La Russia e l’Iran hanno perso la Siria con la caduta di Assad  l’8 dicembre 2024, ma continuano a mantenere rapporti diplomatici con il nuovo regime, guidato dal presidente Ahmad al-Sharaa. Una nuova Costituzione sarà scritta nel giro di tre anni. Non sappiamo cosa accadrà, ma la speranza popolare appare come una premessa essenziale. Ci sono persone meravigliose che lavorano per non deludere queste aspettative, promuovendo i diritti umani calpestati per troppo tempo. Tra queste persone conosco Giovanna Cavallo; attivista indomabile e impegnata, esperta di Diritti Umani e di Protezione internazionale, lavora nel campo delle migrazioni da oltre vent’anni. Inoltre Giovanna coordina il Forum per Cambiare l’Ordine delle Cose e il programma Yalla Study, promossi da una rete nazionale e internazionale di cooperazione che coinvolge oltre 70 organizzazioni, il cui  obiettivo principale è quello di difendere e garantire la libertà di movimento e i diritti umani. Le ho posto alcune domande sulla situazione in Siria.

Cosa sta succedendo in Siria? Prevale la speranza o la rassegnazione?

Ognuno di noi ha salutato con grande sollievo la caduta del regime nel dicembre scorso e anche io ho celebrato la libertà di un uomo che ho conosciuto “imprigionato” nel suo destino, che poteva finalmente tornare ad essere padrone della sua vita.

La Siria è emersa così dalle ombre del conflitto celebrando prima di tutto la libertà e oggi la società civile gioca ancora un ruolo cruciale in questo. Dopo decenni di repressione e anni di guerra, i siriani portano avanti una lotta per la ricostruzione del Paese, tra speranza e incertezza. La resilienza della società civile è straordinaria: attivisti, organizzazioni comunitarie e membri della diaspora continuano a lavorare per mantenere vivo il tessuto sociale e promuovere il cambiamento. Tuttavia, come sottolinea Souhayla, nostra operatrice e scrittrice siriana: “Siamo felici di questo rovesciamento del regime, ma da domani ricominceremo a preoccuparci come è sempre stato”. Questo riflette il sentimento diffuso tra i siriani: un misto di sollievo e ansia per un futuro ancora incerto.

Il commento di Souhayla racchiude in poche parole la complessità dello stato d’animo collettivo dei siriani in questa fase di transizione. Il “rovesciamento del regime” rappresenta per molti un momento storico, il culmine di anni di lotta, sacrifici e sofferenza. Tuttavia, la fine di un regime non significa automaticamente l’inizio della stabilità, perché l’incertezza domina il futuro della Siria. Se da un lato la caduta del regime è vissuta come una vittoria, dall’altro permane il timore di nuove forme di autoritarismo, della frammentazione del Paese e delle difficoltà economiche e sociali che potrebbero protrarsi per anni. I siriani si trovano a confrontarsi con il peso della ricostruzione in un contesto di profonde divisioni politiche, di infrastrutture devastate e di una comunità internazionale che, fino ad ora, ha spesso agito con logiche opportunistiche più che con un reale impegno per la pace.

L’ansia che pervade la popolazione è alimentata da questioni concrete: chi guiderà la Siria nel futuro? Quali garanzie ci sono per i diritti civili e politici? Come verrà gestita la ricostruzione economica? E soprattutto, quanto peseranno ancora le influenze esterne nella determinazione del destino del paese?

Questa incertezza, però, non spegne la resilienza di chi ha vissuto per decenni sotto repressione e guerra. Se c’è una lezione che la società civile siriana ha imparato in questi anni, è che il cambiamento reale non avviene con la semplice caduta di un dittatore, ma attraverso un lungo processo di consolidamento di istituzioni democratiche, della libertà di espressione e di una nuova cultura politica basata sulla partecipazione dal basso.

E così oltre la preoccupazione c’è una presa di coscienza: la lotta per la libertà e la dignità non finisce con la caduta di un regime, ma continua giorno dopo giorno, con la necessità di vigilare affinché il futuro non riproduca le ingiustizie del passato.

Qual è la tua missione?

La nostra missione è dare voce alla società civile siriana, sostenendo le iniziative dal basso che lavorano per la ricostruzione sociale, economica e politica del Paese. Attraverso il programma Yalla Study del Forum per Cambiare l’Ordine delle Cose abbiamo seguito e supportato numerose realtà locali e della diaspora che si impegnano nella difesa dei diritti umani, nell’educazione e nello sviluppo delle comunità. Abbiamo raccolto testimonianze, documentato le sfide e le speranze di chi è rimasto e di chi è stato costretto a fuggire, per portare queste voci all’attenzione della comunità internazionale, per cercare di indirizzare una cooperazione dal basso pacifica e solidale.

Per cercare i dispersi le famiglie espongono le loro foto.

Quale futuro immagini per la Siria? Quali rischi ci sono?

Il futuro della Siria dipenderà dalla capacità della società civile di mantenere il proprio ruolo centrale nel processo di ricostruzione. Esperienze come i Comitati di Coordinamento Locale, l’autogoverno curdo e i movimenti di resistenza pacifica drusa dimostrano che un modello di coesistenza e partecipazione è possibile. Tuttavia i rischi sono molti: dall’instabilità politica alle ingerenze esterne, fino alla possibilità di nuove forme di autoritarismo. È fondamentale che la ricostruzione non sia imposta dall’alto, ma nasca dal basso, valorizzando le esperienze locali. La comunità internazionale, e in particolare l’Europa, deve sostenere questo processo senza ripetere gli errori del passato. La Siria ha l’opportunità di costruire un futuro basato sulla pluralità e sulla giustizia sociale: sta alla sua gente determinare il proprio destino, con il nostro supporto e la nostra solidarietà dai civili per i civili.

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