COOPERAZIONE. SIRIA, LE ONG PRONTE PER IL RIENTRO DEI RIFUGIATI
CAPPELLETTI (AVSI): MA SENZA FONDI E USAID LA SFIDA È ENORME
(DIRE) Roma, 10 feb. –
“In Siria i bisogni umanitari restano a un livello altissimo, anche per via delle persone che stanno rientrando nel Paese e hanno tante necessità.
Ma la prospettiva è l’estate prossima, quando è atteso il maggior numero di rientri dai Paesi limitrofi: le famiglie potrebbero stare aspettando la chiusura delle scuole.
È fondamentale quindi ampliare la rete dei servizi di base in termini di abitazioni, acqua, salute, scuola e, per farlo, servono donazioni dall’estero”.
Alda Cappelletti è “senior humanitarian advisor” dell’organizzazione umanitaria Intersos, organizzazione umanitaria che dal 2019 è attiva a Idlib, Hama e nell’area rurale di Damasco.
A fine gennaio, a un mese e mezzo dalla caduta del governo del presidente Bashar Al-Assad, l’ong ha avvertito che nel Paese 16 milioni e 700mila persone dipendono dall’assistenza umanitaria.
La scorsa settimana, l’Alto commissariato per le Nazioni Unite (Unhcr) ha fatto sapere che, dei sei milioni di rifugiati residenti all’estero, circa 270mila sono rientrati nel Paese.
Un’indagine condotta su un campione di rifugiati in Giordania, Egitto, Libano e Iraq ha rivelato che oltre un quarto intende rientrare nei prossimi 12 mesi.
La previsione potrebbe essere quindi di un milione e mezzo di siriani.
D’altronde, dall’8 dicembre “la situazione della sicurezza è migliorata un po’ ovunque”, continua l’operatrice di Intersos, “ad eccezione di sparuti atti di ritorsione legati alla ribellione, o della più complessa situazione nel nord-est”, dove la Turchia, sostenuta da gruppi armati locali, attacca città e infrastrutture civili.
Ma, avverte Cappelletti, “buona parte di chi sta tornando ora attirato da una rinnovata condizione di stabilità, va a vivere nei campi profughi perché le case sono state distrutte durante la guerra”, e c’è un generale problema di “assenza di acqua, corrente elettrica, strade e servizi, come sanità e scuola”.
Nelle zone più toccate dal conflitto, tutti questi elementi “sono quasi inesistenti”.
C’è poi il problema delle mine antiuomo disseminate in campi e centri abitati: “Richiede un grande lavoro di bonifica”.
Stando ai dati del think tank statunitense Carter Center, 14 anni di guerra in Siria hanno lasciato 324mila bombe e missili inesplosi e migliaia di mine antipersona, e rimuoverle potrebbe richiedere degli anni.
Cappelletti quindi fa appello ai donatori “affinché supportino il primo sforzo delle organizzazioni umanitarie nell’assistere la popolazione”.
Tuttavia, evidenzia la responsabile, la ricostruzione del Paese non può ricadere sulle spalle delle ong.
Il tema è caro al governo ad interim guidato da Ahmad Al-Sharaa, che ne ha discusso col principe saudita Mohammed bin Salman nell’ambito del suo primo viaggio diplomatico all’estero.
L’Arabia Saudita si è impegnata a ospitare una conferenza internazionale proprio sulla ricostruzione.
Ma agli oggettivi ostacoli sul campo si aggiunge anche la sfida del congelamento dei fondi alla cooperazione allo sviluppo stabilita dall’amministrazione americana di Donald Trump.
“Lo smantellamento di Usaid”, avverte Cappelletti, “e la conseguente perdita di finanziamenti – per ora per i prossimi tre mesi – rischia di peggiorare la crisi umanitaria in Siria, dove già si era registrata una riduzione dei fondi: lo scorso anno la risposta umanitaria non era stata finanziata al 100 per cento”.
Gli Stati Uniti sono il primo contributore mondiale anche per le agenzie dell’Onu, che finanziano a cascata i progetti degli organismi partner sul terreno.
Ma Intersos, come le decine di organizzazioni sul campo, non si ferma.
Cappelletti sottolinea: “Abbiamo temporaneamente sospeso i nostri progetti, finanziati anche con fondi italiani, solo nei giorni più caldi dell’escalation armata, quella che ha portato alla deposizione del presidente Assad, ma poi sono ripresi; e ora stiamo programmando di ampliarli alle zone che prima ci erano precluse per ragioni di sicurezza, come il nord est o il nord ovest”.
C’è poi la volontà di rafforzare i servizi, soprattutto nel settore della salute e della protezione.
L’ong fornisce già una pluralità di servizi alle comunità a partire da cliniche mobili, distribuzione di farmaci e materiali medico-sanitari e corsi di formazione agli operatori nel settore della salute.
Nel 2023 sono state inoltre rimesse in funzione diciassette scuole, e distribuiti oltre 6mila kit di materiali scolastici. Dal 2019 ha raggiunto oltre 120mila persone.
Rafforzare gli interventi delle organizzazioni umanitarie significa anche confermare il ruolo della società civile.
L’avvento del nuovo governo, guidato da un movimento armato islamista “genera incertezza sul futuro tra la popolazione”, dice Cappelletti, “preoccupata di capire se ci sarà rappresentanza e protezione in questa nuova Siria per le minoranze e i movimenti civli”.
La parola d’ordine è speranza.
“Ci sono grandi aspettative sul domani”, assicura Cappelletti, che condivide un episodio: “Nei giorni scorsi sono stata a Idlib con due abitanti di Damasco che non tornavano in quella città da 15 anni, per via delle difficoltà poste dalla guerra.
E’ stato emozionante vederli finalmente parlare con persone del posto, c’era grande voglia di ritrovarsi.
La popolazione si sente tutta uguale e unita, c’è voglia di ricostruire le relazioni”.
Quelle che la guerra, sfruttando le numerose divisioni su base etnica, religiosa e politica che caratterizza la Siria, ha distrutto.