Giuseppe Paschetto, collaboratore di Pressenza e socio del Circolo Tavo Burat, da cinque anni e mezzo scrive tutte le settiamane sull’Eco di Biella. Si tratta della rubrica “Biella al tempo di Greta”, dove commenta, partendo da un punto di vista ambientalista, i fatti locali e le tendenze generali della società.

L’ultimo pezzo che ha scritto gli è stato respinto dal nuovo direttore Michele Porta. Motivo? Parla di un argomento proibito: la decrescita.

Ho fatto a Giuseppe qualche breve domanda. Prima di passare all’intervista, voglio esprimere, da parte della redazione di Pressenza Piemonte orientale e del circolo Tavo Burat di Biella, la più totale solidarietà. La scelta del nuovo direttore dell’ Eco è evidentemente faziosa e strumentale a una linea irrigimentata del nuovo corso del giornale locale.

Ettore: Da quanti anni curi la rubrica “Biella al tempo di Greta” sul giornale locale Eco di Biella?

Giuseppe: Ho inizato nel luglio 2019, quando l’allora direttore Roberto Azzoni mi aveva invitato a collaborare e proposto di curare una rubrica settimanale.

Ettore: Cosa è successo con l’ultimo pezzo che hai inviato per la pubblicazione?

Giuseppe: Quando ho proposto l’ultimo pezzo al nuovo direttore Michele Porta mi ha comunicato che la linea editoriale del giornale era cambiata e non intendevano più ospitare rubriche in cui fossero espresse valutazioni politiche particolari che avrebbero potuto identificarsi nella percezione dei lettori con la linea del giornale. Mi ha invitato a continuare eventualmente a esprimere il mio pensiero nella sezione delle lettere al giornale.

Ne ho preso atto.

Ettore: Hai mai ricevuto compensi per questa attività?

Giuseppe: La mia collaborazione è stata a titolo gratuito e in 5 anni e mezzo sono usciti oltre 250 numeri della rubrica.

Ettore: Quale argomento così scandaloso è l’oggetto del tuo pezzo per l’Eco?

Giuseppe: L’articolo “Avere o essere?” parla di decrescita e contrasto al consumismo e al PIL come stella polare del benessere e si può leggere su Pressenza, giornale online su cui conto di continuare a scrivere e anche sul sito del Circolo Tavo Burat.

Pubblichiamo una parte di “Avere o essere (censurato)”

Abbiamo parlato di società dei consumi, multinazionali, degrado ambientale. Ora ci riferiamo al versante opposto su cui si trovano società del benessere, persone, tutela ambientale, ovvero tre termini rispettivamente antitetici rispetto ai primi.

Può sembrare strano che benessere sia l’opposto di consumismo ma una serie di considerazioni ci porteranno a riconsiderare il nostro stile di vita, lo stile di vita dell’intero pianeta e quali siano i valori che davvero contino per stare bene.

Già Bob Kennedy nel 1968 aveva affermato: “Tutto ciò che rende la vita degna di essere vissuta non fa crescere il PIL”. Ci aveva visto giusto. Invece cosa sentiamo, rabbrividendo, da politici di destra e ahimè anche di sinistra praticamente ogni giorno? Sentiamo appelli alla crescita, preoccupazione per una crescita che è solo dello zero virgola, inviti ad arrivare almeno all’1% annuo. Uno per cento ci pare poco ma proviamo a pensare su tempi lunghi cosa significhi moltiplicato per 100, 1000 anni. Il collasso del pianeta. E’ la solita storia della predicazione di una crescita infinita in un modo finito. Un assurdo dal punto di vista fisico prima ancora che socio-politico. Eppure è una dottrina quella della crescita del PIL che è dura da scalfire, così come il fatto che non sia l’acquisto e il possesso di un numero sempre maggiore di oggetti che offre la felicità o nemmeno più semplicemente il benessere. […]

L’articolo completo lo trovate sul sito del Circolo Tavo Burat. A voi il giudizio sulla scelta del direttore della testata biellese.