Quest’anno la festa per la fine del Ramadan è caduta nella giornata internazionale della terra dedicata alla liberazione della Palestina.
Dopo giorni di temporale, stamane a Palermo l’alba era radiosa. Come sempre la comunità musulmana cittadina si è riunita per la preghiera rituale al levar del sole davanti al mare, tra le palme della marina, con indosso gli abiti tradizionali.
E con le stesse tuniche ricamate i ragazzi, con i tatuaggi all’hennè sulle mani le donne, vestendo in aggiunta kefieh di vari colori, tutti e tutte si sono radunati più tardi davanti alla sede dell’università per stranieri nei pressi della stazione centrale, per dar vita ad un corteo colorato (circa trecento persone), insieme a studenti, attivisti nonviolenti, comunisti, anarchici, volontari di organizzazioni non governative, come Mediterranea e Moltivolti.
Il desiderio comune era di trasformare il dolore e la rabbia in speranza, il lutto in una lotta per riaffermare la gioia, difficile certo, ma necessaria per dare un senso alla continuità e alla sopravvivenza.
L’energia dei giovani dei collettivi e dei centri sociali, la vivacità allegra dei bambini, la tenerezza e la pazienza dei cani e – perché no? – anche la fiducia di noi anziani hanno dimostrato la possibilità di costruire un tessuto di speranza.



























