Il ciclone Trump tra le sue tante sparate non ha mancato di bacchettare gli alleati (o meglio i servi) della vecchia Europa spingendoli alla necessità di spendere di più in armamenti e indicando l’obiettivo di dedicare alla difesa il 5% del PIL. Immediata la risposta della Ursula von der Leyen che da ubbidiente soldatina ha avanzato la proposta di scorporare le spese militari dalle strettoie del patto di stabilità, rendendo in questo modo evidente (se ancora ce ne fosse bisogno) l’imbroglio del debito pubblico che a quanto pare porta gli Stati al fallimento e alla catastrofe se si spende per costruire scuole o ospedali, ma che diventa del tutto innocuo se i soldi servono per produrre o comprare armi. Evidentemente tutto dipende sotto quale colonna si scrivono i numeri del debito.

Va precisato che questa spasmodica corsa agli armamenti per quanto concerne il nostro vecchio continente, oltre che essere parte di una tendenza globale prodotta dagli attuali venti di guerra, è nello specifico di casa nostra, figlia di una narrazione falsa e fuorviante. 

È parte del senso comune l’idea che la vecchia Europa ha sempre puntato sull’ombrello difensivo della Nato e sulla forza militare statunitense per fare la “furbetta” e spendere poco in armamenti, a fronte del pericoloso e aggressivo vicino russo. Ma i numeri chiariscono in modo inequivocabile che questa narrazione è del tutto falsa.

I dati ci dicono che le spese militari dei paesi dell’Unione Europea, complessivamente considerati, hanno comportato un aumento del 30% negli ultimi tre anni raggiungendo la cifra di 279 miliardi di euro nel 2023 e di 326 miliardi nel 2024. Se a questi numeri aggiungiamo poi quelli dei paesi europei non appartenenti alla UE, ma comunque di provata fede occidentale superiamo abbondantemente i 400 miliardi (75 miliardi di dollari la spesa del solo Regno Unito nel 2023). 

Per capire il senso da dare a questi dati basterà ricordare che la Cina, ormai universalmente considerata la seconda potenza mondiale e diretta rivale del colosso Usa, ha speso per la difesa nel 2023  solamente (si fa per dire) 296 miliardi di dollari. In sostanza decisamente meno rispetto all’Europa globale. La Russia poi, attuale spauracchio che incombe sul nostro continente, nello stesso anno si è fermata alla cifra di 109 miliardi di dollari. Dati ancora più sorprendenti se si considera che l’Unione Europea conta 450 milioni di residenti  a fronte di 1 miliardo e 411 milioni di cinesi e che la Federazione russa, sebbene non densamente popolata, è comunque lo Stato di gran lunga più esteso al mondo.

Certo la difesa europea, rispetto alle altre potenze mondiali, sconta due elementi di debolezza, che tuttavia hanno caratteri oggettivi sostanzialmente non superabili, e che poco hanno a che vedere con la consistenza degli investimenti monetari. La prima questione riguarda la ormai cronica arretratezza tecnologica del vecchio continente rispetto a Usa e Cina, che ha ovvie ricadute anche sul piano dei sistemi di difesa. La seconda questione è invece legata al fatto che la forza militare europea non è coordinata, ma dispersa sotto il comando di molti Stati sovrani (27 considerando la sola Unione Europea). A quest’ultima problematica si vorrebbe ovviare attraverso un programma di difesa comune. Ma siamo certi che ogni tentativo sarà destinato al fallimento. Uno Stato è sovrano nel contesto geopolitico proprio in quanto detiene l’uso esclusivo di una forza militare, piccola o grande che essa sia. Prima di fare un esercito comune bisognerebbe fare gli Stati Uniti d’Europa. Cosa che è fuori da ogni ipotesi di realtà.

      Date anche queste sue strutturali e invalicabili difficoltà, l’Europa, piuttosto che dissanguarsi inseguendo venti di guerra e presagi di morte, farebbe meglio a ritagliarsi un proprio spazio come paladina di pace e fratellanza tra i popoli e le diversità. Ma purtroppo l’ipotesi di una Europa dei popoli che prenda il posto dell’Europa degli Stati è al momento una lontana utopia.

     In ogni caso resta nostro dovere batterci per la pace universale e contro ogni ipotesi di riarmo e di guerra.