Firenze, 2 Febbraio, proseguono gli incontri al Diwan, oggi dal titolo: 𝐐𝐮𝐚𝐥𝐞 𝐭𝐫𝐞𝐠𝐮𝐚? 𝐏𝐫𝐨𝐬𝐩𝐞𝐭𝐭𝐢𝐯𝐞 𝐝𝐢 𝐯𝐢𝐭𝐚 𝐞 𝐝𝐢 𝐥𝐚𝐯𝐨𝐫𝐨 𝐢𝐧 𝐮𝐧 𝐦𝐨𝐧𝐝𝐨 𝐢𝐧 𝐠𝐮𝐞𝐫𝐫𝐚. Intervengono Luigi De Magistris e Domenico Gallo, introdotti da Ali Rashid, che sottolinea l’importanza di queste occasioni per uscire insieme dall’impotenza e dallo smarrimento, facilitando una narrazione corretta, che mostra il popolo palestinese che esiste e vuole auto-determinarsi; come raccontare il genocidio in atto, quando l’Italia ha fornito un contributo forte alla guerra, fornendo armi ad Israele? Perseguitati dal 1948, i palestinesi non hanno nessuna colpa (la persecuzione del popolo ebraico è storia che si è consumata qui, in Europa, non hanno colpa i palestinesi).
Luigi De Magistris invita a schierarsi, i bambini palestinesi sono come i bambini del nostro sud; il popolo palestinese ha una straordinaria capacità di resistenza, preserva la propria dignità e si appella al diritto internazionale; dal punto di vista giuridico, non solo politico, nessuno può mettere in dubbio che la resistenza fu un dovere, oltre che un diritto, così vale per il popolo palestinese. È molto importante l’aspetto dell’auto-determinazione, per cui è la loro terra, devono tornarci e non dobbiamo decidere noi chi e come ricostruire. Al contempo è forte oggi la mobilitazione per la Palestina ed attraverso questa la condanna per genocidio, che coinvolge il tema della complicità, per cui ci sono comportamenti di corresponsabilità su cui indagare (concorso in genocidio da parte di plurime rappresentanze dello Stato italiano). Possiamo quindi attuare misure di interdizioni per evitare l’esportazione di armi, non fare ricerca con chi produce e invia armi. La lotta del popolo palestinese è una lotta di giustizia e di umanità, e di spiritualità; non dobbiamo essere indifferenti, non dobbiamo essere complici e conniventi; stare con il popolo palestinese senza se e senza ma.
Domenico Gallo parte dal chiedersi quali sofferenze abbiano vissuto i palestinesi in questi ultimi quindici mesi: non si possono immaginare e verbalizzare; quello in Palestina è un conflitto incomponibile, perché Israele è un attore particolare, sembra perseguire attraverso le sue classi dirigenti un progetto fondato sulla Bibbia, come per l’adempimento di una missione divina, che ha consegnato la Palestina al popolo ebraico mediante lo sterminio. Il fondamentalismo religioso è quindi stato usato dalla politica, per i suoi fini; Israele è uno stato teocratico, che impone la propria supremazia su di un altro popolo, godendo di impunità a livello di comunità internazionale. Esistono strumenti giuridici, come la Corte internazionale di Giustizia, in sede ONU, istituita per prevenire crimini genocidari, con ordini a valore immediatamente esecutivo (la convenzione sul genocidio è del 1948, Israele vi aderì nel 1950, non pensando che sarebbe stata accusata di genocidio). Eppure c’è una lobby a sostegno del popolo israeliano; c’è quindi un limite della democrazia nei nostri Paesi, se la menzogna diventa verità e la verità si trasforma in pensiero unico. Dobbia esigere che il sostegno, che significa complicità al genocidio, venga impedito, perché anche in sede ONU si sono creati strumenti di prevenzione e l’occupazione di territori abitati non è consentita dal diritto internazionale, se non in forma provvisoria. Il diritto vale, se i governi lo rispettano; l’occupazione è illegale, illegittima e non può continuare.
Segue un dibattito ricco di contenuti, contributi finalizzati al tenere insieme le diverse proposte, passare dalla condivisione di idee e conoscenze all’azione politica; il popolo fiorentino è presente sulla scena – nelle piazze così come negli incontri – ha bisogno di finalizzare il proprio sentire a sostegno del popolo palestinese, muovere le istituzioni, unire le lotte.
Emanuela Bavazzano