioni politiche e costituzionali; il rispetto dei diritti umani e il ritorno degli sfollati e dei rifugiati; lo svolgimento di elezioni libere ed eque”) è prevista l’istituzione della figura di un Alto rappresentante “da nominare in conformità alle pertinenti risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, per facilitare gli sforzi delle Parti e per mobilitare e, ove opportuno, coordinare le attività delle organizzazioni e agenzie coinvolte negli aspetti civili dell’accordo di pace” (art. 1). I suoi compiti fondamentali sono: monitorare l’attuazione dell’accordo di pace; mantenere stretti contatti con le Parti per promuovere la loro piena conformità a tutti gli aspetti civili dell’accordo di pace e un elevato livello di cooperazione; facilitare, come ritiene necessario, la risoluzione di eventuali difficoltà in relazione all’attuazione civile (art. 2). Dunque, come si vede, compiti di supervisione, di monitoraggio e di facilitazione molto più che di intervento diretto.
La Costituzione di Bosnia-Erzegovina (Allegato 4 dell’Accordo di Dayton) è chiara in ordine alle prerogative statali e delle singole entità (la Federazione di Bosnia ed Erzegovina, FBiH, e, appunto, la RS). In base all’art. 1.3, “la Bosnia-Erzegovina è composta da due Entità, la Federazione di Bosnia ed Erzegovina e la Republika Srpska”. In base all’art. 1.7, “esiste una cittadinanza della Bosnia-Erzegovina, regolata dall’Assemblea parlamentare, e una cittadinanza di ciascuna Entità, regolata da ciascuna Entità, tale per cui tutti i cittadini di ciascuna Entità sono per ciò stesso cittadini della Bosnia-Erzegovina”. In relazione poi all’art. 3.1, sono di competenza delle istituzioni statali (della Bosnia-Erzegovina) le seguenti materie: politica estera, commercio internazionale, politica doganale, politica monetaria, finanze delle istituzioni e in relazione agli obblighi internazionali della Bosnia-Erzegovina, politica e regolamentazione dell’immigrazione, dei rifugiati e dell’asilo, applicazione della legge penale internazionale ed inter-entità, comprese le relazioni con l’Interpol, istituzione e funzionamento di strutture di comunicazione comuni e internazionali, regolamentazione del trasporto inter-entità e controllo del traffico aereo. È la stessa Costituzione a precisare (art. 3.3) che “tutte le funzioni e i poteri non espressamente assegnati in questa Costituzione alle istituzioni della Bosnia-Erzegovina sono delle Entità”. Quanto alla sua integrità e alla sua revisione, non va dimenticato che questa Costituzione è parte integrante (Allegato 4) di un Trattato internazionale, e ricade quindi nella disciplina del diritto dei trattati (Vienna, 1969). Il quadro è chiaro.
Ancora una volta sui Balcani, e in particolare sulla Bosnia-Erzegovina, si sta giocando una partita geopolitica ben al di là dello specifico delle questioni, una partita che minaccia di violare in modo significativo gli accordi di pace, che, pur non senza limiti e contraddizioni, hanno in ogni caso consentito di giungere alla fine della guerra di Bosnia. Non mancano tentativi di destabilizzazione della regione, in primo luogo diretti contro la Serbia e i serbi, al di là, anche in questo caso, dei limiti e delle contraddizioni espresse dalle classi dirigenti al potere. Precipita cioè una contraddizione geopolitica sulla sicurezza e sulla pace di una regione, quella dei Balcani occidentali, cruciale per i destini e la pace della stessa Europa. Nel tempo della guerra e del riarmo, esattamente il contrario di ciò che occorrerebbe: dialogo, non-ingerenza, pace con giustizia e con diritti.
Riferimenti:
Bosnia and Herzegovina: Closed Consultations, Security Council Report, 06.03.2025:
Costituzione della Bosnia-Erzegovina:
https://www.ohr.int/dayton-peace-agreement/annex-4
Accordo di Implementazione Civile:
https://www.ohr.int/dayton-peace-agreement/annex-10