Intervista a Maddalena Brunasti del Coro delle donne di Casale Monferrato e a Bruno Pesce dell’Associazione Familiari e Vittime d’Amianto e Comitato Vertenza Amianto.
Come DONNE INSIEME di Casale Monferrato vi state preparando a ricordare Romana Blasotti Pavesi e il suo impegno per il Diritto all’indennizzo. Chi era Romana e perché è così importante per Casale?
Maddalena: Trasformando i propri dolori personali in una battaglia per la comunità e continuando a battersi finché ha potuto, Romana Blasotti Pavesi è stata un ostinato e tenace difensore e, per la sua onestà e coerenza, un’autorevole rappresentante di tutti i suoi concittadini. Dal processo contro la multinazionale del cemento-amianto lei si aspettava che fosse riconosciuta la responsabilità di chi l’aveva e che i responsabili venissero obbligati a rimediare, oltre che con gli indennizzi alle vittime, anche mediante il finanziamento della ricerca scientifica indispensabile per assistere e curare i malati di asbestosi e mesotelioma. Per le donne di Casale Monferrato è stata un’amica affettuosa, premurosa e generosa ed è un modello femminile positivo, perché aveva un senso della giustizia molto forte e alle questioni di principio anteponeva i problemi delle persone.
Cosa ha a che fare con l’operaia inglese Nellie Kershaw, deceduta a 33 anni di età il 14 MARZO 1924?
Maddalena: Tra la morte di Nellie Kershaw e quella di Romana Blasotti Pavesi, mancata l’11 settembre 2024, è trascorso esattamente un secolo ed entrambe hanno affrontato molti problemi e la questione, ancora irrisolta, delle responsabilità e colpe di chi, sapendo che l’asbesto e l’amianto siano nocivi, non ha protetto le persone ignare della loro tossicità. Siccome l’asbestosi non era nell’elenco di malattie per cui l’assistenza sanitaria e le polizze assicurative delle imprese li riconoscevano, Nellie Kershaw non percepì indennizzi per i due anni da quando, ormai stremata, era inabile al lavoro. Il suo medico, che aveva riscontrato gli stessi sintomi in altri pazienti, nel suo certificato di morte specificò che era un “decesso innaturale (unnatural death)” provocato da “avvelenamento da asbesto (asbestos poisoning)”. Poi, smentendo il coroner che aveva attribuito la causa a “tubercolosi e infarto (pulmonary tuberculosis and heart failure)”, il patologo William Edward Cooke attestò che le particelle di asbesto nei polmoni (“mineral particles in the lungs originated from asbestos”) fossero “oltre ogni ragionevole dubbio, la causa principale delle fibrosi polmonari e quindi della morte (beyond reasonable doubt, the primary cause of the fibrosis of the lungs and therefore of death)”. Il caso di Nellie Kershaw fu determinante a indurre il parlamento britannico a intervenire. Due esperti furono incaricati di svolgere un’indagine e sulla base del loro rapporto nel 1931 venne promulgato l’Asbestos Industry Regulations Act. Eppure nell’Annual Report of the Lady Inspectors of Factories del 1898 Adelaide Anderson e Lucy Deane avevano osservato che nelle fabbriche dove si producevano tessuti e materiali contenenti amianto le operaie si ammalavano e la fibrosi polmonare diffusa tra gli operai che lavoravano a contatto con l’asbesto era stata dettagliatamente descritta da Montague Murray nel 1906.
Se due medici certificarono l’avvelenamento da amianto di Nellie negli anni ’20 del 900 vuol dire che la strage causata della sua lavorazione e dall’ampio impiego si sarebbe potuta fermare molto prima di quello che è avvenuto?
Bruno: Certamente, ma non è accaduto. In Italia l’asbestosi fu riconosciuta una malattia professionale nel 1943 (Legge n° 455 / 12 aprile 1943) e a Casale Monferrato la produzione di cemento-amianto, che venne avviata nel 1907, è incessantemente proseguita senza impedimenti fino al 1986, quando lo stabilimento Eternit venne chiuso dai titolari per eludere le proprie responsabilità mentre, dopo l’entrata in vigore dello Statuto dei Lavoratori (Legge n° 300 / 20 maggio 1970), gli operai rivendicavano il diritto alla tutela della loro salute. La polvere che, fuoriuscendo dagli impianti, cospargeva le strade e i cortili ha intossicato gli abitanti di Casale Monferrato e dintorni mietendo numerose vittime anche a distanza di tanto tempo, da quando l’Eternit non c’è più. Inoltre la città e 47 comuni limitrofi compongono un SIN (Sito di Interesse Nazionale) in cui la bonifica dall’amianto è a buon punto ma richiede ancora molti interventi che coinvolgono tanti attori pubblici e privati. Per tutte queste ragioni l’AFeVA (Associazione Familiari e Vittime Amianto) e molte associazioni locali si sono aggregate in ECOGIUSTIZIA SUBITO ! IN NOME DEL POPOLO INQUINATO, la campagna iniziata il 27 novembre scorso proprio qui, a Casale Monferrato, siccome è una città-simbolo della lotta della gente contro le ingiustizie ambientali perché da decenni la sua popolazione è impegnata nella vertenza contro l’Eternit iniziata insieme a Romana Blasotti Pavesi.
A che punto sono le battaglie legali che riguardano l’Eternit?
Bruno: Nel processo iniziato nel 1993, che si concluse in cassazione con la prescrizione del reato, gli accusati erano i dirigenti locali, non i principali responsabili del gruppo multinazionale, e la cittadinanza non era tra le parti lese. Al maxi-processo svolto dal 2009 al 2014 i soci di maggioranza dell’Eternit, tra cui il belga Louis De Cartier morto nel 2013, erano accusati di disastro ambientale doloso e in 1° e 2° grado sono stati condannati colpevoli, in appello condannati a 18 anni di reclusione, ma hanno “scampato” la pena per effetto della prescrizione del reato. La sentenza di 1° grado del processo Eternit bis, che è iniziato nel 2023 e in cui Stephan Schmidheiny è accusato dell’omicidio di 392 persone, ex-dipendenti e abitanti di Casale Monferrato e dintorni, ha condannato l’imputato a 12 anni di reclusione. Il verdetto della Corte d’Appello sarà pronunciata ad aprile e sicuramente poi ci sarà il ricorso
Quindi possiamo dire che il Diritto all’indennizzo è stato realizzato?
Bruno: No, per niente. Innanzitutto perché non è stato ancora ottemperato il pagamento delle provvisionali che spettano agli aventi diritto ai risarcimenti. Nel frattempo a tutti gli aventi titoli per pretenderli Schmidheiny ha proposto un’offerta unilaterale: agli ex-dipendenti dell’Eternit un indennizzo dell’importo stabilito in base a molti parametri, ad esempio la durata dell’impiego e la tipologia e la gravità della malattia patita, e ai residenti di Casale Monferrato, però non di altri comuni della zona, la somma di 30 MILA € a persona. Questa offerta è condizionata al consenso per la manleva che esonera Schmidheiny da ogni sua responsabilità e colpa sottoposte a giudizio nel processo in cui lui è l’imputato, perciò in molti l’abbiamo rifiutata e attendiamo l’esito della class action.