Non si ferma il braccio di ferro tra Sarajevo e Banja Luka, capoluogo della Republika Srpska (RS) – l’entità a maggioranza serba della Bosnia-Erzegovina: dopo l’adozione delle leggi volte a impedire le attività delle istituzioni centrali all’interno dell’entità, la Procura statale ha emesso un mandato di arresto per il presidente Milorad Dodik.
La RS ha risposto adottando una “legge sulla protezione dell’ordine costituzionale della RS” e presentando la bozza per una nuova Costituzione, aggravando ulteriormente l’instabilità del paese.
Attacco all’ordine costituzionale
Le leggi adottate il 5 marzo sono state sospese fino a un giudizio di merito dalla Corte costituzionale e, successivamente, la Procura statale ha convocato a deporre Dodik, il premier della RS Radovan Višković e il presidente dell’Assemblea nazionale della RS Nenad Stevandić, con il sospetto di eversione dell’ordine costituzionale.
In seguito alla loro assenza, mercoledì 12 marzo la Procura statale ha emesso un mandato d’arresto per Dodik, Višković e Stevandić.
Dodik ha subito dichiarato che non lascerà mai la RS e ha avvertito l’Agenzia statale per la sicurezza e la protezione (SIPA) di non intervenire.
Secondo il mandato di arresto da parte della Procura statale, i tre dovrebbero essere ricercati da tutte le forze di polizia, incluse SIPA e Polizia di frontiera.
Tuttavia, il Ministro dell’interno della RS Siniša Karan ha già reso chiaro che “nessuno verrà arrestato”.
Se il mandato nazionale dovesse rivelarsi inefficace, potrebbe essere emesso un mandato di arresto internazionale tramite Interpol.
Una nuova Costituzione per l’entità?
Sfidando di nuovo le istituzioni centrali, lo stesso 12 marzo l’Assemblea nazionale della RS si è riunita per votare la possibilità di adottare una nuova Costituzione per l’entità.
Nonostante l’invito dell’Alto Rappresentante Christian Schmidt “a impedire un [ulteriore] attacco all’ordine costituzionale della Bosnia-Erzegovina”, 50 dei 71 parlamentari presenti hanno votato a favore. L’opposizione ha boicottato il voto.
Il giorno seguente, con 50 voti favorevoli e 8 contrari, l’Assemblea nazionale della RS ha deciso di prendere in considerazione la bozza della nuova Costituzione.
Il progetto sarà sottoposto a 30 giorni di dibattito pubblico, dopodiché verrà elaborata una proposta che sarà nuovamente discussa in Assemblea, in quello che sembra un altro passo verso la secessione.
Il documento, infatti, intende definire la RS come uno Stato appartenente al popolo serbo, sancirne il diritto all’autodeterminazione e prevedere l’istituzione di un proprio esercito e l’abolizione del Consiglio dei Popoli, un organo di veto sulla legislazione con rappresentazione paritaria dei i tre popoli costituenti.
A inizio sessione, la Segretaria generale del presidente, Jelena Pajić Baštinac, ha dichiarato:
“Il ritorno agli originali Accordi di Dayton è la nostra fondamentale e unica linea guida nell’adozione di una nuova costituzione.
Abbiamo accettato e firmato gli Accordi di Dayton.
Nessun cambiamento, oltre quanto concordato a Dayton, è accettabile, perché minaccia la stabilità della nostra Republika e la sicurezza dei suoi cittadini”.
Eppure, gli Accordi di Dayton riconoscono alla RS lo status di entità costitutiva della Bosnia Erzegovina, non di Stato.
Nella stessa sessione, inoltre, è stata pienamente adottata una “legge sulla protezione dell’ordine costituzionale della RS”, proposta da Dodik con procedura d’urgenza.
Il provvedimento prevede l’istituzione di una Procura speciale della RS, che avrà l’autorità di arrestare chiunque venga ritenuto una minaccia all’ordine costituzionale dell’entità.
L’azione è stata immediatamente condannata dall’Ufficio dell’Alto Rappresentante.
Le reazioni internazionali
La situazione di instabilità in cui si trova la Bosnia-Erzegovina sta attirando sempre più l’attenzione, non solo a livello locale, ma anche internazionale.
Il primo a esprimersi in seguito al mandato d’arresto nei confronti di Dodik, Višković e Stevandić è stato il presidente della Serbia, Aleksandar Vučić che, in un video su Instagram, ha dichiarato che non sosterrà mai il loro arresto.
A livello europeo, la sera del 12 marzo si è tenuta una seduta del Parlamento Europeo al termine della quale sono state discusse “le minacce secessioniste in Bosnia-Erzegovina e la recente escalation”.
Secondo l’europarlamentare olandese Tineke Strik, del gruppo dei Verdi, è necessario imporre sanzioni contro Dodik per le sue “azioni illegali”.
Il socialdemocratico sloveno Matjaž Nemec ha affermato: “Milorad Dodik sta portando avanti minacce separatiste, le sue mosse mettono seriamente a repentaglio l’integrità territoriale e la sovranità della Bosnia-Erzegovina, ma anche il suo futuro europeo”.
Le preoccupazioni arrivano anche da oltreoceano, tanto che alcuni senatori e deputati statunitensi hanno scritto una lettera congiunta al Segretario di Stato Marco Rubio, chiedendo un’azione urgente e la protezione della sovranità della Bosnia Erzegovina, sollecitando l’imposizione di ulteriori sanzioni nei confronti del presidente della RS.
Infine, il 14 marzo è arrivato a Sarajevo il primo contingente delle forze di riserva della missione militare EUFOR Althea, attivate in seguito agli eventi della settimana precedente.
La missione militare europea è sotto il comando del Maggiore Generale romeno Florin-Marian Barbu.
Dodik è passato alle minacce contro Althea, affermando che i serbi non sono disposti a tollerare un occupante e che chiederà alla Russia di porre il veto in Consiglio di Sicurezza ONU contro l’estensione della missione oltre novembre 2025.
Dal 2004 le forze di EUFOR Althea svolgono un ruolo cruciale nel garantire pace e stabilità nel paese, sulla base degli accordi di Dayton e del mandato ONU, e di conseguenza nell’intera regione.