Abbiamo appreso da fonti giornalistiche che, finalmente, il Sottosegretario Alfredo Mantovano, delegato dal Governo, ha ammesso che Mediterranea e i suoi attivisti sono stati spiati dai servizi segreti con il software militare Paragon Graphite perché considerati “pericolo per la sicurezza nazionale”. L’attività di spionaggio è stata richiesta dal Governo Meloni e autorizzata dal Procuratore generale presso la corte d’appello di Roma, dott. Amato.

Prima considerazione: li abbiamo beccati con le mani nel sacco. Questa “legale” ma illegittima attività che colpisce attivisti e oppositori politici del Governo nei loro piani non doveva venire alla luce. E invece il diavolo fa le pentole ma non i coperchi: è stata smascherata a livello mondiale una operazione segreta, degna di un regime.

Seconda considerazione: per questo Governo un criminale del calibro del capo milizia Almasri, fatto fuggire dall’arresto e riportato a casa, in Libia, con un volo di Stato, è una “risorsa nazionale”. Un criminale che ha ucciso, stuprato, torturato persone innocenti, compresi bambini, e che può continuare ad arricchirsi con i suoi traffici (persone migranti, droga, petrolio, armi) grazie all’impunità di cui gode e alle protezioni eccellenti: proprio l’Aise, il servizio segreto estero che spia noi, cura i rapporti in Libia con questi criminali. Dunque: chi si adopera per salvare vite, per aiutare donne, uomini e bambini prigionieri nei lager o abbandonati in mezzo al mare, per questo Governo è un “pericolo per la sicurezza nazionale”, chi invece uccide persone innocenti e accumula milioni di euro attraverso affari criminali, è sotto protezione. Questa realtà dei fatti viene disvelata davanti agli occhi del mondo, e non vi è ormai più nulla di segreto.

Terza considerazione: non è finita qui. Il Sottosegretario Mantovano è la “mente” che ha ispirato e guidato le attività di spionaggio contro di noi. Tenta di coprirsi attraverso l’alibi della “legge”. Ma per autorizzare una attività del genere senza violare la Costituzione devono esserci “fondati motivi”. Cinque procure stanno indagando, e noi confidiamo sul fatto che qualcuno abbia il coraggio di andare fino in fondo e dimostrare, come risulta palese, che questo è un abuso di potere, non altro.

Quarta considerazione: siamo convinti che non ci fosse alcun bisogno di usare questo software militare per spiarci: da un lato siamo sottoposti da quando esistiamo a ogni tipo di controllo, anche attraverso l’utilizzo di intercettazioni ambientali, telefoniche, pedinamenti e quant’altro. Tutto questo è parte delle inchieste giudiziarie condotte in questi anni nei nostri confronti, alle quali non ci siamo mai sottratti, e che sempre hanno dimostrato l’assoluta estraneità al reato che ci viene sempre contestato: il famigerato “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina”. Cosa cercavano dunque i servizi segreti, e in particolare l’Aise, attraverso lo spionaggio? Forse nomi e cognomi di rifugiati potenziali testimoni presso la Corte Penale Internazionale, dei crimini commessi dai capi milizie in Libia, con i quali il Governo collabora? Le informazioni carpite dai nostri telefoni a chi dovevano arrivare? Ai vari Almasri, Trebelsi, Al Kikli? La differenza tra le intercettazioni disposte da qualche procura e queste, definite preventive e inutilizzabili nei processi, è che si tratta di materiali utili solo a costruire dossier, schedature, etc e dunque anche “scambiabili” con i propri partner criminali in cambio magari di qualcos’altro.

Dopo due mesi dunque, il “segreto di Stato” è miseramente crollato. Sappiamo che questi signori hanno molto potere nelle loro mani, sappiamo che questo è un messaggio di intimidazione per tante persone migranti e rifugiate, per noi e le nostre famiglie. Sappiamo che la mafia libica è presente nel nostro paese e può raggiungerci in ogni momento per farci del male. Ma anche loro, il Sottosegretario Mantovano per primo, devono sapere che non l’avranno vinta.

Non ci ritireremo a vita privata, continueremo a tentare di salvare le vite degli ultimi della terra, quelli che vengono considerati scarti dell’umanità, coloro che si mettono in movimento con la speranza di trovare una vita possibile e dignitosa, e invece vengono respinti dalle politiche criminali del regime dei confini. Per noi non sono scarti, ma pietre angolari da cui partire per edificare un mondo nuovo, più giusto per tutti e tutte. Un mondo dove il Mediterraneo non sia più una orrenda fossa comune ma un mare di pace e di solidarietà tra i popoli che lo abitano. Il coraggio non risiede nel non avere paura, ma nel superare la paura. Tutte e tutti insieme .