Alla fine del mese prossimo scadranno i termini per procedere al giudizio e “scatterà” la prescrizione del delitto, la morte di Giulio Testore, di cui è accusato Stephan Schmidheiny, il magnate svizzero 77enne che dal 1976 al 1986 era CEO della mega- multinazionale del cemento-amianto, l’Eternit.

Il mega-processo Eternit bis in cui è coinvolto è suddiviso in “filoni” e, all’imminenza dello scadere del tempo utile per giudicare l’unico imputato in tutti, la Cassazione di Roma il 22 marzo ha disposto il rinvio al Tribunale di Torino della causa relativa a Cavagnolo mentre il pronunciamento della sentenza della Corte d’Assise e d’Appello del Tribunale di Torino relativamente ai fatti di Casale Monferrato è atteso per il 17 aprile prossimo.

Procrastinandone la conclusione, l’esito del procedimento penale potrebbe favorire l’imputato.

Come era già accaduto alla fine del primo processo Eternit 1, la prescrizione del reato permetterà al “principe del cemento-amianto” di eludere le condanne e, così, “scampare” ai loro effetti.

Infatti, sebbene non ne annulli il significato, comunque tale dispositivo giuridico vanifica gli effetti sostanziali della sentenza di 1° grado, che ha condannato Stephan Schmidheiny responsabile di omicidio colposo e alla pena di 4 anni di reclusione, al 2° grado di giudizio dalla Corte d’Appello ridotti a 1 anno e 8 mesi con la concessione del beneficio della sospensione condizionale.

A ciò conseguirà che resterà impunita la morte di Giulio Testore, dipendente della Saca, azienda conglobata nel gruppo Eternit con sede a Cavagnolo (TO), deceduto di asbestosi nel 2008…

Come resta impunita la morte di Rita Rondano, una contadina che lavorava e viveva nei pressi dello stabilimento Eternit di Cavagnolo e stroncata dal mesotelioma nel 2012, la cui posizione era stata stralciata dal procedimento giudiziario…

e potrebbe restare impunita anche la morte di 392 persone, ex-dipendenti dell’Eternit di Casale Monferrato e abitanti nella cittadina e nei suoi dintorni 2.

Infatti, oltre al favore del tempo, il cui trascorre avvicina la prescrizione dei reati che, sebbene non lo discolpi o scagioni, comunque permette a Stephan Schmidheiny di eludere il giudizio in merito alla morte del lavoratore di Cavagnolo e la condanna eventualmente comminata per l’accusa di “continuativa e massiva immissione di fibre di amianto” nell’impianto e allo stabilimento Eternit di Casale Monferrato e della “prolungata opera di disinformazione” a cui è conseguita la “diffusione incontrollata di patologie” di cui, all’epoca a cui si riferiscono i fatti, “si conosceva la gravità” 3, la difesa del super-miliardario svizzero mira ad accreditare la sua immagine di imprenditore non responsabile delle malattie provocate dalla produzione di cemento-amianto nell’azienda di cui, dal 1976 fino al 1986, lui era il principale socio-titolare.

Unanime lo sdegno delle associazioni sindacali e delle parti civili coinvolte nel maxi-processo Eternit bis.

Ezio Bonanni, presidente dell’ONA (Osservatorio Nazionale Amianto): «Non possiamo comprendere né condividere la decisione della Corte. Il nostro impegno proseguirà in tutte le competenti sedi per la bonifica, la messa in sicurezza, la tutela medica e risarcitoria di tutte le vittime e dei loro congiunti».

Antonio Di Bella, presidente ANMIL (Associazione fra Lavoratori Mutilati e Invalidi del Lavoro): «La frammentazione del tristemente noto e ancor più tristemente trentennale processo contro i dirigenti Eternit racconta la storia di un dramma italiano a cavallo tra due secoli anche attraverso le storie di alcune delle sue vittime. La morte di Testore, che è la ragione del “filone di Cavagnolo” del processo Eternit Bis ridiscusso in Cassazione, non sembra poter trovare pace e giustizia».

Massimiliano Quirico, direttore dell’organo di stampa dell’Associazione Nazionale SICUREZZA E LAVORO : «Un altro brutto capitolo per le vittime italiane dell’Eternit. In attesa di conoscere le motivazioni ci auguriamo che la decisione della Suprema Corte non influenzi il giudizio d’appello per altre 392 vittime in corso a Torino, in cui Sicurezza e Lavoro è parte civile, che dovrebbe arrivare a sentenza il 17 aprile. Nonostante le audaci tesi della difesa di Stephan Schmidheiny crediamo che l’impianto accusatorio sia molto solido e ci auguriamo che arrivi finalmente giustizia, anche in Cassazione, dopo la dolorosa prescrizione del primo maxi processo Eternit per disastro ambientale». 

Bruno Pesce dell’AFeVA (Associazione Familiari e Vittime dell’Amianto) di Casale Monferrato, che insieme a Sicurezza e Lavoro è una parte civile in causa nel “filone” di Casale Monferrato: «Siamo amaramente sorpresi. In tutte le città dove c’erano stabilimenti di produzione del cemento-amianto Eternit i lavoratori e gli abitanti sono stati esposti all’asbesto per tanti decenni, circa 80 anni. Gli studi scientifici e la realtà ormai da molto tempo palese in ogni parte del mondo dimostrano che l’asbestosi di cui è morto Giulio Testore è sinonimo di esposizione massiccia all’amianto. In ognuno dei processi Eternit che si susseguono da oltre 30 anni le vittime sono persone occupate nelle fabbriche e abitanti nei dintorni degli impianti in tutti i periodi quando il gruppo aziendale era amministrato da differenti proprietari. In specifico, sia prima del 1973, mentre era controllato da una società belga, che dopo, cioè da quando è cominciata la gestione facente capo agli svizzeri Schmidheiny, prima Max e poi suo figlio Stephan, subentrato al padre nel 1976».

di Maddalena Brunasti

1 . Eternit, il disastro è prescritto RIVISTA DIRITTO PENALE CONTEMPORANEO, 24/02/2015 (Archivio DPC – DIRITTO PENALE CONTEMPORANEO 2010-2019 / Associazione DIRITTO PENALE E CONDIZIONE UMANA)

2 . L’APPELLO DEL PROCESSO ETERNIT BIS … / PRESSENZA – 20/03/2025

3 . LE MORTI DA AMIANTO SI POTEVANO EVITARE / PRESSENZA – 14/03/2025

 

RASSEGNA STAMPA / 22 MARZO 2025