In una sua nota, Ermete Ferraro – Presidente del M.I.R. Italia – ha comunicato di aver deciso di chiudere, per evidenti motivi etici, il conto corrente bancario cointestato con la moglie, aperto decenni fa presso una filiale dell’allora Banco di Napoli, poi assorbito da Intesa Sanpaolo SpA.

Già da tempo, come credente e come nonviolento, aveva sollecitato alla direzione dell’istituto bancario spiegazioni circa il suo notevole coinvolgimento nel finanziamento di attività connesse con la produzione e commercio delle armi, ma solo da qualche mese gli era giunta una risposta nel merito.

Avevamo chiesto alla nostra banca di smentire il coinvolgimento di tale Istituto nel finanziamento del mercato degli armamenti, o quanto meno l’intenzione di modificare radicalmente tale orientamento – scrive Ferraroma nella replica della responsabile per il ‘codice etico’ di ISP si affermava che tale finanziamento sarebbe vietato solo nel caso di armi controverse o bandite da trattati internazionali (nucleari, biologiche e chimiche, bombe a grappolo e a frammentazione, armi contenenti uranio impoverito e mine terrestri anti-persona), confermando che negli altri casi si tratterebbe invece di operazioni del tutto lecite, se non addirittura doverose, alla luce degli impegni militari dell’Italia con la NATO e nella la prospettiva di una difesa nazionale ed europea.”

Nella sua nota il presidente del M.I.R. – coerentemente con le scelte personali, familiari e associative – afferma di dissentire totalmente da tali affermazioni, più burocratiche che etiche, comunicando pertanto la decisione di interrompere quanto prima ogni rapporto con la suddetta banca e dandone notizia anche alla segreteria della Campagna di pressione alle ‘banche armate.

Nel 2023, secondo i dati ufficiali resi noti dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, Intesa Sanpaolo SpA ha investito nel commercio delle armi i seguenti importi segnalati: Euro 729.205.590, da sommare a quelli accessori, pari ad altri Euro 65.244.994, classificandosi al terzo posto, dopo Unicredit e Deutsche Bank, nella poco lusinghiera classifica delle ‘banche armate’. Ecco perché mia moglie ed io abbiamo deciso di disinvestire i nostri risparmi da questo istituto bancario, come atto di obiezione finanziaria, con l’auspicio che sempre più soggetti individuali ed associativi facciano lo stesso, a partire dalle istituzioni religiose che, giustamente, condannano la guerra e le perverse logiche che ne sono alla base” – conclude Ferraro.