Arpa Puglia ha confermato l’assenza di fibre di amianto sia nelle polveri aerodisperse sia nell’aria circostante la palazzina crollata il 5 marzo 2025. Lo ha dichiarato il Comune di Bari in una nota ufficiale. L’Agenzia Regionale per la Prevenzione e la Protezione Ambientale ha inoltre certificato che il pericoloso materiale non è presente nemmeno nelle polveri depositate su un balcone di un’abitazione privata, sul piazzale e sul cornicione di una finestra della ex scuola Carlo Del Prete. L’edificio, oggi sede del Municipio II, sorge accanto all’area del crollo.
Tuttavia, prosegue la nota, un frammento di piccole dimensioni di cemento-amianto è stato rinvenuto nel cortile della ex scuola. L’amministrazione comunale ha quindi affidato a una ditta specializzata l’incarico di eseguire le operazioni di bonifica, seguendo le direttive fornite da Arpa Puglia.
Risultati divergenti tra le analisi dell’ARPA e dell’Università
Un nuovo prelievo si è reso necessario dopo una perizia condotta nei giorni scorsi dal dipartimento di Scienze della Terra e Geoambientali dell’Università di Bari. L’accertamento, richiesto dai residenti di un immobile nelle vicinanze, avrebbe rilevato la presenza di “numerose fibre di amianto, in particolare crisotilo”, oltre a “numerose fibre di vetro”. In risposta, Arpa Puglia ha precisato che “la relazione non proviene da un laboratorio inserito nell’elenco dei laboratori qualificati dal ministero della Salute”.
Il crollo è avvenuto il 5 marzo scorso. Secondo i primi accertamenti, l’edificio, già dichiarato inagibile per lesioni strutturali, era stato puntellato e sgomberato il 24 febbraio 2024 su ordinanza comunale. L’implosione sarebbe avvenuta a causa del cedimento di un pilastro centrale.
Nelle more, per garantire la tutela della salute pubblica, il sindaco Vito Leccese aveva già firmato un’ordinanza il 12 marzo. Il provvedimento imponeva il divieto di affacciarsi dalle finestre, l’obbligo di tenerle chiuse e l’uso di mascherine nelle aree esterne adiacenti all’edificio, fino a nuova comunicazione ufficiale.
Dubbi sulle conseguenze di una possibile ma non concreta esposizione all’amianto
Resta, però, un interrogativo: se il denso nuvolone di polvere sollevato dal crollo avesse disperso fibre di amianto, come potrebbe il vicinato avere la certezza di non essere esposto a rischi? Le patologie asbesto-correlate hanno tempi di latenza estremamente lunghi, variando dai trenta ai cinquanta anni.
Fonti qualificate affermano che, al di là dei risultati divergenti tra le analisi dell’ARPA e dell’Università, la procedura adottata risulta corretta. Inoltre, i responsabili della bonifica dell’area avrebbero rispettato il protocollo di legge.
La possibilità che qualcuno, entro un raggio di 500 metri dal crollo, abbia inalato qualche fibra di amianto non può essere esclusa del tutto. Tuttavia, si tratta di un’eventualità difficile da concretizzarsi. Quali misure si possono adottare? Al momento, nessuna, poiché non esiste un accertamento preventivo per l’esposizione all’amianto.
«Questa vicenda – afferma l’avv. Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto – dimostra come sia fondamentale la prevenzione primaria. Quindi di prevedere e rimuovere qualsiasi rischio e dunque l’esposizione ad amianto per tutelare la salute. È per questo che l’ONA svolge un ruolo centrale, fondamentale, ora e per il futuro».