In un momento in cui il bilancio della difesa francese si avvicina ai 50 miliardi di euro, pari al 10% del bilancio nazionale, perché non destinarne 5 miliardi per la creazione di  un “Ministero dell’amicizia tra i popoli”?

L’inimicizia è per i potenti

Tutti ne sono convinti, tranne pochi illuminati come noi: dobbiamo difenderci. Da cosa e da chi? La risposta non è molto precisa, ma se ti dicono che il pericolo è dietro l’angolo, sempre più grande e sempre più vicino, devi crederci. Mentre le illusioni non sono contagiose, la paranoia sì!

Ci sono tutti i segnali per un dilemma di sicurezza. Ci armiamo per paura di un pericolo che immaginiamo, e coloro che rappresentano questo pericolo si armano per timore del fatto che noi ci stiamo armando, e quindi ci sovra-armiamo per paura… È la spirale negativa della corsa agli armamenti.

Tutto è dunque perfetto nel più ignobile dei mondi, se non fosse che i pericoli che ci vengono raccontati provengono da poteri politici e militari, che li trasmettono e amplificano.

Chi viaggia un po’ incontra questi popoli designati come pericolosi che, in realtà, non mostrano alcuna antipatia o ostilità verso di noi. Anzi, spesso solidarizzano. Non vi sembra bizzarro?

Partiamo da zero, dalla base dell’amicizia tra i popoli

Il Ministero della Difesa e la diplomazia sono in combutta con le potenze che sostengono, oppure in conflitto con le potenze che avversano e sostengono a loro volta altre potenze che le ostacolano. I rapporti tra queste potenze si basano su reti storiche segnate da intrecci, corruzione reale ma contestata, interventismo politico ed economico sotterraneo ma costante, cinici affari e così via.

L’Africa francofona ne è l’esempio più spettacolare, ma non deve nascondere la natura costante della nostra diplomazia, totalmente disinteressata ai popoli e al loro destino. La diplomazia francese è montata su speroni e cerca, dall’alto del suo letamaio narcisistico, il prossimo nemico contro cui combattere. Questo significa dimenticare i popoli del mondo, la cui maggioranza aspira solo alla pace e alla serenità.

Largo al Ministero dell’Amicizia tra i Popoli!

Per quale motivo?

Mentre le potenze erigono muri, elaborano pericoli, fantasticano su nemici in tutto il mondo e finanziano armi, il compito di questo ministero sarebbe quello di creare le condizioni giuste per l’amicizia tra i popoli.

Cosa spinge le persone a conoscersi? Cosa spinge le persone a scambiarsi idee? Cosa ci fa venire voglia di stare insieme? Cosa spinge le persone a piacersi? Come possiamo identificarci come civiltà comune nella diversità delle nostre vite? E così via. Evidenziare le risposte positive a tutte queste domande, questo sarebbe l’obiettivo e la missione.

L’obiettivo generale sarebbe quello di scambiare opinioni sui nostri stili di vita. L’idea sarebbe quella di creare piattaforme di scambio, programmi di conoscenza reciproca, eventi di incontro, amicizia e simpatia reciproca. Proporremo qui di seguito alcune idee concrete, ma siamo certi che altri saranno molto più ispirati di noi nell’inventare azioni fondamentali.

La politica, gli affari e il lavoro umanitario sarebbero invece esclusi da questo sistema.

Il primo compito di questo ministero sarebbe quello di creare le proprie reti, in tutto il mondo, con regole chiare.

  • Prima regola: chiunque sia stato coinvolto in qualche modo nelle vecchie reti non potrà partecipare in alcun modo alla creazione delle nuove.
  • Seconda regola: le reti create devono essere esclusivamente orientate alle persone e non devono avere legami con il potere.
  • Terza regola: queste reti rappresenteranno il popolo francese in cerca di amicizie internazionali e non rappresenteranno lo Stato o il governo del nostro Paese.
  • Quarta regola: la nuova rete dovrà bandire tutti i legami con i poteri forti, dell’opposizione, con i rappresentanti del governo e dei poteri economici francesi e locali.
  • Quinta regola: non sarà una rete di aiuti umanitari e dovrà anche escludere qualsiasi vicinanza con gli attori del settore.

Etica senza compromessi

Questo ministero dovrà guardarsi dai nostri vecchi riflessi civilizzatori. Non ci sarà nessuno che giudica, interviene e porta cambiamenti: solo conoscere e far conoscere. Le vecchie e nuove leghe di virtù non troveranno posto in questo progetto. Non si tratta di un progetto di globalizzazione, di standardizzazione o di sincretismo. È una missione per migliorare la conoscenza e la comprensione reciproca delle differenze. Si tratta di passare dalla paura dell’alterità all’arricchimento attraverso la diversità.

Il ministero rifiuterà qualsiasi gerarchizzazione di valori e tradizioni. La sua ambizione è che i popoli e le civiltà si conoscano e si apprezzino reciprocamente in tutta la loro diversità umana. E questo anche se non possono capirsi su tutto. È un progetto di amicizia che è possibile solo attraverso la comprensione reciproca e l’impegno per la diversità.

Ci sono delle insidie da cui guardarsi, come quella di sfruttare le opportunità create dalla rete per un tornaconto personale. Per evitare ciò, le poche persone incaricate di lavorare sul campo dovranno accettare vincoli molto rigidi che escludano qualsiasi deriva turistica.

Infine, la rete in ogni Paese deve essere rapidamente costituita essenzialmente da contatti locali, per evitare ogni sospetto o tentazione di interventismo civilizzatore.

Diversità delle risorse

Esistono tutti i mezzi tecnologici per garantire gli scambi, limitando i viaggi al minimo indispensabile. Questo limita l’accesso a certi popoli che sono ancora lontani dalle risorse tecnologiche, ma è un inizio. Se riuscissimo a coinvolgere il 60% della popolazione mondiale che ha accesso alla tecnologia, sarebbe un buon inizio.

Il coinvolgimento delle diaspore potrebbe essere molto positivo. Stiamo parlando di coloro che vogliono far conoscere il proprio Paese così com’è, non di diaspore militanti impegnate a mantenere o a combattere il proprio potere. Dovrebbero aderire a una carta etica ministeriale molto precisa. La nascita di queste antenne per ogni Paese sarebbe ovviamente essenziale nella fase iniziale.

Quali forme di azione potrebbe assumere questo ministero?

Conoscersi meglio, capirsi meglio, fare amicizia in tutto il mondo.

  • Sarebbe la creazione di una piattaforma di scambio che permetta a piccoli gruppi di persone di comunicare e conoscersi, un po’ come i corrispondenti scolastici di un tempo. Questa piattaforma sarebbe aperta e moderata, con poche regole essenziali: niente proselitismo politico o religioso, niente affari o scambi di denaro, niente flirt o sesso.
  • La piattaforma potrebbe essere strutturata su temi di interesse, consentendo alle persone di chiedere aiuto agli altri, di scambiare idee su questi temi, di ampliare i propri orizzonti e di incoraggiare maggiori contatti.
  • Perché non un motore di ricerca che permetta alle persone di porre domande direttamente sul loro Paese e sul loro stile di vita? Ovviamente questo richiederebbe tempi di risposta che vanno da qualche ora a qualche giorno, ma perché no?
  • Programmi di scambio scolastico. Potrebbero far parte del programma di studi delle scuole superiori. Costruire uno scambio di conoscenze reciproche con le scuole di tutto il mondo, con ogni classe libera di scegliere una regione e una civiltà di suo interesse su cui lavorare durante l’anno.
  • Documentari sotto forma di passaporti di viaggio. Non guide turistiche, ma brevi documentari che presentano la vita locale così com’è. Dalla nascita alla morte, dalla mattina alla sera, dal lunedì alla domenica: podcast e brevi video.
  • Documentari tematici sulla vita quotidiana delle persone in città e in campagna: niente promozione turistica, niente marketing, niente politica, niente analisi critica, niente giudizi.
  • Documentari sulle tradizioni culturali, cerimoniali, artistiche, artigianali, di abbigliamento, sociali e festive, ecc.
  • Un focus nazionale mensile su un paese e sul suo stile di vita: trasmesso da ambienti educativi, scolastici, artistici e persino mediatici…
  • Eventi festivi condivisi su un canale Internet dedicato.
  • Eventi in loco, creati con le diaspore.

Questi sono alcuni esempi, limitati solo dalla nostra immaginazione. Speriamo che un certo entusiasmo porti alla nascita di altri.

Non ignoriamo gli ostacoli e sappiamo fino a che punto le reti create dalle nostre potenze hanno creato inimicizia e diffidenza in tutto il mondo. L’amicizia tra i popoli non è la stessa cosa dell’amicizia tra le potenze. Ci vorrà del tempo perché i nostri amici nel mondo comprendano il significato di questo lavoro di amicizia e siano rassicurati. Soprattutto sul fatto che non si tratta di un’altra missione di civilizzazione. La prova definitiva sarà che questo ministero sia totalmente indipendente dagli impegni geopolitici dello Stato francese, qualunque cosa accada. Quindi nessun Paese può essere escluso, perché nessun popolo può essere escluso.

L’amicizia non consiste nel cambiare gli altri, ma nel prenderli così come sono. Potremmo farci milioni di amici in tutto il mondo, sfruttando la diversità come opportunità. Gli ostacoli all’amicizia tra i popoli risiedono nelle caricature dei popoli e dei loro stili di vita che vengono diffuse dai poteri forti. I peggiori sono senza dubbio quelli che non capiscono che chi non vive come loro può essere altrettanto felice. Voler imporre la felicità agli altri, secondo le proprie condizioni, assomiglia un po’ al discorso del pervertito che sostiene sempre di agire per il bene delle sue vittime, anche quando questo significa usare la brutalità.

Viva l’amicizia tra i popoli!

Frédérique DAMAI, autore di “Nowar, 47 jours d’espoir”, Edizioni L’Harmattan

Traduzione dal francese di Martina D’amico. Revisione di Thomas Schmid.