Situazione a Gaza

Ieri c’è stato il numero più alto di vittime in un giorno solo, dall’inizio del cessate il fuoco il 19 gennaio.
29 corpi sono stati portati negli ospedali, 15 estratti da sotto le macerie e 14 uccisi nei bombardamenti israeliani.
Uno stillicidio di vite innocenti. Il giorno prima il numero dei civili uccisi è stato 12, tra cui 3 bambini.

’esercito israeliano continua la sua opera genocidaria a Gaza.
Ieri è stata bombardata l’unità di potabilizzazione a Rafah.
Dopo aver distrutto gli 80 pozzi, l’ultimo attacco mette in pericolo la vita della popolazione che non ha più fonti di acqua.
Se non verrà consentito l’ingresso di aiuti umanitari urgenti, la popolazione rischia di morire di sete e fame.

In un comunicato, Amnesty Int. ha denunciato: “Israele ha vietato l’ingresso di tutti gli aiuti umanitari e di tutte le forniture commerciali, tra cui carburante e cibo, adesso il taglio dell’elettricità al principale impianto di desalinizzazione di Gaza costituisce una violazione del diritto internazionale umanitario e un’ulteriore prova del genocidio israeliano contro i palestinesi nella Striscia di Gaza occupata”.

Cisgiordania: pulizia etnica e deportazione

Pallottole di guerra contro i giovani delle pietre.
Ieri, la Mezzaluna rossa palestinese ha denunciato che i suoi soccorritori sono stati ostacolati dall’esercito di occupazione mentre tentavano di salvare la vita a due feriti, uno a el-Khalil e l’altro a Ramallah.
La repressione delle truppe di occupazione è simboleggiata dall’arresto di una ragazza minorenne e di un bambino di 11 anni rei di aver lanciato pietre contro i mezzi blindati che avanzavano nei loro quartieri.
Una studentessa universitaria è stata arrestata a casa sua a Nablus, per il suo ruolo nelle proteste contro l’offensiva militare israeliana in Cisgiordania.
A Singel, a nord di Ramallah, la casa di una famiglia palestinese è stata presa di mira dai coloni per impossessarne con la forza.
La madre Adila Asfour ha denunciato gli attacchi violenti dei coloni:
“Noi viviamo nella casa da prima della nascita di Israele, di padre in figlio. Loro sono arrivati dagli Stati Uniti, dall’Europa e vogliono fare i padroni sulla nostra terra. Resisteremo e non ci faremo intimidire. Noi siamo i nativi, loro i colonizzatori. Se ne andranno. Da qui non ce ne andremo”.

Gerusalemme

Torna la battaglia per salvare il quartiere Sheikh Jarrah, a Gerusalemme est occupata, dalle mire dei coloni di occuparlo e deportare le famiglie palestinesi.
Dopo una battaglia legale durata 10 anni, un giudice israeliano ha ordinato alla famiglia Diab di lasciare la loro casa, dove vivevano da sempre, per cederla ai coloni che ne avevano occupato una parte.
Il giudice ha semplicemente respinto il loro ricorso, per motivi procedurali.
Salah Diab, 53 anni, un’attivista del quartiere Sheikh Jarrah, che ha guidato le battaglie della popolazione palestinese contro la deportazione, ha dichiarato che non lascerà la casa, né lui né nessuno delle 22 persone della sua famiglia allargata che vivono lì da generazioni.

Yemen

Si aggrava l’aggressione USA contro lo Yemen.
Sono 53 le persone uccise tra i quali donne e bambini.
È stato colpito un ospedale ed una fabbrica tessile.
I bombardamenti aerei sono ripresi anche stamattina lunedì, interessando sia la capitale Sanaa, sia le zone interne nel nord est del paese.
Il portavoce del Pentagono ha minacciato gli Houthi di “un inferno”.
Il capo Abdel-Malek Houthi ha affermato che il blocco navale contro Israele nel mar Rosso continuerà fino alla fine del blocco degli aiuti umanitari a Gaza.
Dal territorio yemenita sono partiti missili e droni contro una portaerei USA, ma il Centcom ha comunicato che sono stati tutti abbattuti.

Trattative

La politica di tira e molla seguita da Netanyahu sul tavolo del negoziato è esplosa in uno scontro tra il premier e il capo dei servizi interni Shabak.
Ronen Bar ha respinto le accuse del premier e ha affermato che lascerà il suo incarico soltanto dopo aver visto tornare alle loro case tutti gli ostaggi. Un braccio di ferro inedito nella storia del paese.
La seduta del governo di mercoledì affronterà il tema caldo di questo scontro.
Dopo le pressioni della Casa Bianca il governo israeliano ha mandato in Egitto una delegazione per riprendere le trattative.
Un ripensamento tardivo perchè la delegazione di Hamas guidata da Al-Hayya ha lasciato il Cairo in seguito alla ripresa dei bombardamenti israeliani sulla popolazione di Gaza e il permanere del blocco totale sulla Striscia.
Dal primo marzo non è entrato nulla, né cibo, né carburanti, né medicine. È stata interrotta anche l’elettricità.
Hamas insiste sul rilascio di un solo soldato israeliano vivo (con doppia nazionalità USA) e i corpi di 4 ostaggi uccisi nei bombardamenti israeliani.
Tel Aviv vuole lo scambio di 11 soldati ostaggio e metà del numero dei soldati uccisi.
La divergenza in realtà non è sui numeri, ma sulla fine dell’aggressione e sul ritiro dell’esercito israeliano.
Netanyahu vuole ottenere indietro gli ostaggi e poi continuare la guerra, per salvare la propria poltrona.
Il negoziatore Al-Hayya ha risposto alla dichiarazione dell’inviato USA Witkoff sulla liberazione di Gaza da Hamas: “È una contraddizione palese. Trattate con altri per l’annientamento del mio movimento. Netanyahu non otterrà con il negoziato ciò che non è riuscito a ottenere con la guerra”.
Si torna così alla casella zero.

Siria

Aumentano le sfide contro il nuovo governo siriano.
Sul confine con il Libano si sono avuti scontri tra trafficanti e miliziani di una formazione governativa siriana.
Nell’inseguimento i siriani sono entrati in territorio libanese e sono caduti in un agguato.
Tre di loro sono stati uccisi.
In un primo momento Damasco ha accusato Hezbollah dell’accaduto, ma poi ha ritrattato.
L’esercito libanese ha restituito i corpi dei miliziani siriani uccisi e invitato a un controllo condiviso delle frontiere.
Nel sud continua l’avanzata delle truppe israeliane nella provincia di Quneitra. Il ministro della guerra di Tel Aviv ha detto, in un discorso rivolte alle sue truppe, che a sud di Damasco non ci devono essere armati siriani. Il ministero della guerra siriano non ha rilasciato nessuna dichiarazione sulle interferenze militari israeliane.

Libano

L’esercito israeliano ha preso di mira un’auto con missili lanciati da droni, uccidendo tre persone.
Secondo un comunicato dell’esercito libanese l’ennesima violazione della tregua è avvenuta a Ainata lontano dal confine.
Le tre persone uccise sono civili non armati. È il secondo attacco israeliano in un solo giorno, portando le vittime a 5 in 24 ore.

Kuwait

Nell’unica monarchia costituzionale del Golfo arabo-persico si sta assistendo ad un inasprimento della repressione contro l’opposizione.
In sei mesi sono stati privati dalla cittadinanza 42 mila persone.
L’83enne emiro Mishaal Al-Sabbah ha sciolto il parlamento lo scorso giugno e non ha ancora indetto nuove elezioni.
La deriva tirannica si esprime appieno in una sua frase: “Non permetterò alla democrazia di distruggere lo Stato”.
La famiglia reale esprime sia l’emiro sia il primo ministro, ma nelle ultime 5 elezioni anticipate a vincere la maggioranza dei seggi in parlamento sono state le opposizioni.
Un’anomalia che sta trasformando il paese in una monarchia assolutista, come tutti i paesi vicini.

Solidarietà

Arrivata la 5° adozione dall’inizio del mese. Altre proposte di gruppi di amici che si mettono insieme per adottare a distanza un bambino/a di Gaza. Altre due sono in arrivo e 4 in gestazione.