Il filosofo e saggista Umberto Galimberti, parlando in una intervista (minuto 31:20) di qualche anno fa sulla scuola e l’insegnamento, dichiarò che la scuola “deve limitare questa medicalizzazione dei bambini. Come è possibile che oggi i bambini sono tutti dislessici e discalculici. Ma chi l’ha detto? Questa è l’invasione da parte dell’industria farmaceutica o della psichiatria nella scuola”. Ne è un esempio infatti l’aumento di diagnosi psicopatologiche e psichiatriche tra i giovani e il consumo indiscriminato di prodotti farmaceutici, pur in assenza di chiare patologie. Già ora l’abuso di farmaci e psicofarmaci è un problema per molti studenti e spesso in passato sono intervenute le ASL nelle scuole per arginare il fenomeno. In questa strategia commerciale rientra il disease mongering, ovvero la mercificazione della malattia e l’incoraggiamento all’uso di farmaci non necessari.

Oggi Galimberti ritorna a criticare la progressiva medicalizzazione dei bambini da parte della scuola.

Dopo il convegno a Vicenza organizzato dalla Confartigianato locale, è nato un vivace dibattito sull’onda delle dichiarazioni di Umberto Galimberti. Secondo il filosofo, oggi nella scuola elementare ci sono troppe certificazioni di DSA (Disturbi specifici dell’apprendimento):

“Tutti discalculici, disgrafici, dislessici, asperger, autistici… ma chi l’ha detto? Ai miei tempi non c’erano queste condizioni. C’era uno più bravo e uno meno bravo, che poi si esercitava e diventava bravo (…)”.

Sarebbe stato già più che sufficiente per suscitare un polverone, ma Galimberti ha aggiunto pure che “la scuola elementare sembra diventata una clinica psichiatrica”. Secondo lui il proliferare di certificazioni serve a “patologizzare tutte le insufficienze” per facilitare il percorso scolastico, “perché ai genitori interessa questo, non la formazione. È la strada dell’ignoranza, purché siano promossi”.

Accuse pesanti, ma purtroppo sempre più veritiere in un mondo dove la competizione non è solo la cifra caratteristica della nostra economia, ma anche la cifra caratteristica del nostro vivere la società: come direbbe Pepe Mujica “L’economia di mercato sta creando società di mercato”.

La scuola deve essere certo inclusiva e offrire opportunità a tutti e a tutte, ma la medicalizzazione è la strada giusta? Evidentemente no, ma le dichiarazioni del grande filosofo e sociologo sono bastate per aizzare gli animi falsamente sensibili degli “opinionisti del web” che hanno definito il filosofo “superficiale e semplicistico” (Galimberti superficiale, non loro!). Si sono sentite offese anche le famiglie dei ragazzi affetti da Dsa, non capendo che in realtà la critica di Galimberti era proprio rivolta in tutela di questi ragazzi che hanno sì bisogno di aiuto, ma non hanno bisogno di portare un carico di etichette che a loro volta li marginalizza e li esclude. Le etichette e gli stigmi non sono soluzioni, ma costruiscono ulteriori muri.

“La invito a vivere con me tutto quello che passa un genitore di un figlio con Dsa”, ha ribattuto senza mezzi termini un utente, senza sapere che Galimberti ha seguito in prima persona la dislessia della figlia che ha superato questo disagio con l’esercizio della lettura. Ora Katja Galimberti, figlia di Umberto, oltre ad essere filosofa ed esperta in counselling filosofico, ha studiato Filosofia a Venezia e a Lovanio, approfondendo i suoi studi in Germania e Danimarca, vive e lavora a Parigi ed è una grande studiosa di Nietzsche.

Inoltre i dati parlano chiaro. Secondo i dati ISTAT nell’ultimo decennio, le certificazioni di disabilità scolastica sono aumentate del 39,9%. Nell’anno scolastico 2014-2015 le certificazioni riguardavano il 2,1% degli iscritti nelle scuole, nel 2022-2023 il 4,1%.

Molti sono i pedagogisti in linea con il pensiero di Galimberti, tra questi il grande pedagogista Daniele Novara (che insieme al pedagogista ALberto Pellai ha avviato la petizione per vietare social e smartphone fino ai 16 anni) che in un’intervista rilasciata nel 2023 a Orizzonte Scuola aveva dichiarato: “I disturbi specifici di apprendimento sono deficit neurofisiologici che al massimo arrivano a colpire l’1,5-3% dei bimbi, mentre i dati scolastici italiani sono 4-5 volte superiori alle previsioni mediche e in aumento; si può arrivare a un 10% di dislessici, ovvero 2 bambini in una classe di 20 alunni”. Secondo Novara si stanno verificando:  eccessi diagnostici legati alla tendenza crescente di scuole e famiglie a scegliere la via dell’analisi della salute neuropsichiatrica del bambino, piuttosto che andare a indagarne la gestione educativa in famiglia e supportare quest’ultima in modo adeguato”. Perciò l’etichetta apposta al bambino rischia di essere controproducente.

Anche il pedagogista Simone Migliorati, autore di Il gioco del benessere (Phanes Publishing 2024), è d’accordo ed ha dichiarato: “In una classe di 20-25 bambini c’è anche il 40% di certificazioni. Nella sezione primavera della scuola dell’infanzia ci sono già diagnosi su piccoli di 2-3 anni” – spiega al Fatto Quotidiano“Le diagnosi sono importanti e certamente servono per capire chi è quel bambino e di che cosa ha bisogno, ma poi dobbiamo vedere il bambino, e non la sua diagnosi. (…) Ora si sta velocizzando tutto troppo, ma se un bambino ha uno sviluppo psicomotorio più lento, a volte bisogna lasciargli solo il tempo. Tuttavia quando genitori e insegnanti notano delle fatiche, un ritardo, si cerca di dare un nome a queste difficoltà. Nonostante tanti studi e una crescente consapevolezza, se un bambino è fuori dai canoni si sente il bisogno di dare un nome a questa diversità ”. Ed ecco arrivare le diagnosi, qualche volta anche un po’ sollecitate, “quasi come per togliersi le responsabilità”.

Ricapitalondo, non solo Umberto Galimberti ha ragione, ma è noto agli esperti che il certificato di disabilità ha un effetto boomerang sui bambini:

  • il primo rischio è che si pretenda poco da loro e li si lasci privi di stimoli;
  • il secondo rischio è l’isolamento.

Come ha evidenziato in un’intervista a Open Raffaello Iosa, ex direttore didattico: “Ogni mattina, tutti i bambini e ragazzi entrano dallo stesso portone di scuola, ma una volta dentro, non vivono la stessa scuola. Alcuni non vanno nell’aula assieme ai compagni, e proliferano le cosiddette Aule H, luoghi separati dove l’insegnante di sostegno assume quasi il ruolo di guardiano”.

Oggi più che mai serve un approccio differente che ponga il bambino al centro e anche riflettere sull’essere bambini oggi. Afferma Migliorati: “Non si lascia loro un momento di relax, al rientro da scuola hanno altre attività da fare. Gli adulti di oggi, che sono i bambini di ieri, hanno avuto l’opportunità di giocare, sporcarsi, anche annoiarsi. Quelli di oggi no. Già alla scuola di infanzia si insegnano prescrittura e prelettura; va bene, ma non si lascia spazio al gioco, che insegna a gestire i conflitti e la diversità. Credo che i bambini stiano lanciando un forte grido di allarme a noi adulti”.

E noi abbiamo il dovere di ascoltarlo.

 

Sulla questione:

Galimberti: “Troppi bambini autistici e dislessici, colpa dei genitori: la scuola sembra una clinica psichiatrica”

https://www.orizzontescuola.it/galimberti-da-quando-e-entrata-la-psichiatria-nella-scuola-sono-diventati-tutti-disgrafici-o-dislessici-e-una-clinica-la-scuola-elementare/

 

Ulteriori informazioni sull’argomento:

No a Pfizer nei “progetti educativi” delle scuole italiane

Il bisogno di rifiutare etichette

https://comune-info.net/tempo-di-gioco-o-tempo-di-studio/

https://www.orizzontescuola.it/novara-ce-un-eccesso-di-medicalizzazione-ormai-anche-litigare-col-fratellino-e-considerato-un-disturbo-non-delegare-tutto-alla-scuola/

Alain Goussot è stato docente di pedagogia speciale presso l’Università di Bologna. Pedagogista, educatore, filosofo, storico e grande intellettuale, collaboratore di diverse riviste, attento alle problematiche dell’educazione e del suo rapporto con la dimensione etico-politica, privilegia un approccio interdisciplinare (pedagogia, sociologia, antropologia, psicologia e storia). Ha pubblicato: La scuola nella vita. Il pensiero pedagogico di Ovide Decroly (Erickson); Epistemologia, tappe costitutive e metodi della pedagogia speciale (Aracneeditrice); L’approccio transculturale di Georges Devereux (Aracneeditrice); Bambini «stranieri» con bisogni speciali (Aracneeditrice); Pedagogie dell’uguaglianza (Edizioni del Rosone). Il suo ultimo libro è “La pedagogia di Lev Vygotskij. mediazione e dimensione storico-culturale in educazione” (con Riziero Zucchi), Lemonnier università.

I rischi di medicalizzazione nella scuola