Ange Jordan Tchombia arrivato dal Camerun in Italia nell’aprile dello scorso anno era ospite del centro di accoglienza di Isola Sant’Antonio. Aveva visto morire il fratello in Libia. Lui era riuscito a fuggire dalle torture, dagli abusi, dagli stenti.

Il ragazzo, che frequentava il CPIA di Tortona, dove aveva conseguito l’attestato di A2, stava partecipando ad un progetto psico-educativo. Voleva trovare un lavoro, farsi una vita qui.
Mentre passava vicino alla stazione di Tortona, di ritorno dalla consegna di alcuni curriculum lavorativi, Ange è stato aggredito da chi cercava di rubargli il monopattino. Una coltellata fatale l’ha colpito al petto.

Certo, fa scalpore. Però, furti e gesti criminali non hanno nazionalità.
Basta generalizzare, basta strumentalizzazioni e bieca propaganda di quel pattume di destre che peraltro governano anche la città di Tortona e l’Italia.

Parliamo di controllo del territorio? Allora magari parliamo di mafie e di ‘ndrangheta, che di morti ammazzati in questi anni ne han fatti parecchi, anche a Tortona: non c’è stato nessuno striscione o moto d’indignazione per questo.
Può darsi che il giorno che agiranno in stazione o sotto i portici anzichè far ritrovare cadaveri nella periferia della città o in campagna, allora magari qualche voce si leverà; ma forse a lor signori va bene così, in fondo sono italianissimi.

Ci spiace, fratello, eri riuscito a scappare dagli orrori della Libia, quella Libia salita all’onore delle cronache in questi giorni con la vicenda del generale torturatore Almasri, liberato e accompagnato a casa sua con un volo di Stato, ne avevi passate tante per la tua giovane età, cercavi di rifarti una vita dignitosa e sei finito così sul selciato di una città fredda, inospitale, egoista e senza umanità.

Ci fanno dolore e rabbia i commenti che leggiamo e sentiamo per strada, lo sciacallaggio dei vili e degli infami, il silenzio che diventa complicità.

Sai che c’è, fratello? Sarebbe ora che tutti noialtri che fascisti e razzisti non siamo, che crediamo nella fratellanza e nell’accoglienza e ci ostiniamo a restare umani, scendessimo in piazza per te, per riprenderci le strade che sono nostre, che saranno sicure non quando vedremo stazioni e città militarizzate, ma quando saremo in piazza in tanti e quando finalmente ci opporremo, non a parole ma con i fatti, a tutto questo razzismo, qualunquismo e ignoranza che avanza. Te lo dobbiamo, lo dobbiamo a te, lo dobbiamo a Younis ucciso a Voghera qualche tempo fa da un assessore leghista, lo dobbiamo ai fratelli e alle sorelle che ogni giorno muoiono in mare.

Davanti al fascismo e alla propaganda fascista, chi tace e si gira dall’altra parte è complice, diceva qualcuno … Lo pensiamo anche noi.

Tortona, 31 gennaio 2025

Presidio Permanente di Castelnuovo Scrivia